5. Conosciamoci.

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Manuel non si era mai gettato a capofitto nella vita, non aveva quasi mai preso decisioni d'istinto e le poche volte che l'aveva fatto aveva pagato caro le conseguenze, ne portava ancora i segni addosso e dubitava sarebbe mai riuscito a liberarsi davvero di quanto era successo. Manuel aveva bisogno del suo tempo per prendere qualsiasi decisione, fare una scelta – anche la più stupida – era per lui qualcosa di serio e voleva essere certo di non pentirsi, o quantomeno di pentirsi il meno possibile. Quel suo modo di fare non gli aveva impedito di soffrire, nonostante tutto aveva preso più di una decisione sbagliata eppure non riusciva a fare altrimenti, quella leggerezza che vedeva in molti suoi coetanei lui non l'aveva mai avuta, l'aveva spesso invidiata, aveva cercato di comportarsi allo stesso modo ma non era mai riuscito a farlo, quando non era la vita ad imporgli una decisione lui preferiva prendersi il suo tempo, analizzava il tutto fino ad impazzire ma non poteva fare altrimenti. Manuel si consumava nei suoi pensieri, si lasciava divorare dalle paranoie, i se regnavano nel suo cervello e spesso, per questo motivo, finiva per non vivere davvero le cose per paura di quello che sarebbe potuto succedere, sperava però un giorno di trovare una persona che potesse dargli quel po' di spensieratezza che gli mancava e quando necessario a fermarsi con lui per aiutarlo.
Anche con Simone si era comportato allo stesso modo, non riusciva a prendere alcuna decisione d'istinto, per quanto fosse stato più volte sul punto di farlo e di lasciarsi andare non c'era riuscito, quando era sul punto di farlo migliaia di scenari con quanto sarebbe potuto succedere gli invadevano la mente, la maggior parte erano però negativi ed erano sufficienti ad impedirgli di lasciarsi andare ma non abbastanza per allontanarlo del tutto da Simone.
Da quando quel tornado tutti occhi e ricci era entrato nella sua vita non aveva fatto altro che pensare a lui, che fosse per insultarlo o per sorridere di qualcosa che gli aveva detto, e ogni volta che si ritrovava da solo nel suo letto non poteva fare a meno di chiedersi quale fosse la cosa giusta. Non aveva mai messo in dubbio la sua attrazione per quel ragazzo – era impossibile non notare quanto fosse bello – ma temeva potesse non portare a niente di buono, Simone era pur sempre il nipote di Carlo e se le cose non fossero andate per il meglio lui si sarebbe ritrovato senza lavoro e distrutto e lui non poteva permetterselo. Simone gli interessava, l'aveva ormai accettato, ma doveva capire fino a che punto per capire se ne valesse la pena, si era ripromesso di essere più aperto con lui, smetterla di difendersi dietro ad un muro ma, lo sapeva, non sarebbe mai stato in grado di fare lui il primo passo, quindi si limitava ad aspettare fosse Simone a farlo.
Sperava che almeno per Simone, lui, valesse la pena.

Era passata circa una settimana da quando Manuel e Simone si erano scambiati i numeri di cellulare e, così come gli aveva detto, il minore non l'aveva mai contattato e non aveva nemmeno mai menzionato, di persona, le mancate azioni di Manuel. Quando si incontravano al ristorante Simone si comportava come aveva sempre fatto, si prendevano in giro, avevano piccoli battibecchi che terminavano sempre con Manuel che metteva il broncio, Simone che gli diceva quanto fosse adorabile e Massimiliano e Giuseppe – ogni tanto a loro si univa anche Carlotta o Carlo – che sghignazzavano senza nemmeno preoccuparsi troppo di farsi sentire. Il minore, così come gli aveva promesso, non aveva più nemmeno menzionato quanto era successo con Daniele e il loro litigio, lo trattava come aveva sempre fatto e aspettava fosse Manuel a decidere che cosa fare con il loro rapporto, lui si sarebbe soltanto adeguato.
Quella domenica Manuel era a pezzi, il turno del pranzo era stato per lui devastante, era ormai metà novembre, per strada iniziavano ad apparire le prime luminarie e sembrava che il sentore di quell'aria natalizia spingesse le persone ad uscire di casa e a riversarsi nel ristorante, con sommo piacere di Carlo ma meno di Manuel che, per ore, si era ritrovato a girare come una trottola tra i tavoli e la cucina, tanto da finire il turno anche più tardi del solito e a diminuire, di conseguenza, il suo tempo di pausa prima del turno serale.
- "Tieni, bevi questa." La voce di Simone gli giunse alle orecchie non appena, dopo aver finito di sistemare i tavoli, si sedette su uno degli sgabelli della zona bar di Giuseppe. "È una tisana rilassante." Spiegò, notando lo sguardo confuso del maggiore, e gli mise davanti una tazza blu. "Camomilla, melissa e lavanda, niente veleno, giuro." Aggiunse ridacchiando e, stringendo tra le mani una tazza lilla uguale alla sua se non per il colore, si sedette accanto a lui. "Nun fa miracoli ma 'n po' aiuta."
- "Io però c'avrei bisogno de 'n miracolo, me fa male ovunque." Replicò Manuel e prese la tazza. "Comunque grazie." Disse e abbozzò un sorriso.
- "Io so' bravo a fare i massaggi." Annunciò, sorridente, il minore. "Se vuoi." Aggiunse e scrollò le spalle.
Manuel si voltò verso di lui con la fronte aggrottata.
- "È una proposta sess-"
- "Ti sto proponendo un massaggio, Manuel." Lo zittì Simone. "Sei un po' ossessionato dal sesso, devi dirmi qualcosa?" Lo canzonò lui.
- "Seh, vabbè." Sbuffò, un po' imbarazzato, il più grande. "Comunque famo 'n'altra volta, mh?" Rispose. "Adesso c'ho solo bisogno de anna' a casa a dormi' 'n po', so' distrutto." Ammise e mugolò di dolore mentre si stiracchiava. "O a stasera nun c'arrivo."
Simone annuì e bevve un sorso della sua bevanda calda.
- "Hai mangiato?" Gli chiese.
- "Eh?"
- "T'ho chiesto se hai mangiato." Ripeté Simone. "È stato un turno intenso e zio e Massimiliano m'hanno detto della tua tendenza a dimenticarti de mangiare mentre lavori."
- "Io nun me ne dimentico, semplicemente lo faccio dopo." Si difese il cameriere che, effettivamente, stava traendo effetti positivi dalla tisana che Simone gli aveva offerto.
- "Dopo quando?" Replicò il più alto. "Dopo esserti sentito male?"
Il maggiore, a quel punto, gonfiò le guance indispettito.
- "È successo solo una volta!" Esclamò.
- "Tre." Lo corresse Simone. "E non vorrei diventassero quattro." Aggiunse. "Quindi te lo richiedo: hai mangiato?" Gli chiese, ancora una volta. "E non pensa' nemmeno de mentirmi, ci metto un attimo a chiede' a Massimiliano se è vero."
Il più grande sbuffò infastidito e rivolse all'altro uno sguardo poco carino.
- "Ho mangiato." Borbottò. "Me so' fatto sostitui' dieci minuti e ho mangiato 'n panino."
Simone arricciò il naso e scosse la testa contrariato.
- "Un po' poco, nun te pare?" Replicò lui. "So che il tempo è poco ma a casa mangia qualcos'altro, va bene?"
- "E da quando ti preoccupi per me?"
- "Da sempre, Manuel." Disse Simone. "Mi preoccupo per te da sempre."
Le guance di Manuel si fecero un po' più calde a quelle parole e un sorriso sincero comparve sul suo volto.
- "Mi preparerò un bel pranzetto, va bene?" Replicò lui e bevve un altro po' della sua tisana.
- "Perfetto." Sorrise Simone. "Ti voglio in forze, eh." Aggiunse.
- "Sei peggio de tuo zio." Borbottò Manuel, strappando ancora un sorriso al più alto. "E non oso immaginare come sei fuori da qua, poverino chi te sopporta." Aggiunse ridacchiando.
Simone, però, non sembrava essere divertito dalla sua frase anzi sembrava essere tremendamente serio.
- "Hai mai pensato che potremmo vederci anche fuori da questo ristorante?" Chiese, serio, Simone. "Perché io ci penso continuamente." Aggiunse. "Vorrei sapere come sei fuori da queste mura, cosa fai, come ti comporti." Disse. "Mi piacerebbe conoscerti per quello che sei veramente."
Anche Manuel aveva spesso pensato a quella possibilità, più di una volta si era chiesto come fosse Simone nella vita di tutti i giorni e l'averlo visto a cena con Daniele non aveva fatto altro che spingerlo ancora di più ad immaginarsi al posto di quel ragazzo. Più di una volta Manuel si era chiesto come si sarebbe sentito ad essere al posto di Daniele, ad essere il centro di tutte le attenzioni di Simone e viverlo nella sua quotidianità. Era certo lui e Simone avessero vite differenti, era palese, eppure a lui sarebbe piaciuto sapere fino a che punto erano diversi e se, in qualche modo, potevano trovare il giusto incastro per le loro differenze. Manuel voleva sapere se ne valeva la pena e lo poteva scoprire soltanto fuori da quel ristorante.
- "Hai un pezzo di carta?" Chiese Manuel, farfugliando e nascondendo parte del volto dietro la tazza blu.
Simone si guardò intorno e, con un gesto poco aggraziato, si sporse oltre il bancone e recuperò il bloc-notes e una penna che Giuseppe usava per le ordinazioni.
- "Tieni." Gli disse e glielo porse. "Ma a che ti serve?"
Manuel, velocemente, scarabocchiò delle parole su quel pezzo di carta.
- "Ci vediamo domani mattina alle dieci e mezzo a quest'indirizzo." Gli disse e gli porse il pezzo di carta che aveva appena strappato. "Ma, ti prego, non cerca' su google maps, voglio sia 'na sorpresa."
Simone prese il pezzo di carta ma lo guardava con fronte aggrottata.
- "Ma che cos'è?" Chiese, dando voce ai suoi dubbi.
- "Vuoi sape' come sono fuori da qua, no?" Replicò il maggiore. "E io te lo mostro. Conosciamoci." Disse. "Direi che abbiamo aspettato pure troppo, usciamo da questo ristorante.
- "Insieme." Sussurrò Simone e strinse quel pezzo di carta come se fosse la cosa più importante del mondo. "Ti giuro che non te ne pentirai." Gli disse sorridendo. "E non cercherò niente su google."
Manuel sorrise e, dopo aver finito la sua tisana, si alzò dallo sgabello.
- "Allora a domani, Simone."
- "A domani, Manuel."

Sotto la pioggia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora