4. Scusa.

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Simone aveva fissato Manuel uscire dal suo studio ansante e con gli occhi sgranati, era rimasto bloccato nella posizione in cui l'altro l'aveva lasciato e non era stato in grado di dire nulla al maggiore e, tantomeno, era riuscito a fermarlo prima che uscisse dalla stanza. Il più alto di certo non si aspettava una reazione del genere, era certo avrebbero discusso, si sarebbero punzecchiati a vicenda come sempre e tutto sarebbe finito lì, sarebbero tornati alla loro normale routine e non avrebbero più parlato di Daniele. Simone non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi seduto sulla scrivania, Manuel stretto tra le sue gambe e il volto di questo fin troppo vicino a lui mentre gli sussurrava cose che, ormai da settimane, Simone poteva soltanto sognare mentre le mani del maggiore accarezzavano di continuo il suo petto. Ancor meno però si sarebbe immaginato, dopo tutto quanto, di restare da solo proprio sul più bello e non essere nemmeno in grado di articolare una frase di senso compiuto per chiedere spiegazioni a Manuel, il riccio però era ormai uscito dal suo ufficio, dubitava avrebbe accettato di far ritorno lì tanto presto e, di certo, non poteva chiedere spiegazioni su quanto aveva fatto in sala davanti a tutti e dare spettacolo, suo zio non gliel'avrebbe mai permesso.
Il più alto tra i due si concesse un po' di tempo per pensare lucidamente a quanto era successo, a calmarsi e darsi anche una sistemata ché gli sembrava di aver corso una maratona e invece non si era mosso dal suo ufficio, Manuel però era in grado di fargli quell'effetto e lui non era pronto ad una cosa simile. Quando Simone riuscì a darsi un contegno – dopo una quantità di tempo indefinita, aveva smesso di guardare l'orologio da quando Manuel era entrato nella stanza – il ristorante era ormai aperto e dal suo ufficio riusciva a sentire il vociare di qualche cliente, per quel giorno aveva perso la sua occasione di parlare con Manuel ma poteva ancora bearsi della sua vista consapevole che, almeno quello, non avrebbe potuto impedirglielo. Dopo aver raggiunto la sala, seduto sul solito sgabello mentre sorseggiava un drink, Simone non riusciva a staccare gli occhi da dosso a Manuel ed era certo soltanto di una cosa: non sarebbe finita in quel modo, non gliel'avrebbe data vinta tanto facilmente, soprattutto dopo aver avuto la conferma che vederlo con un'altra persona l'aveva infastidito Simone non aveva alcuna intenzione di lasciar perdere. Simone era testardo, lo era sempre stato, e in quel momento più che mai lo sarebbe stato, per la prima volta in vita sua sapeva bene quello che voleva, non sapeva fino a che punto volesse Manuel ma era certo – almeno attualmente – di volerlo nella sua vita e avrebbe fatto di tutto per averlo.

Manuel aveva sentito lo sguardo di Simone fisso su di sé durante tutto il turno, a differenza delle altre volte quella sera si era sentito in imbarazzo ad essere fissato in quel modo, più di una volta era infatti arrossito e aveva balbettato davanti ai clienti, per fortuna però non aveva fatto nessun danno ed era riuscito a terminare il turno senza rischiare il posto di lavoro. Il più grande, però, non aveva smesso neppure per un secondo a quanto aveva fatto nell'ufficio dell'altro, era uscito da lì con le gambe che gli tremavano e la solita voce nella sua testa che continuava ad insultarlo per aver fatto esattamente ciò che non doveva fare. Aveva confermato a Simone di essere geloso del suo appuntamento della sera precedente, di aver cercato lui e Daniele sui social e, per finire, di essersi immaginato al posto di Daniele durante il dopocena, insomma aveva fatto l'esatto opposto di quanto si era ripromesso e lo sguardo di Simone su di lui non faceva altro che farlo agitare ancora di più. Alla fine del suo turno Manuel aveva ignorato le domande di Giuseppe e Massimiliano riguardo a ciò che era successo in ufficio e chi fosse il ragazzo a cena con Simone – i due sembravano essere interessati ai rapporti tra Manuel e Simone ed erano, inoltre, convinti che tra loro da lì a breve sarebbe successo qualcosa – il riccio però temeva che Simone potesse cogliere l'occasione per parlargli quindi, balbettando qualche scusa, aveva preso le sue cose ed era corso il più velocemente alla sua moto e andare via, aveva bisogno di un po' di tempo per pensare e doveva farlo lontano da Simone.
L'indomani mattina, però, arrivò prima di quanto volesse e dopo ben poche ore di sonno si ritrovò a doversi nuovamente preparare per il lavoro e, soprattutto, a rivedere Simone. Dire che fosse teso era riduttivo, sobbalzava ad ogni minimo rumore e si era dovuto mordere la lingua per evitare di rispondere male al saluto della sua vicina di casa – Clara, una tenera ottantenne che gli offriva sempre caramelle e lo invitava a prendere il caffè da lei almeno una volta al giorno – non immaginava neppure come avrebbe reagito ad un ipotetico avvicinamento di Simone, considerato anche che era sabato e aveva il doppio turno non era certo di riuscire a resistere fino alla fine della giornata senza impazzire. Per la prima volta da quando lavorava da Carlo, Manuel, decise di ritardare quanto bastava per essere fin troppo indaffarato per parlare con chiunque non fosse la sua coscienza che, per inciso, continuava a rivolgergli cattive parole per quanto aveva fatto.
- "Stamattina nun saluti nemmeno, piccolo?" Fu proprio Simone ad accoglierlo non appena mise piede nel ristorante, facendo sobbalzare Manuel che d'istinto fece un passo indietro. "Te ne vai di nuovo?" Lo prese in giro lui e inclinò la testa da un lato per guardarlo meglio.
Sì, me ne vado il più lontano possibile da te, avrebbe voluto rispondergli ma non era certo delle sue attuali capacità di linguaggio motivo per cui optò per scuotere la testa e una frase molto più breve da pronunciare.
- "Devo lavorare." Detto ciò, si defilò dalla vista dell'altro e si insultò – ancora – mentalmente per aver fatto nuovamente la figura dello stupido.
Bravo Manue', ancora 'na volta e te danno er premio come coglione dell'anno, continua così.
Di una sola cosa Manuel era certo in quel momento: doveva stare lontano da Simone.

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