Farti tornare da me (Revisionato, Completato)

Capitolo Diciannove (Alex)

Il sole ancora non era sorto, Alex svegliò la piccola Azzurra che stava ancora dormendo tranquillamente. Dopo aver preso la sua sacca e aver costretto Azzurra a risvegliarsi dal bel sogno che stava facendo, scese con lei al piano di sotto.

Il locandiere era già sveglio, «sapevo saresti partito presto».

«Quanto devo pagare se la cena era offerta?»

«Facciamo solo due monete, spero che le restanti due vi portino fortuna là fuori in qualche modo, qualsiasi cosa state cercando».

«Speriamo».

I due uscirono dalla locanda, a quell'ora le strade erano ancora deserte e in pochi minuti raggiunsero una delle uscite opposte della città. Alex fu costretto a riprendere nuovamente Azzurra in braccio per scendere dalla montagna in cui si trovava la città, altrimenti la bambina non si sarebbe mai mossa da sola.

Per i due quello fu un giorno particolarmente lungo, non incontrarono nemici o strani mostri pronti ad attaccarli, il silenzio regnava sovrano e a parte per il pranzo e la cena camminarono senza sosta. Dopo cena Alex guardò la mappa e la bussola, tra la città e il portale lo spazio non era molto, non ci voleva un genio per capire che finalmente mancava veramente poco alla destinazione. Alex decise di proseguire anche dopo cena, così fu costretto a portare sulla schiena Azzurra che si era addormentata subito dopo aver finito di mangiare. Proseguì fino all'una di notte, poi posò Azzurra a terra. Quella notte fu costretto ad accendere un fuoco per la bambina perché stranamente l'aria lì era più fredda e umida del solito. Dopo un po' si addormentò anche lui.

Il giorno dopo camminarono per poco più di un'ora prima di sentire che la tempratura dell'aria si era abbassata ancora. Lì davanti a loro c'era un boschetto ad ostruirgli l'orizzonte e guardando sia a destra che a sinistra sembrava quasi che il boschetto non avesse fine. Alex sentì subito una presenza familiare di fronte a loro oscurata dalla vegetazione e si fermò.

«Aspettami qui e non seguirmi, a quanto pare non siamo soli», ordinò ad Azzurra.

La bambina ubbidì e rimase ad aspettare poco distante dagli alberi. Più Alex avanzava e più vedeva che quello più che un bosco era solo una lunga striscia di alberi e cespugli lunghissima, spessa poco più di dieci metri e ancora prima di entrare si riusciva già a vederne la fine. La attraversò velocemente e giunto dall'altra parte vide la sua destinazione a una decina di metri dagli alberi, un enorme baratro di cui non si vedeva il fondo o altra traccia di terra all'orizzonte. Da entrambi i lati il dirupo proseguiva senza una fine e dal suo interno delle nuvole bianche salivano verso l'alto dando una risposta al calo di temperatura nella zona. Alex venne travolto da una grande tristezza e rabbia, ciò che aveva cercato tutto quel tempo si era rivelato essere un baratro e delle nuvole.

«Ci hai messo un po' ad arrivare».

La presenza che Alex aveva sentito era quella di Chris, però lui l'aveva già capito prima di vederlo. In quel momento entrambi fissavano il vuoto con pensieri differenti.

«Fammi indovinare, non trovandomi nel boschetto dell'altro giorno hai deciso di aspettarmi qui? Ma come facevi a sapere che sarebbe stato proprio questo il punto in cui sarei sbucato?»

«Come ti sarai già accorto, andando a nord puoi spuntare solo qua giù, io non ho una mappa come te ma quando sono impazzito ho ricevuto un bel po' di poteri strani che sono aumentati con il tempo. Sai quando vado a dormire sogno spesso questo esatto punto, stessi alberi, stesse roccie. Io sono sbucato fuori dagli alberi un po' più distante da qui, ho iniziato a farmi un giretto e ho riconosciuto subito il posto del mio sogno. Era questo il punto e qualcosa mi diceva di aspettarti qui».

«Che fortuna... proprio un bel posto da sognare».

«Non scherzare Alex! Sognavo questo punto perché è qui che ti ucciderò, lascierai riposare Anna per sempre e io mi vendicherò per la tua intromissione!» in quel momento il tono di Chris si era fatto più alto e i suoi occhi fissavano a distanza quelli di Alex.