Conseguenze

115 15 2
                                    

«La mia testa...» mi lamentai, portandomi una mano sulla tempia. Il vino che avevo tracannato come se fosse acqua durante tutto il giorno prima cominciava a farsi sentire. Dalla finestra alla mia sinistra iniziavano a filtrare i primi raggi di sole mattutini. Mi rigirai nel letto, senza trovare pace, finché la mia schiena non andò a sbattere contro qualcosa. Aprii gli occhi di scatto, terrorizzata. Girai il capo verso destra e lo vidi. Accanto a me, c'era Sabo. Era a torso nudo, dormiva come un angioletto e non sembrava minimamente aver sentito i miei lamenti, né aver percepito i miei movimenti sgraziati.
Un pensiero molesto mi balenò in mente e mi assalì il panico. Sollevai delicatamente le coperte e guardai in basso. Eravamo entrambi nudi. Nudi. Senza alcun vestito addosso. L'unica cosa che copriva un misero lembo della mia pelle – oltre al lenzuolo – era la mia cintura.
«Oddio...» feci, atterrita. Allora non era stato un sogno. Era successo davvero. Avevamo fatto sesso! Al pensiero, non potei fare a meno di ridere. Risi di me stessa, risi della situazione assurda in cui mi ero andata a cacciare. Risi e basta. Tutto quel ridere, però, non fu una buona idea, perché mi provocò un tremendo dolore al basso ventre. Mi lamentai di nuovo e mi toccai la pancia. All'improvviso, mi ricordai: gli avevo detto di non andarci piano con me. Un po' me ne pentivo, ma di certo non mi ero pentita di quello che era successo, neanche per un secondo. Era stata una nottata di fuoco, come non ne vivevo da molto tempo. E dovevo ammettere che ero rinata. Davvero. Mi sentivo benissimo, testa e ventre doloranti a parte. Alzai di nuovo il lenzuolo, per dare un'altra occhiata a quel belvedere. Mi dispiaceva solo che il biondo mi desse le spalle, non potevo gustarmi appieno il panorama. Gli poggiai l'indice sul collo e lo feci scorrere su tutta la sua spina dorsale, finché non arrivai ad un piccolo graffio. Non potei fare a meno di sorridere. Quella notte ci eravamo lasciati andare a una passione selvaggia e primitiva. Anche io avevo i segni della nostra "lotta". Ero sicura di avere un paio di morsi sparsi qua e là per il corpo, alcuni anche in posti piuttosto compromettenti. Ma, nonostante tutto, mi era piaciuto. Mi era piaciuto eccome. Tanto che lo avrei fatto di nuovo. E di nuovo. E di nuovo... Insomma, mi era piaciuto e basta. Le mie riflessioni piccanti – ammesso che si potessero chiamare così – però, vennero interrotte da un movimento sospetto delle lenzuola. Sabo si era rigirato nel letto, si era svegliato e ora mi stava guardando con un'espressione indecifrabile.
«Buongiorno,» mugolò sorridente.
Alzai un sopracciglio, perplessa. Come accidenti riusciva ad essere così contento di prima mattina? E perché la sua voce non era impastata dal sonno? Che fosse già sveglio da un pezzo? Senza aspettare una mia risposta, sollevò le coperte anche lui ed osservò la situazione per qualche secondo, compiaciuto. Lo lasciai fare. In fondo, aveva avuto modo di bearsi di quello spettacolo anche qualche ora prima.
«Ti ho svegliato?» gli chiesi, osservandolo pacificamente. Era innegabile che fosse bello. I suoi capelli erano ancora intrisi di sudore e alcune ciocche gli erano rimaste appiccicate alle tempie. Sembrava sereno, esattamente come dovevo sembrarlo io. I suoi occhi, però, seppure vispi e ricettivi, tradivano un po' di stanchezza. Non c'era da stupirsi, avevamo dormito sì e no per quattro ore. La notte prima eravamo entrambi stremati e mi aveva detto che potevo rimanere a dormire lì, perché per lui non era un problema. Inutile dire che non mi ero fatta problemi neanche io e avevo accettato di buon grado di coricarmi accanto a lui. Così, dopo aver finito quello che c'era da fare, avevamo spento la luce e ci eravamo addormentati.
«Allora,» iniziò, puntellandosi su un gomito. Già sapevo dove volesse andare a parare. «Ti sei divertita?»
Alzai gli occhi al cielo e scossi la testa, evitando di guardarlo per non scoppiare a ridere. Era spavaldo anche quando si trattava di sesso, dunque. Ma sapevo essere spavalda anche io, e gli avrei tenuto testa.
«La questione non è se mi sono divertita io, ma quanto ho fatto divertire te,» feci beffarda, spostando solo a fine frase lo sguardo su di lui e fissandolo con occhi da cerbiatta.
Sabo aveva un gomito poggiato sul cuscino e la testa appoggiata al suo pugno, quindi la sua figura quasi mi sovrastava e i nostri visi erano a qualche centimetro di distanza. Il Rivoluzionario ghignò compiaciuto, confermando implicitamente i miei sospetti. Il mio ex fidanzato – quello che avevo nel mio mondo di provenienza – era sicuramente uno stronzo, ma mi aveva insegnato un paio di trucchetti niente male. Trucchetti che non avevo esitato a mettere in pratica con il bel biondino, che ero sicura fosse rimasto piacevolmente impressionato. E non aveva ancora visto tutto...
«Se affrontassi la vita come hai fatto con me stanotte, saresti invincibile,» considerò, lasciandomi senza parole. Non era una novità che riuscisse a stupirmi, ma quella frase mi aveva quasi sconvolto. Perché aveva ragione. Perché io, nonostante in quegli anni fossi cambiata, avevo sempre affrontato la vita con un po' di timore. Avevo paura di sbagliare, avevo paura del giudizio degli altri, avevo paura di lasciarmi andare e di perdere il controllo. Avevo paura e basta. Per anni avevo vissuto nell'angoscia, nel dubbio. Ma la sera precedente mi ero lasciata scivolare tutto addosso. Mi ero tolta la corazza, mi ero spogliata della paura, e avevo iniziato a vivere come avrei dovuto fare da sempre. Con Sabo non ero spaventata, sentivo di non avere nulla da temere, di essere al sicuro, e mi sentivo libera di essere chi ero davvero, senza inibizioni o freni. Il biondo mi faceva lo stesso effetto che mi faceva il vino, solo che il suo era un effetto amplificato e il piacere che ne scaturiva era superiore di almeno un centinaio di volte.
«Devo ammettere che quando ci siamo incontrati per la prima volta e mi hai detto che ero in buone mani, non pensavo a questo. Eppure...» Evitai di finire la frase. Tanto aveva capito benissimo da solo. Invece, soffiai fuori con forza l'aria dai polmoni. Ancora dovevo riprendermi e realizzare pienamente. Altro che dita magiche di Law.
«Te l'avevo detto,» si vantò lui. Allungai una mano e gli diedi un piccolo schiaffo sul torace, nel vano tentativo di ridimensionare il suo immenso ego. Mi sembrava uno di quegli animali che durante la stagione dell'accoppiamento gonfiano il gozzo per risultare più appetibili alle femmine della loro specie. Con l'unica differenza che se lui avesse gonfiato il petto, molto probabilmente sarebbe esploso dalla troppa sicurezza che aveva in se stesso. Non che la disprezzassi, anzi, mi avrebbe fatto comodo averne anche solo un quarto di quella che aveva lui. Avrei vissuto meglio e se non altro sarei stata in pace con me stessa.
«Sabo,» lo richiamai dopo qualche minuto di silenzio.
«Sì?» Tornò a distendersi a pancia in su e ad osservare il soffitto.
Presi un respiro profondo. Quello che stavo per affrontare era un discorso abbastanza delicato.
«Quella sera, quando ero...» iniziai, ma mi fermai un attimo per pensare al giusto termine da usare. «In quello stato.»
Girò appena la testa, incitandomi a continuare con un'espressione rassicurante.
«Quando mi hai detto che conoscevi un metodo infallibile per alleviare le mie sofferenze... era a questo che ti riferivi?» gli chiesi, fissandolo con titubanza. Lui si limitò a sbuffare una risata, ma non mi rispose. Supponevo che non gli andasse di parlare di quello al momento. Ma se era come credevo, non si era sbagliato neanche quella volta, qualche giorno fa. Di certo, quello che mi aveva proposto la notte prima era un metodo funzionante e purificatore. Fu con questo pensiero che, colta dalla stanchezza, mi addormentai di nuovo. E come me, lo fece anche il biondo.

Lost girl - ONE PIECEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora