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"Il sogno é il tentato appagamento di un desiderio."

-Freud-

Forse, parlarsi aveva aiutato entrambi a capire cosa fare.
Non c'erano scuse, ormai.
Perché perdevano tempo con cose come "vedersi per un appuntamento" o "provare a vedere come poteva funzionare" se già funzionava?
Quello era il problema. Nessuno dei due voleva fare un passo verso l'altro, un passo che sarebbe stato decisivo per entrambi, quello che li avrebbe aiutati a capirsi per davvero.

Quella sera, dopo aver bevuto, chuuya aveva deciso che era ora di andare a dormire. Era stata una giornata da dimenticare, da quando si era svegliato, fino a quel momento.
Si stava spaccando di lavoro, erano giorni che non faceva altro che controllare documenti e che non succedeva mai nulla di interessante. Ma in realtà, quello era quella che chiamavano "vita normale".
Abituato alle continue tensioni della Port Mafia, tutto quel poco da fare gli aveva dato alla testa. Spesso, per evitare di addormentarsi sui documenti da firmare o revisionare, lasciava che la sua immaginazione lo portasse in posti a lui sconosciuti.
Qualche volta, aveva addirittura chiesto ad Edgar se poteva usare il suo potere e bloccarlo in un libro, ma lui prontamente rispondeva dicendogli che non lo avrebbe fatto.
Era disperato, così aveva deciso che il suo amato vino sarebbe stata la via di fuga più breve e dolce, per quanto in realtà non lo fosse.
Amava il fatto che Dazai spesso lo lasciava a casa da solo, molto probabilmente per risolvere i soliti problemi tra Atsushi e Akutagawa, ma a volte desiderava che gli facesse compagnia. Aveva anche pensato che magari gli avrebbe potuto offrire il suo vino, ma poi si ricordava che a Dazai il vino non piaceva.
Così era tornato a passare le ore appollaiato sul divano, in cerca di una serie tv che non avesse già visto.

«Dazai?» disse quando sentì la serratura della porta fare clanc.
Ma, per sua sfortuna, non era Dazai.
In realtà, non sapeva chi c'era sulla soglia della porta, ma trovava inquietante il fatto che lo stesse fissando senza muovere un muscolo.
«Certo che, per essere un ladro, sei molto agile. Cosa c'è, mi hai riconosciuto e te la stai facendo sotto?»
Ma non ricevette risposta.
«Lo sai, odio quando non mi rispondono a telefono, pensa quanto mi irrito se non mi rispondono quando mi stanno di fronte»
Ma comunque, non ricevette risposta.
«Stammi a sentire, se hai intenzione di rimanere li, allora vedi di trovare la forza di girarti e andartene...non mi va di alzarmi dal divano, se permetti»
L'uomo sulla porta fece per andarsene, e chuuya, stupidamente, abbassò la guardia. L'uomo ne approfittò per prendere una pistola dotata di silenziatore, e sparò senza nemmeno guardare.
Prese in pieno la gamba di chuuya, che urlò dal dolore.
Non si ricordava quando era stata l'ultima volta che una pallottola lo aveva attraversato da parte a parte, e di conseguenza, non si ricordava nemmeno il dolore che provocava.
L'uomo se ne andò. Aveva completato il suo lavoro? Perché era venuto?
Probabilmente era uno di quei pazzi che ultimamente andavano in giro ad ammazzare la gente. Forse, non aveva ammazzato chuuya per il suo sangue freddo.

Ma in realtà, in quel momento, chuuya stava soffrendo. Si mise seduto, cercando di fermare il sangue. Sapeva che ora sarebbero servite delle cure. Il sangue zampillava fuori, il proiettile gli aveva preso in pieno l'aorta che passa nella coscia, facendo uscire una quantità sconsiderata di sangue. Se non riusciva a fermare l'emorragia, sarebbe morto. Dopo anni passati tra sparatorie, risse mortali e gente pericolosa, sarebbe morto così? Per una stupida pallottola?

Si dice che quando capisci che stai per morire, ti vengano in mente tutte le cose che ancora non hai fatto e che potevi fare se saresti rimasto in vita.
Ma a lui venne in mente solamente una cosa: Dazai.
Quando sarebbe tornato a casa, lo avrebbe trovato morto sul divano con una pozza di sangue a terra? Come avrebbe reagito? Cosa avrebbe fatto?
Erano queste le domande che Chuuya si stava facendo, era questo quello che pensava.
In punto di morte, stava pensando a dazai. Stava solamente pensando a lui, a quelle bende che non si era mai tolto, a quel sorriso stupido che lo irritava tanto.
Si, era decisamente innamorato di lui.

Nel mentre, iniziò a sentire freddo alle gambe. Non aveva più senso provare a fermare qualcosa di così naturale. La morte lo stava accogliendo tra le sue braccia, quindi perché privarsi di quella santa pace?
A quel punto capì che le sue gambe non stavano più ricevendo sangue e che lui non stava più stringendo come prima.
Aveva davvero accettato che tutto finisse?
Chiuse gli occhi, pur se non lo stava facendo lui. C'era qualcosa che gli stava succendendo. Improvvisamente, si sentiva stanco, come se volesse solamente dormire.
E quindi, per una stupida pallottola, Nakahara Chuuya sarebbe morto?
Si, a quanto pareva. I suoi occhi erano finalmente chiusi, e le braccia erano diventate anch'esse pesanti e fredde.
Stava perdendo conoscenza, lo sentiva.
Le sue dita diventarono molto più pallide. Fu l'ultima cosa che vide.
Le sue dita che stavano diventando quelle di un cadavere, di un corpo senza vita.
Nessuna traccia di dazai, nemmeno lontanamente.
Non era in un film. Non sarebbe arrivato all'ultimo a salvarlo.

«Ha perso molto sangue, ma con le mie cure abbiamo risolto il problema.» disse Yosano.
«Grazie, yosano-san. Mi dispiace averti disturbata mentre stavi ancora dormendo»
«tranquillo, di tutto per un amico» Yosano diede una pacca sulla spalla a dazai.

«Allora...sei arrivato, alla fine» disse Chuuya, riprendendo pian piano conoscenza.
Dazai si fiondò tra le braccia di chuuya. Voleva sentire il suo profumo.

Quando era arrivato a casa, il cancelletto fuori il giardinetto era stato aperto. La porta era aperta.
Qualcuno aveva sicuramente fatto irruzione. Dazai corse verso l'entrata che dava proprio sul salotto e, sul divano, c'era il corpo di chuuya e un enorme pozza di sangue.
Era come quella volta? Come quando era morto Oda?
No, era peggio.
Andò nel completo panico, non seppe che cosa fare, fino a quando non vide uno straccio sulla tavola. Lo legò alla gamba di chuuya, pregando che il sangue non uscisse più.
Aveva le mani sporche di sangue da anni, aveva ucciso, aveva torturato, eppure quella scena era, per lui, raccapricciante. Sentiva l'odore ferroso del sangue invadergli il naso, e gli provocò il vomito.
Era ripugante, e puzzava, puzzava di ferro.
A quel punto, ricevette una chiamata da parte di Ranpo.
Non ci volle molto a fargli capire che Ranpo aveva avuto un presentimento, e quello che gli disse gli fece gelare le vene.

«Dazai, se non lo porti adesso da Yosano, morirà per davvero»

Così aveva corso, corso e corso. Non gli importava se pesava, non gli importava se qualcuno lo vedeva. Doveva andare da Yosano il prima possibile, doveva dirle che non poteva finire tutto in quel momento. 
Si dice che, quando vediamo qualcuno morire, pensiamo a tutte le cose che avremmo potuto fare con quella persona, ai momenti che avremmo potuto condividere, ed era esattamente quello che pensava dazai.
Ce l'avrebbe fatta? Lo avrebbe salvato? Correre sarebbe bastato? E se Chuuya non volesse essere risvegliato? Se avesse accettato di morire così?
Ma dazai era determinato: voleva salvargli la vita.

Arrivato da Yosano, glielo chiese, quasi piangendo, e lei acconsentì senza pensarci due volte.
Nel mentre che chuuya si riprendeva, Yosano era stata in silenzio, mentre guardava dazai con le mani congiunte, quasi come se stesse pregando, anche se sapeva benissimo che non lo stava facendo. Stava pazientemente aspettando che chuuya gli desse un segnale, un segnale di vita, e quando mosse leggermente le dita, Dazai ringraziò yosano e lei li lasciò da soli.

«Chuuya, sono io quello che dovrebbe morire, non tu. Mi dispiace...per non esserci stato»
«Ed eccolo che ricomincia con l'ossessione per il suicidio...» Chuuya si scostò dall'abbraccio.
«Sai, certe volte penso che tu sia proprio scemo, però stavolta...ti devo davvero ringraziare. Senza di te, ora sarei...»
«Shh, non dirlo nemmeno per scherzo.»
Era come quella volta. Erano a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro.
«Non farlo mai più, Chuuya. Non farti ammazzare così facilmente...»
«Certo che...sei sempre il solito Dazai di merda, però hai anche un lato tenero»
Dazai gli poggio' la mano sulla guancia.
«E questo lato di me lo conosci solamente tu.»
Detto questo, i due si baciarono. O meglio, fu Chuuya a farsi avanti e a baciare dazai.
Lui continuò, ricambiava i suoi sentimenti e quel bacio ne era la conferma.

Basta perdere tempo. Ora sarebbero stati assieme, non importa cosa, chi si sarebbe messo nel mezzo, loro sarebbero stati insieme.
In fondo, erano legati dal destino, lo erano sempre stati.
Quindi...perché aspettare ancora?
Basta viverla solo nelle loro menti, ora bisognava renderla reale.
E così fu. Dopo quella notte, nessuno riuscì a separarli. 
I twin dark erano tornati, e stavolta, non solo come partner di lavoro.

𝐍𝐎 𝐋𝐎𝐒𝐓 𝐋𝐎𝐕𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora