18. LEO

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Le nuvole si erano addensate in fretta. Troppo in fretta perchè fosse qualcosa di naturale. Fatto sta che Leo e Calipso, a bordo di Festus, si ritrovarono circondati da nuvoloni neri. Erano partiti da Richmond per dirigersi verso Washington, da lì non ci sarebbe voluto troppo tempo per tornare a New York e al Campo Mezzosangue, al sicuro. Ma non avevano fatto i conti con Chione.

Il drago di bronzo faticava ad orientarsi. Il figlio di Efesto aveva deciso che non era il caso di atterrare, ma che sarebbe stato meglio uscire da lì e continuare il viaggio con il cielo sereno, piuttosto che beccarsi una tempesta e fermarsi nella capitale finchè non fosse finita.

La temperatura si abbassò bruscamente, ma il semidio non ebbe problemi a riscaldare se stesso e la sua ragazza. Poi un fulmine per poco non travolse Festus. Lo schivò per un pelo, e Leo osò sperare che fosse stato un caso, anche se sapeva di essersi sbagliato. Altri fulmini arrivarono da tutte le direzioni, e per l'automa non fu possibile schiavrli tutti: venne colpito all'ala sinistra, e miracolosamente i due passeggeri non finirono fulminati. Poi iniziò a precipitare.

-Tieniti forte!- urlò alla sua ragazza, prima di schiantarsi.

L'urto fu molto violento, e i due caddero a terra. Quando Leo si rialzò, vide che il drago di bronzo era ormai fuori uso: solo l'ala era visibilmente danneggiata, ma l'automa non si muoveva. Gli occhi erano spenti.

-Festus...- disse il semidio, correndo verso il drago. Gli stavano venendo le lacrime agli occhi, e sapeva che non era a causa del vento. Se l'automa fosse andato irrimediabilmente perso...

Aprì un pannello a lato del muso: i comandi erano ghiacciati. Si ricordò di come la dea della neve avesse fatto lo stesso durante il suo primo viaggio con Jason e Piper, di come la caduta gli aveva procurato solo guai. Odiò ancora di più Chione.

Non osò sciogliere il ghiaccio, per paura che l'acqua rovinasse ancora di più il suo povero drago. Si limitò a chiudere il pannello, sconsolato, meditando vendetta contro la dea.

Si sentì toccare la spalla e si voltò all'istante.

-Tutto bene?- domandò Calipso.

-Sì- mentì lui. Sospirò. -Lo metterò a posto, fosse l'ultima cosa che faccio.

La ninfa aprì la bocca per rispondere, ma prima che potesse farlo una voce rimbombò per la strada. Solo allora Leo si accorse che si trovavano in una piazza molto grande, del tutto deserta, con al centro una fontana la cui acqua era ghiacciata a mezz'aria.  Festus si era schiantato su alcune macchine parcheggiate sulla strada che circondava la piazza.

-La prendo come una sfida, allora- disse la voce. -Perchè non credo che sopravviverai a oggi, Leo Valdez.

Il figlio di Efesto odiava quella voce. Durante il suo viaggio con Calipso, non si era fermato troppo a pensare a cosa fare o dire nel caso avesse infine incontrato la dea. Dopo lo scontro alla Casa del Lupo, in cui l'aveva quasi sciolta, dubitava anche che avesse il coraggio di affrontarlo. Proprio perchè aveva paura di lui, come Gea, l'aveva fatto finire su Ogigia. Certo, quell'esperienza si era dimostrata la cosa migliore della sua vita, ma andava al di fuori delle intenzioni iniziali.

-Chione?- domandò ad alta voce. -Dove sei? Ti nascondi ancora? Quanto te la stai facendo sotto?

-Fossi in te la pianterei, figlio di Efesto- rispose. -Se preferisci morire in fretta. Comunque, sono qui.

Si materializzò davanti ai loro occhi. Un turbine di fiocchi di neve si addensò, prendendo la forma della dea. Era proprio come il semidio la ricordava: alta, fredda... e bellissima. Non riuscì a fare a meno di pensarlo.

Stava sorridendo, mentre posava gli occhi di ghiaccio sui suoi.

-Non sai da quanto aspetto questo momento...- disse.

-Beh, continua ad aspettare- fu la risposta.

-Leo...- sussurrò Calipso accanto a lui. -Potresti ogni tanto provare a non rispondere male a chi vuole ucciderti? Potrebbe essere utile se speri di uscirne vivo...

-No. Non gliela faccio mica passare liscia dopo che ha rovinato così il nostro viaggio.- disse con disinvoltura.

-Interromperei un momento romantico se a questo punto cercassi di ucciderti?- domandò la dea.

-In effetti sì.

-Meglio.

Fece una breve, odiosa risata, poi alzò una mano. Dalle nuvole iniziò a scendere neve. Ma non era ancora troppo densa. Poi creò un pezzo di ghiaccio con un'estremità parecchio appuntita, e gliela scagliò contro, mirando al cuore. Leo la sciolse in fretta. Non si spiegava perchè Chione continuasse a cercare di ucciderlo con i suoi poteri: il fuoco vince sul ghiaccio, da sempre.

La dea cercò di ripetere lo stesso trucco, mirando però a Calipso. Il figlio di Efesto non riuscì a fermare in tempo il dardo, ma la ninfa, più agile di quanto lui avesse mai sospettato, lo schivò. In parte. Venne colpita al braccio sinistro, sul volto un'espressione di dolore.Il semidio realizzò che quello non era un posto sicuro per lei. Cioè, non lo era per nessuno, ma la dea della neve avrebbe colpito la sua ragazza solo per colpire lui, e la ninfa non sapeva combattere.

-Devi andare via da qui.- le disse.

Calipso lo guardò, furente. -Non se ne parla. Non ti lascio qui a morire, Leo.

-Raggio di Sole- rispose, cercando di essere convincente. -Se tu rimani, Chione potrebbe usarti contro di me, ok? Non posso permettere che ti faccia del male.- alzò una mano e creò un muro di fuoco, proteggendoli entrambi da un altro attacco della dea.

-E io non posso permettere che ne faccia a te.

-So difendermi- visto che la ninfa non sembrava più tranquilla, aggiunse: -vai via. Io tornerò da te. Lo giuro sullo Stige. Di nuovo.

Dopo qualche secondo di esitazione, Calipso lo baciò.

-Fai attenzione- disse, poi sparì nella via accanto.

Il figlio di Efesto tornò a concentrarsi cu Chione. La neve era più fitta adesso.

-Hai cacciato via la tua fidanzatina?- domandò la dea.

-Tu sarai la prossima.- rispose. -A essere cacciata via, non a essere la mia fidanzata.

-Per fortuna...- sospirò con sollievo l'altra. Da come lo guardava, Leo dedusse che Chione si considerava già con la vittoria in pugno. Si domandò perchè. E lo scoprì subiro dopo.

La dea addensò un enorme cumulo di neve, e lo indirizzò verso di lui. Il figlio di Efesto, per non venirne schiacciato, prese fuoco e lo sciolse un attimo prima che gli finisse addosso. Ma neve sciolta è acqua. E l'acqua spegne il fuoco.

Cadde a terra e tossì, dopo l'ondata che l'aveva investito. Fece per rialzarsi, ma vide Chione, in piedi di fronte a lui, che rideva.

-Scegli la posa che vuoi avere come statua di ghiaccio, Leo Valdez.

Il semidio si rialzò con l'intento di gettarsi addosso a lei, ma non fu abbastanza svelto. Una volta in piedi, non riuscì più a muvere un muscolo.

-Ne ho viste di migliori- commentò la dea, ammirando il suo lavoro. -Ma credo che possa andare.

Leo era del tutto cosciente. Ma non riusciva a fare o dire niente. Aveva solo molto freddo. Era così che si erano sentite tutte quelle persone di ghiaccio, al castello di Borea, per anni?

-Non ti muovere- disse la dea, ancora ridendo.

Che battuta originale.

-Tornerò tra un attimo per decidere che farmene di te. Ora però mi devo occupare degli altri...

Detto questo, scomparve. Gli altri? Il semidio si chiese se si stava riferendo solo a Calipso, magari aveva sbagliato a dirlo...

Decise che non era il momento di pensarci. Doveva uscire da lì. Cercò di avocare il fuoco, ma l'acqua gelata lo ostacolò non poco. Andiamo, si disse, sei Leo Valdez. Puoi farcela. Niente.

Farà del male a Calipso, pensò ancora.

Forse alimentata dalla rabbia, una fiammella si accese sulla punta del dito.

Eroi dell'Olimpo: Non sarà davvero finita così?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora