Quando Daniele mi chiese di incontrarci in piazza Navona, il mio primo istinto fu di rifiutare. L’eco della nostra discussione sui soldi mi ronzava ancora in testa, una cicatrice troppo recente per non bruciare ancora un po’. Eppure, nonostante tutto, accettai. Forse era la curiosità, o forse una strana consapevolezza che non riuscivo a ignorare, qualcosa che andava oltre la semplice routine.
Uscendo di casa, il freddo della notte mi avvolse, ma il pensiero di incontrarlo mi faceva sentire come se fossi entrata in una bolla, isolata da tutto il resto. La strada che percorrevo sembrava cambiata, ogni angolo di Roma che avevo visto centinaia di volte ora sembrava diverso, carico di significato. La città sembrava respirare insieme a me, e la sua luce soffusa, quella che filtrava dai lampioni, si rifletteva sulle strade, facendo sembrare tutto più lontano e quasi irreale.
Quando arrivai vicino a Piazza Navona, il suono dei passi risuonava più forte del solito. Non c’era molta gente, solo qualche turista che si aggirava per le strade, ma nessuno mi sembrava più importante di Daniele in quel momento.
L’acqua delle fontane zampillava come sempre, e il crepuscolo donava una calda luce dorata agli edifici antichi.
Mi fermai per un momento, osservando quella scena familiare, chiedendomi perché ogni cosa sembrasse diversa quando c’era di mezzo Daniele.
Mi avvicinai alla strada laterale che mi aveva indicato, e lo vidi. Daniele stava appoggiato a un muro, le mani in tasca, lo sguardo fisso a terra, come se non volesse affrontare la mia reazione. Il suo corpo rigido, la postura nervosa, tradivano qualcosa. Sentivo il peso del silenzio che ci separava prima ancora che le parole venissero pronunciate.
«Ehi» dissi, avvicinandomi con una riluttanza che non riuscii del tutto a nascondere. Non volevo sembrare troppo vulnerabile, ma allo stesso tempo non volevo apparire ancora arrabbiata. C’era una linea sottile tra l’essere forte e l’essere vera.
«Ehi» rispose lui, la voce un po’ roca, come se avesse ripensato a questo momento più di quanto volesse ammettere. «Grazie per essere venuta. So che non era scontato.»
Incrociai le braccia al petto, come per proteggermi da un freddo che in realtà non c’era. «Non sapevo se lo avrei fatto» ammisi, più a me stessa che a lui. «Ma eccomi qui.»
Daniele si mosse di un passo verso di me, come se volesse avvicinarsi, ma si fermò, consapevole della distanza che avevamo creato.
Un silenzio si posò tra noi, uno di quelli che avrebbe potuto facilmente diventare imbarazzante se non fosse stato per il modo in cui Daniele mi guardava, con quella sincerità che mi era impossibile ignorare. Finalmente, fece un passo verso di me. «Non volevo discutere con te» disse. «Non così, almeno.»
Mi morsi il labbro, abbassando lo sguardo verso le pietre antiche della piazza. «Nemmeno io. Ma-»
Lui annuì, come se capisse perfettamente, anche senza che avessi bisogno di aggiungere altro, infatti mi fermò.
«Sai, Nina, non è facile per me… aprirmi a qualcuno» ammise. «Soprattutto su certe cose. Credevo solo di fare una cosa buona aiutandoti, così come tu hai fatto con me. Non mi andava di concludere tutto in quella maniera brusca, volevo solo dirti addio con un sorriso.»Sentii una stretta al cuore, come se in quel momento ci fosse un filo invisibile che ci legava, fatto di paure e di esperienze che entrambi cercavamo di nascondere. «Anche per me» sussurrai, sorprendendomi di quanto fosse facile ammetterlo.
Sospirai, il fiato che si disperdeva nell’aria come un sussurro di speranza spezzata.
«Perché dobbiamo dirci addio?» domandai, con una voce così fragile che sembrava appartenere a qualcun altro. Le parole mi sfuggirono dalle labbra senza il mio permesso, come se avessero trovato da sole la via verso di lui.
STAI LEGGENDO
L'ultimo giorno d'inverno
De Todo"Perché scappi sempre via da me?" "Perché la mia vita è un campo minato, pronto ad esplodere al primo passo falso." Roma. Nina ha appena compiuto 25 anni, è un'infermiera e si sta preparando a sposare Marco, il suo amore del liceo. Ma la sua vita si...