10-Epilogo

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I due tornarono a casa.
Erano finalmente arrivati a un punto di svolta. Si erano dichiarati, non mancava nulla.
Quello che successe dopo, a nessuno è dato sapere.
No, non fecero nulla sconcio.
Ma qualcosa hanno fatto, che a noi non è dato sapere.

Ed è qui che io, autrice, mi ritiro.
La loro storia potrà essere narrata da altri, da Ranpo, per esempio.
Io da qui mi dimetto, ho concluso il mio lavoro, ma la loro storia non finirà qua.
Non finirà perché loro sono sempre state due persone fatte per completarsi. Si sono aiutati a vicenda nei momenti peggiori, sono sempre stati una coppia fantastica.
Poi, Dazai ha deciso di recidere quel legame.
Ma questo non vuol dire che lo volesse davvero e soprattutto, non voleva dire che chuuya sarebbe stato d'accordo.

È quella la differenza. Ed è anche il motivo per cui non posso andare avanti. Io, autrice, so bene cosa hanno fatto quei due una volta entrati a casa, ed è l'ultima cosa che potreste pensare, probabilmente, ma fa parte della loro storia.
Chuuya voleva comportarsi normalmente, ma Dazai glielo ha impedito. Si sono baciati ancora, e poi è successo.

Chuuya ha spogliato dazai delle sue bende e lo ha visto, nudo, nella sua bellezza, per la prima volta. E, come se fosse un dio, si è prostrato ai suoi piedi ed ha iniziato a piangere. Dazai lo ha baciato di nuovo.
Ora capite cosa è successo dopo?
Per questo non posso raccontarvelo. Perché è così personale che non troverei le parole per descriverlo.
Dazai si è lasciato andare, ma solo perché era Chuuya a guardarlo, a toccarlo.
Era quella la differenza.

L'intimità di quel momento può essere descritta solamente da una frase che voglio qui riportare, di uno psicanalista già citato in precedenza. Il primo che ha parlato liberamente della sessualità, il primo che non l'ha presentata come qualcosa di anormale, che ha parlato dell'omosessualità senza vergogna.

“Si può dire che non ci sia nessun individuo sano che non aggiunga al normale scopo sessuale qualche elemento che si possa chiamare perverso; e la universalità di questo fatto basta per sé sola a farci comprendere quanto sia inappropriato l’uso della parola perversione come termine riprovativo.”

Freud

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