46. Il ritorno dei malandrini

24 2 0
                                    

Marcus Coregru scalpitava, appena oltre la soglia dell'entrata del castello, osservando gli studenti passare i controlli degli auror per tornare ad Hogwarts dopo le vacanze di Natale. Teneva sulla spalla la tracolla della borsa dove aveva portato qualche libro di testo e... il piccolo libricino disastrato di Claw.

La neve appena caduta si stava sciogliendo sotto la luce degli euforici raggi del sole di gennaio, così rari in quei giorni freddi. Le ombre delle nuvole si stavano già rincorrendo sui verdi prati della brulla campagna attorno alla scuola, il segnale inconfondibile che, da lì a poco, quella luce calda e confortante sarebbe di nuovo stata rubata loro dall'inverno.

Marcus sbuffò: era indeciso. Odiava esserlo, raramente succedeva.

Stava aspettando Lily Potter da ormai qualche ora: aveva già scorto Lucy Travis tra gli altri studenti che tornavano ad Hogwarts dopo le vacanze di Natale mentre saliva la scalinata. Lei gli aveva fatto un cenno e gli aveva detto che Lily era rimasta indietro e che aveva perso la carrozza, quindi sarebbe arrivata entro qualche ora.

Avrebbe dovuto raccontare a Lily del piccolo libro di Stevenson che Claw gli aveva consegnato in buona fede? Ricordò il modo in cui aveva distrutto il suo quaderno da disegno, nei sotterranei. Forse non avrebbe dovuto farlo, forse non avrebbe dovuto nemmeno tentare di aggiustarlo. Negli ultimi giorni era rimasto abbandonato nella piccola mensola sopra al suo letto, nel dormitorio.

Dopo il dialogo che aveva avuto con lei la sera di Natale si erano visti solo qualche volta. Spesso trovava Bianca in biblioteca, ma ormai aveva smesso di seguirla, come pur di mandare continue lettere a Lily per aggiornarla. Gli era capitato di rivolgerle la parola, qualche volta, ma non aveva mai nominato il libro che gli aveva lasciato.

Che mistero... ma che diavolo vorrà dire?

Qualche giorno dopo Natale aveva provato ad aprire il mostruoso bozzolo di magiscotch in cui la ragazza aveva rinchiuso il piccolo racconto babbano, ma non ci era riuscito. Per quanti tentativi facesse, il magiscotch non cedeva mai.

Prima si era sentito uno stupido, ma poi ci aveva riflettuto.

L'aveva osservato da ogni angolazione nella sala comune dei Corvonero a tarda ora, senza capire per quale motivo non si aprisse né con le forbici, né con il tagliacarte magico che gli aveva regalato suo padre, né con alcuni incantesimi che aveva provato.

Si era risolto ad osservare il piccolo bozzolo trasparente, dietro cui si intravvedeva il pezzo di pergamena ingiallita in cui era stato avvolto il libro. Si era interrogato così tanto su come aprirlo, che ad un certo punto aveva pensato che, una volta aperto, non ci avrebbe trovato niente. C'era davvero il libro di Stevenson, dentro tutto quel magischoch? Era mai esistito davvero o quella sera era stata solamente un illusione o un vivido sogno?

-Lady Priscilla... perché non si apre?- aveva chiesto alla statua, che ormai aveva abbandonato dal suo teatrale, malinconico distacco e lo fissava incuriosita tra uno sbadiglio e l'altro.

Spesso la scultura di pietra mostrava un lieve interesse per le faccende che riguardavano gli attivi studenti della sua casa, ma raramente ne prendeva parte o faceva qualcos'altro oltre a dare improbabili e astrusi consigli. Quella sera invece fu stranamente concisa.

-Non vedi che è avvolto da un incantesimo a tempo battente? L'autore ha imposto l'apertura del pacchetto poco prima del sorgere della luna piena. Io stessa non avrei saputo farlo meglio. Inoltre è evidente che non sia il solo incantesimo che nasconde quello strano oggettino, sembra... anche se un po' sgraziato, una delle scatole-enigma che regalavo a mia figlia Elena. Uno studente di corvonero brillante come te avrebbe già dovuto capire come venire a capo di questo rebus.- aveva sbadigliato con aria saccente.

Il ritorno dell'erede di SerpeverdeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora