18. Piano

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Marzo a Manuel era sempre piaciuto, gli sembrava l'opposto di settembre e considerato che odiava quel mese qualsiasi cosa fosse l'opposto gli sembrava essere perfetto. Marzo però gli piaceva anche perché per lui significava cambiamento, gli sembrava si respirasse un'aria diversa, magica avrebbe osato dire. Con l'imminente arrivo della primavera gli sembrava Roma si riempisse di nuova vita, i colori iniziavano a farla da padrone tra le strade e a Manuel sembrava di poter finalmente respirare dopo mesi di apena. Noln si poteva dire Manuel amasse le alte temperature – nemmeno quelle basse in realtà – e l'allergia lo tormentava nel periodo primaverile ma, nonostante tutto, gli piaceva. Nella sua vita Manuel aveva sempre bisogno di nuovi inizi, di qualcosa che gli desse la spinta per rinnovarsi e lasciarsi alle spalle il nero che da sempre lo circondava e marzo gli sembrava una buona scusa per cambiare qualcosa nella sua vita. In genere non ci riusciva, erano vani gli sforzi di migliorarsi ma gli piaceva illudersi di poterlo fare, di svegliarsi un giorno e scoprire di avere una vita meravigliosa, che le cose brutte erano alle spalle e che lo attendevano solo cose belle. Generalmente aspettava l'inizio della primavera per fare una lista di buoni propositi che, puntualmente, ogni anno ignorava pur continuando a sperare che qualcosa nella sua vita cambiasse come per magia, quell'anno però non ne aveva bisogno. Quell'anno Manuel sapeva in anticipo sarebbe andato tutto bene.
Le speranze di Manuel di essere felice – e mai come quella volta gli sembrava fosse qualcosa si potesse realizzare – quell'anno erano talmente basse da spingere il ragazzo a non considerarle nemmeno, erano state distrutte in pochi secondi ed era certo non si sarebbero mai più ricomposte. Per una volta gli sembrava fosse possibile avere quella vita che per tanti anni aveva soltanto immaginato, qualcuno che teneva a lui e su cui avrebbe sempre potuto contare, qualcuno con cui condividere la vita e avere quel pezzo di felicità che la vita continuava a negargli e che era certo gli spettasse. Quella volta Manuel ci aveva creduto, l'aveva fatto sul serio.
Tutte le sue speranze erano andate in frantumi uno dei primi giorni di marzo, erano bastati appena una manciata di minuti e poche parole per distruggere tutto ciò che, con fatica e pazienza, aveva costruito negli ultimi mesi. Aveva visto cadere l'uno dopo l'altro i tasselli di quella nuova vita che si stava costruendo, aveva scoperto di non aver sistemato per bene le basi ed erano crollate proprio su di lui, proprio nel momento in cui credeva di aver fatto un bel lavoro.
Manuel per la prima volta aveva deciso di provare a superare le sue paure, di smettere di ignorare quel grosso elefante rosa che lo seguiva ovunque e che non guardava soltanto per paura di essere schiacciato, aveva passato gli ultimi mesi a correre più forte che poteva per seminarlo ma era stato vano, aveva però capito troppo tardi fosse meglio fermarsi e affrontarlo. Per una volta aveva voluto provare a fidarsi di ciò che sentiva, voleva seguire ciò che gli diceva il cuore e non il cervello anche se non l'aveva mai fatto prima. Non l'aveva fatto nemmeno con sua madre, quando c'era lei ad incoraggiarlo e a spingerlo a farlo, non l'aveva fatto nemmeno per sua madre e per quel motivo non le aveva chiesto scusa prima che fosse troppo tardi e quel rimpianto l'avrebbe perseguitato per il resto della vita. Per Simone però aveva deciso di combattere quel vuoto al petto che gli impediva di respirare, che lo teneva chiuso in quella gabbia che si era costruito con le sue stesse mani, voleva provare ad evadere perché era stato proprio Simone a mostrargli quanto potesse essere bello il mondo fuori da lì ed era stato ancora Simone ad insegnargli a respirare, a non avere paura di farlo, ma l'aveva lasciato solo prima che imparasse davvero a farlo e lui si era ritrovato in apnea e con la paura di annegare.

Era passata una settimana da quando Manuel aveva lasciato la casa di Simone – non nel migliore dei modi, doveva ammetterlo – e da quel momento non l'aveva più visto, il minore non era ancora tornato a lavoro e lui non aveva chiesto niente a nessuno per evitare domande. Un paio di volte aveva ricevuto – uno due giorni dopo la discussione e il secondo sei giorni dopo – dei messaggi da parte del più alto in cui gli chiedeva di poter parlare di quanto era successo ma Manuel non gli aveva risposto, aveva preferito ignorare quei messaggi e fingere non fossero mai esistiti. Il maggiore non aveva solo ignorato Simone ma anche chiunque altro fosse a conoscenza di quanto stava succedendo, non aveva detto niente a nessuno di quella discussione solo per convincersi non fosse avvenuta, che tutto era stato solo un brutto sogno. In quella settimana Manuel aveva evitato di incontrare le sue amiche, sapeva le due avessero a breve un esame e non voleva tormentarle ancora con i suoi problemi, aveva finto andasse tutto bene e aveva rimandato a data da destinarsi quella spiacevole conversazione. Il suo rifiuto di accettare di aver nuovamente distrutto tutto l'aveva spinto a non parlarne nemmeno con la sua psicologa, sapeva fosse sbagliato e che lei fosse l'unica in grado di aiutarlo concretamente a lavorare sulle sue emozioni e le sue paure ma qualcosa lo spingeva a tenerglielo nascosto, qualcosa di tremendamente simile alla vergogna. Manuel si vergognava di aver fallito nuovamente, di aver mandato all'aria i piccoli progressi che credeva di aver compiuto e ancora una volta aveva messo davanti a tutto la sua paura, il suo egoismo che lo spingeva a credere di essere l'unico a soffrire e non dire niente a Simone riguardo ciò che provava.
Se solo gli fosse stato possibile, Manuel avrebbe voluto passare l'ultima settimana chiuso in casa ad autocommiserarsi e crogiolarsi in un dolore che si era inflitto da solo ma non aveva potuto farlo, aveva dovuto lasciare a casa il fastidio al petto che si portava dietro e aveva continuato la sua vita come se niente fosse. A lavoro non gli era stato facile ignorare le domande di Giuseppe e Massimiliano, continuavano a chiedergli come stesse Simone e se fosse successo qualcosa e lui doveva stare ben attento a ciò che diceva, poteva essere contraddetto da Carlo in ogni momento e quello non avrebbe fatto altro che spingere i due amici a fargli ancora più domande e lui, decisamente, non ne voleva.
Quella settimana per Manuel era stata estenuante, gli sembrava fosse durata un anno intero, ma a renderla tale era stata soltanto una cosa: l'assenza di Simone. Se Simone fosse stato quantomeno presente al ristorante avrebbe potuto sopportare le domande, i pensieri che non lo lasciavano in pace e qualsiasi altra cosa, pur essendo arrabbiato con lui gli sarebbe bastato guardarlo per lasciarsi tutto alle spalle ma così non era stato. Simone non c'era e nella sua vita non ci sarebbe mai più stato.
- "Allora ragazze, com'è annato l'esame?"
Dopo non averle viste per una settimana – a causa, per l'appunto, dello studio delle due ragazze – Manuel non aveva avuto molto scelta, non aveva avuto possibilità di rifiutare l'invito delle due amiche e così, con un macigno sul petto, si era ritrovato seduto al bar con le due ragazze mentre sorrideva tranquillo e fingeva andasse tutto bene nella sua vita, sapeva non sarebbe durata troppo la sua recita ma almeno ci provava.
- "Benissimo!" Esclamò, entusiasta, Laura e batté le mani felice. "Avevo così tanta ansia e invece è andato tutto benissimo!"
Monica ridacchiò e annuì mentre recuperava la sua spremuta d'arancia.
- "Sì, è andato tutto bene." Confermò, in tono più calmo rispetto all'amica ma ugualmente felice. "Ma sono stati giorni terribili." Aggiunse ridendo.
A Manuel mancava quella sensazione di ansia man mano che la data dell'esame si avvicinava, le notti passate a ripetere e la convinzione di non farcela, gli mancava anche la voglia di tornarsene a casa dopo essere arrivato in facoltà, gli mancavano le giornate passate con la testa sui libri. Quando era all'università non vedeva l'ora finissero, credeva non gli potesse capitare di peggio ma dopo il peggio era successo. Tutte quelle cose gli mancavano ancora di più quando si fermava a pensare alla sua quotidianità, quando le notti passate a studiare erano state sostituite da quelle in cui non riusciva a chiudere occhio per far quadrare i conti e con la consapevolezza che aveva dovuto rinunciare a tutto quanto credeva sarebbe stata la sua vita per accontentarsi di sopravvivere.
Gli piaceva passare del tempo con Laura e Monica, avrebbe passato intere giornate con loro, ma non poteva negare di provare una fitta al petto quando le sentiva parlare dell'università e di quei pochi esami che le dividevano da quella laura che lui, ormai, poteva solo sognare. In cuor suo, nonostante dicesse il contrario a chiunque glielo chiedesse, continuava a sognare di potersi iscrivere nuovamente all'università un giorno ma sapeva che, se proprio fosse successo, sarebbe stato soltanto durante la pensione e l'idea non lo allettava nemmeno un po'.
- "Sono felice per voi." Rispose Manuel, sinceramente felice dei risultati raggiunti dalle due ragazze. Era felice che almeno loro riuscissero a raggiungere i loro obbiettivi. "Allora brindiamo, no?" Aggiunse e alzò il suo succo di frutta. "Pure se col succo." Ridacchiò.
Le sue amiche non tardarono a seguirlo e fecero scontrare i loro bicchieri, Manuel si costrinse a sorridere per tutto il tempo ma era palese qualcosa non andasse e le due amiche non ci misero molto a capirlo.
- "Tutto bene, Manu?" Gli chiese Laura e inclinò la testa da un lato. "Mi sembri un po', uhm, pensieroso?" Azzardò.
- "Io direi anche triste." Disse Monica. "Sei spento, ciò significa che sei triste."
Il maggiore si strinse nelle spalle e prese a giocherellare con un fazzoletto.
- "Sono solo stanco." Mentì. "A lavoro è pesante, adesso che arrivano 'e belle giornate er ristorante è sempre pieno." Quello era vero, il lavoro lo massacrava ma non era quello ad averlo ridurlo in quello stato. "'n po' de riposo e passa tutto, 'o sapete com'è." Concluse e scrollò le spalle.
Monica e Laura però non credevano nemmeno ad una parola di quanto aveva detto il ragazzo, lo conoscevano fin troppo bene per non sapere che non fosse solo il lavoro a ridurlo in quello stato ma che il suo malessere avesse un nome ben preciso: Simone.
Prese dal loro esame le due ragazze avevano lasciato un po' da parte la questione Simone, non avevano più chiesto al ragazzo cosa fosse successo e tantomeno Manuel aveva detto loro qualcosa quindi, le due, non erano a conoscenza degli ultimi sviluppi tra i due ragazzi.
- "Sicuro non ci sia altro?" Chiese Laura.
- "O meglio, qualcun altro." Disse Monica. "È successo qualcosa con Simone?" Chiese diretta, senza fare giri di parole che non avrebbero portato a nulla se non a perdere tempo.
Manuel sospirò e lasciò perdere il suo fazzoletto.
- "Vai diritta ar punto te, eh." Mugugnò.
- "A che serve perdere tempo?" Replicò la ragazza dai capelli scuri. "Tanto è palese riguardi lui."
- "Soltanto Simone è in grado di condizionare così tanto il tuo umore." Disse Laura.
Manuel rimase per un momento spiazzato da quelle parole, non si era mai realmente soffermato a pensare quanto Simone condizionasse la sua vita e che effetto avesse sul suo umore. Forse non si era mai soffermato a farlo perché quello l'avrebbe costretto a fare i conti con ciò che provava davvero e gli faceva ancora paura, nonostante tutto ancora non riusciva davvero a guardarsi dentro e capire fino a che punto fosse forte e reale ciò che provava per Simone.
- "Sì, è pe' Simone." Sussurrò Manuel con il capo chino. "Cioè so' davvero stanco pe' er lavoro, quello me distrugge sul serio, ma è soprattutto pe' lui che sto così." Ammise. "Ma nun ve preoccupate, passerà." Disse alle due amiche. "Nun voglio sempre ammorbarvi co' i problemi mei, non siete costrette a sta' sempre a senti' i problemi miei, possiamo parlare d'altro."
Ed era vero, aveva la sensazione di assillare le sue amiche con i suoi problemi e di dedicare ben poche attenzioni alle due ragazze, non voleva queste si sentissero costrette a parlare solo di lui per una sorta di compassione che provavano nei suoi confronti, voleva fossero libere di cambiare argomento se non avessero avuto voglia di parlare di lui e Simone.
- "Ma hai iniziato a drogarti e non ci hai detto nulla?" Inarcò un sopracciglio Monica. "Altrimenti non si spiega questa sciocchezza che hai detto." Il tono di voce usato era duro e incrociò le braccia al petto per rimarcare quanto aveva detto.
- "Manu a noi interessa di te, non è un peso." Disse Laura, con tono di voce molto più gentile rispetto a quello usato da Monica. "Ci fa piacere parlare di te, della tua vita, e se hai problemi ci fa piacere aiutarti." Continuò. "Quando sarai felice avremo tutto il tempo del mondo per parlare di noi." Aggiunse e sorrise. "E poi, cosa dovremmo dirti se non succede niente di interessante?"
Il più grande abbozzò un sorriso e strinse la mano della bionda.
- "Grazie." Sussurrò lui. "Nun so proprio cosa farei senza di voi."
- "Se continui a dire queste stupidaggini lo scoprirai presto." Borbottò Monica, fingendosi infastidita ma sapevano tutti fosse solo una facciata, non era solita lasciarsi andare a gesti d'affetto ma teneva tantissimo a Manuel e avrebbe fatto di tutti per lui. "Adesso parla però." Aggiunse e prese delle patatine. "Che è successo con Simone?" Chiese.
- "L'ultima volta che ti abbiamo visto eri deciso a parlare con lui, no?" Domandò Laura.
- "Ed è quello che ho fatto." Annuì il ventiseienne. "Nun c'era a lavoro e ho scoperto nun sarebbe venuto per 'n po', così sono andato a casa sua per parlargli." Aggiunse.
- "Ed è andato tutto bene?" Chiese la bionda.
- "Lau, se fosse andato tutto bene adesso sarebbe felice, no?" Replicò Monica. "Invece se l'avesse investito un camion starebbe meglio."
- "Po esse'." Mugugnò Manuel. "Almeno pe' quello potrei prenne' gli antidolorifici."
- "Allora deve essere andata peggio di quanto penso." Rispose la mora.
- "È andata così male?" Chiese Laura che no, proprio non riusciva a vedere quei due separati, era convinta fossero destinati a stare insieme e credeva anche stessero perdendo tempo prezioso con quelle sciocchezze.
- "È finita."
- "Che cosa?!" Le due ragazze lo chiesero all'unisono, alzando anche il tono di voce tanto da attirare l'attenzione di qualche cliente del bar che si voltò per guardarle.
- "In che senso è finita? L'hai lasciato?" Chiese Laura.
- "Perché siete tanto sicure sia stato io a lasciarlo?" Inarcò un sopracciglio Manuel.
- "Perché Simone bacerebbe la terra dove cammini, non ti lascerebbe mai." Rispose Monica e prese una patatina da portarsi alla bocca.
- "E invece ve sbagliate." Borbottò il più grande.
- "Quindi ti ha lasciato lui?" Domandò, incredula, la bionda.
- "In teoria, sì." Annuì Manuel seppur un po' incerto.
- "In teoria?" Ripeté Monica. "E in pratica che cos'è successo, Manuel?"
Il maggiore si prese qualche secondo prima di parlare, sapeva fosse facile essere frainteso e lui, in quel momento, aveva davvero bisogno di qualcuno che gli desse solo ragione e lo confortasse.
Nun sei 'n bambino, Manuel, e loro nun so' tu' madre, puoi sopporta' che qualcuno te dica che sei 'n deficiente che se lascia scappa' 'a possibilità de esse' felice. Di nuovo.
Manuel prese seriamente in considerazione l'idea di parlare alla sua psicologa anche di quella vocina che lo tormentava, iniziava a preoccuparsi e soprattutto non ne poteva più, l'avrebbe volentieri messa a tacere.
Se vuoi mettermi a tacere sii onesto, Manuel, guarda che sei te che te distruggi da solo, io te 'o faccio solo notare.
La conversazione con se stesso iniziava a dilungarsi troppo e gli occhi di Laura e Monica fissi su di lui lo agitavano, di certo non voleva dare modo alle sue amiche di credere che stesse ancora peggio di quanto sembrava e, in più, loro aspettavano una risposta.
- "Manuel, per favore, ti decidi a parlare?" Lo incitò a parlare Laura, visibilmente impaziente di sapere che cosa fosse successo tra di loro. "E sii chiaro, niente giri di parole."
Manuel sospirò e annuì, sapeva che in qualche modo le due ragazze gli avrebbero comunque fatto dire la verità, tanto valeva farlo spontaneamente ed evitarsi spiacevoli momenti.
- "So' andato da lui per parlare, volevo veramente chiari' 'na volta pe' tutte quello che stava succedendo, chiedergli anche perché fosse strano ultimamente e perché nun m'avesse detto niente delle ferie dal lavoro." Iniziò a raccontare Manuel e riprese a giocherellare con il suo tovagliolo mentre, ancora una volta, la gamba prese a tremolare. "Lui stava a casa e stava bene, quindi niente scusa de esse' malato, ammetto di essere partito un po' prevenuto, nun so' stato proprio gentile ma solo perché ero nervoso, volevo chiarire quella situazione 'na volta per tutte e volevo farlo il prima possibile." Aggiunse. "Era palese nemmeno lui fosse a suo agio, m'ha comunque fatto entra' ma abbiamo parlato ben poco. Gli ho chiesto cos'avesse, perché fosse distante ultimamente e lui m'ha detto che aveva 'n casino nella testa e io non posso aiutarlo perché so' proprio la causa della sua confusione." Continuò, parlando a voce non troppo alta e riducendo al minimo i dettagli per ricordare il meno possibile di quanto era successo con Simone. "Ho provato a convincerlo di poterlo aiutare, e di volerlo fare, ma lui nun ha voluto senti' ragioni, era convinto di quello che stava dicendo e, alla fine, m'ha chiesto di non vederci per un po'."
- "Lui- che cosa?" Chiese, con voce stridula, Laura e sgranò gli occhi.
- "Quello che t'ho detto, La'." Mugugnò in risposta il ventiseienne. "M'ha chiesto di stargli lontano, m'ha detto che aveva bisogno di starsene un po' da solo per schiarirsi le idee e a quel punto io, sì insomma, l'ho mannato a fanculo." Concluse il suo racconto.
Monica sospirò rumorosamente e si passò una mano sul volto, incurante di poter rovinare il suo trucco, solo Manuel era in grado di sfinirla tanto con le sue pessime decisioni.
- "Manuel, te lo giuro, non ho mai conosciuto nessuno che fosse in grado di scegliere sempre la cosa peggiore come fai tu." Disse la ragazza dai capelli scuri. "Era davvero necessario farlo? Non potevi insistere e parlare con lui civilmente?"
- "Mi ha detto di non voler stare con me!" Si difese Manuel e assunse un'espressione indispettita. "Dovevo anche ringraziarlo?!"
- "No ma almeno non mandarlo a fanculo!" Ribatté l'amica. "Simone non sa che cosa pensare a causa del tuo comportamento, sei tu che per mesi gli hai detto di non volere niente di serio mentre lo cercavi continuamente." Disse. "A vedervi sembravate una coppia prossima al matrimonio ma ogni volta che le cose tra di voi iniziavano ad andare bene, davvero bene, tu hai distrutto tutto ripetendogli le solite cose." Aggiunse, con tono duro. "E lo sappiamo benissimo tutti che, a quelle cose, non hai mai creduto. Per te Simone non è mai stato solo un amico, e tutte quelle sciocchezze che ti raccontavi, ma gliel'hai ripetuto così tante volte che alla fine lui c'ha creduto."
- "Dai, Monica, non essere troppo dura con lui." Disse, nemmeno troppo convinta, Laura per cercare di calmare l'amica. "Sta male, è evidente."
Tra le due Laura era sempre stata la più calma, quella che cercava di calmare la situazione ed evitare si arrivasse a dire qualcosa di cui si sarebbero pentiti, mitigava gli animi di Monica e Manuel che invece erano molto meno calmi di loro e non se le mandavano di certo a dire. Monica invece era molto meno calma e diplomatica, in quegli anni aveva imparato a conoscere Manuel e sapeva che con le parole gentili non avrebbe ottenuto alcun risultato duraturo, il ragazzo aveva bisogno di qualcuno che gli gridasse in faccia quando sbagliava e lei non aveva paura di farlo. Monica e Manuel avevano discusso più di una volta, la ragazza non andava per il sottile quando si trattava di far sapere al maggiore che non era d'accordo con lui, però era anche la prima a stringerlo e consolarlo quando qualcosa andava male. Dopo la morte di sua madre era stata lei a passare intere notti in bianco pur di strappargli un sorriso, l'aveva ospitato a casa sua e aveva fatto di tutto per proteggerlo, questo però non le impediva di pensare Manuel fosse un grandissimo stronzo quando ci si metteva e in quel caso l'aveva fatta decisamente grossa.
- "Sta male a causa dei suoi sbagli." Replicò la ragazza dai capelli scuri. "A quest'ora potrebbe essere felice con Simone se solo l'avesse fatta finire con quelle sciocchezze." Disse e mangiò, o meglio divorò, una manciata di patatine. "Hai trovato un ragazzo che ti adora, che si è fatto in quattro per te e ti ha dato tutto ciò che poteva darti ma tu non hai saputo apprezzarlo, adesso dovrai essere tu ad accontentarti di quello che lui vuole darti. Se vorrà ancora darti qualcosa."
Manuel aveva ascoltato in silenzio tutto ciò che Monica gli aveva detto, incapace di ribattere a qualcosa che sapeva fosse la verità, la ragazza aveva ragione e lui doveva accettarlo.
- "Manu." Sussurrò Laura e gli prese una mano. "Monica non voleva off-"
- "Monica ha ragione." Lo interruppe Manuel e sospirò. "Ha detto 'a verità, ho rovinato tutto da solo e se Simone non vuole più vedermi ha ragione." Aggiunse. "Ho distrutto tutto, di nuovo, e adesso devo pagarne le conseguenze."
- "Manuel." Sospirò la bionda e gli accarezzò il dorso della mano. "Non per questo devi soffrire." Aggiunse. "Puoi ancora risolvere tutto con Simone, eri arrabbiato e hai agito di istinto, ormai Simone ti conosce abbastanza da saperlo." Disse. "Sono sicura che ti ascolterà se andrai da lui, puoi ancora risolvere tutto."
- "Per farlo dovresti però mettere da parte l'orgoglio." Disse Monica. "Ma credi di poterlo fare?"
Il maggiore si strinse nelle spalle e prese a mordicchiarsi il labbro inferiore. Il ragazzo non era certo di poterlo fare, Simone gli aveva chiesto di parlare ma lui non gli aveva mai risposto e, inoltre, non era nemmeno tanto certo che Simone fosse ancora disposto ad ascoltarlo e assecondarlo pur di vederlo felice.
- "Io non lo so." Ammise. "In questa settimana m'ha chiesto 'n paio di volte di parlare, mi ha mandato dei messaggi, ma io non gli hi mai risposto." Raccontò. "E nun so nemmeno sicuro voglia ancora ascoltarmi, in 'sti mesi so' sempre stato io a non volerlo ascoltare e se si è stancato di me c'ha pure ragione."
- "Ma tu non devi farlo per Simone." Replicò Monica. "Devi farlo per te stesso, per una volta nella tua vita dovresti essere onesto con te stesso e ammettere ciò che provi." Disse. "Ti rifiuterà? Ci starai male ma almeno sarai onesto." Aggiunse. "Ma prima di esserlo con Simone devi esserlo con te stesso, quindi adesso ti farò una domanda e non voglio giri di parole, devi rispondermi direttamente perché la risposta la conosci già, devi solo trovare il coraggio per ammetterlo."
Manuel tremò al solo sentire quelle parole, sapeva benissimo cosa la ragazza volesse chiedergli eppure tremava al solo pensiero di sentire pronunciate quelle parole e ancor di più pensando a ciò che avrebbero innescato in lui. Il ragazzo si mosse a disagio sulla sedia, diventata improvvisamente scomoda, e strinse gli occhi mentre aspettava che Monica pronunciasse quelle fatidiche parole.
- "Sei innamorato di Simone?"
Il corpo di Manuel fu scosso da centinaia di brividi al solo sentire quella parola che da mesi teneva lontana dalla sua vita. Innamorato. Era una parola davvero grande, soprattutto per lui che con l'amore non aveva mai avuto niente a che fare, e accostata al nome di Simone gli sembrava diventare enorme. Provava qualcosa per Simone, quello era indubbio, ma non si era mai voluto soffermare a pensare a che cosa provasse per lui, non aveva mai accettato l'idea potesse essere qualcosa di forte ma quella domanda l'aveva messo davanti al fatto compiuto e non aveva via di scampo. Avrebbe potuto mentire a Laura e Monica, quello era ovvio, ma non poteva mentire a se stesso, quella domanda l'avrebbe perseguitato fino a quando non avrebbe fatto i conti con se stesso e, a quel punto, avrebbe avuto nuovi dubbi ad assalirlo.
- "I- io..."
Da qualche parte, evidentemente, doveva esserci qualcuno che gli voleva bene perché nell'esatto momento in cui stava cercando di rispondere a quella domanda al loro tavolo li raggiunse Matteo, una delle ultime persone che si aspettava di vedere ma pur di non rispondere a quella domanda, Manuel, avrebbe accolto con gioia anche il diavolo in persona.
- "Ma guarda 'n po' chi si vede!" Esclamò, allegro, Matteo e si fermò accanto al loro tavolo. "Come va?"
- "Matteo, ciao!" Manuel era certo di aver pronunciato quelle parole con un po' troppa enfasi, difatti subito dopo vide Monica alzare gli occhi al cielo e sospirare rumorosamente.
- "Ciao Matteo." Lo salutò Laura. "Noi stiamo bene, tu?"
- "Se non vai di fretta perché non ti siedi con noi?" Propose Monica. "È da un po' che non ci vediamo."
Il ragazzo dai capelli castano chiaro annuì e scostò una sedia per prendere posto al loro tavolo, accanto a Manuel e Monica e con di fronte Laura, per poi sorridere alle ragazze e voltarsi verso Manuel.
- "Sì, diciamo che sono successe 'n po' de cosa ultimamente." Commentò e si sforzò di sorridere ma le labbra si serrarono, invece, in una linea dura. "No, Manuel?"
L'ultima volta che erano stati tutti insieme – con la presenza anche di Giuseppe – era stato poco dopo il loro ritorno da Parigi, quando Manuel iniziava a stare meglio e tra lui e Simone le cose andavano ancora bene. Da quella serata trascorsa tutti insieme le cose erano drasticamente cambiate, non riusciva a passare cinque minuti in presenza di Simone figuriamoci tutti insieme, non sapeva cosa Matteo sapesse e non sapeva fino a che punto potesse spingersi.
- "Sì, uhm, diciamo di sì." Borbottò Manuel e prese delle noccioline.
- "Stavamo parlando proprio di questo." Disse Monica e ghignò soddisfatta. "Manuel commette davvero tanti errori, non trovi, Matteo?"
Matteo non poté fare a meno di annuire.
- "Nun te posso da' torto, Mo'." Rispose lui. "Pure se di tutto quello che sta a succede' tra te e Simone nun c'ho capito molto." Ammise. "Simone nun ne ha voluto parlare più di tanto."
- "Non ti perdi niente, tranquillo." Ridacchiò Laura. "Con noi Manuel ne parla ma è comunque difficile capire quello che combinano questi due."
- "Nun ce sta molto da capi'." Borbottò Manuel. "Simone nun me vuole più vede', a me sembra abbastanza semplice."
A quelle parole Matteo sgranò gli occhi e la patatina che aveva sgraffignato dalla ciotola di Monica gli cade dalle mani.
- "Lui che cosa?! Che ha fatto?!" Chiese, a gran voce, sorpreso e forse anche scioccato di sapere che cosa il suo amico avesse fatto.
- "Quello che ho detto." Mugugnò il ventiseienne. "M'ha detto che non mi vuole vedere."
- "Le cose non stanno proprio così." Intervenne Monica. "Non sono andate proprio in questo modo." Aggiunse.
- "Simone non è impazzito all'improvviso e ha deciso di non volerlo più vedere, ci sono ovviamente dei pregressi." Intervenne Laura, confermando quanto la sua amica aveva appena detto e beccandosi un'occhiataccia da parte di Manuel che si aspettava, almeno da parte sua, un po' di sostegno. "E comunque non gli ha detto di non volerlo più vedere, gli ha solo chiesto un po' di tempo per pensare a cosa fosse più giusto fare." Spiegò. "Direi che se lo merita anche, ha passato gli ultimi mesi a fare solo ciò che voleva lui, adesso ha bisogno di capire cos'è che vuole lui."
- "De te mi fidavo." Sbuffò Manuel e incrociò le braccia al petto. "E comunque poteva dirmelo diversamente." Disse. "E io nun l'ho mai costretto ad accetta' niente, poteva dirmi tranquillamente che nun era d'accordo co' me e basta, nun sarebbe morto nessuno."
Matteo sospirò e si sistemò meglio contro lo schienale della sedia.
- "Immaginavo che, prima o poi, sarebbe arrivato questo momento." Disse. "All'inizio gli andava davvero bene er tipo de relazione che avevate, te conosceva poco e nun poteva pretenne' chissà che cosa, però pian piano quella situazione è iniziata a stargli stretta." Spiegò. "Ultimamente lo vedevo strano ma nun credevo avrebbe fatto tanto." Ammise. "Però me l'aspettavo, era solo questione di tempo."
- "Quindi lui ti ha parlato di 'sta cosa?" Chiese Manuel, un po' speranzoso e un po' nervoso per quello che avrebbe potuto dirgli Matteo.
- "Direi proprio de sì." Annuì Matteo. "Anche se nun lo sento da 'n po' de giorni e adesso capisco er perché." Aggiunse.
- "Credi davvero non voglia più saperne di me?" La voce di Manuel era bassa ed inferta mentre pronunciava quella domanda, non voleva davvero conoscere la risposta, non voleva sentirsi dire che Simone era stufo di lui. Manuel non era pronto a confrontarsi con la realtà, non voleva fare i conti con quanto il suo cervello continuava a riproporgli ogni volta che si fermava a pensare, quello l'avrebbe reso tremendamente reale e lui non era certo di poterlo affrontare. Non dopo aver capito che non voleva perdere Simone. Sapeva di non poter ignorare Simone e la realtà per sempre ma sperava di poterlo fare ancora per un po'.
Matteo gli rivolse un piccolo sorriso intenerito e scosse la testa.
- "Simone nun riesce a starti lontano." Disse Matteo. "Ci sta provando, questo è ovvio, ma nun ce riuscirà." Aggiunse. "Ti vuole nella sua vita, credo non esista ar monno qualcosa che vuole di più, ma ha provato a fartelo capire così tante volte e tu hai sempre fatto finta de niente."
- "Io non ho fatto finta di niente." Si difese Manuel ma subito dopo piagnucolò e si arrese. "Vabbè sì, forse ho fatto finta de niente ma perché nun volevo complica' ulteriormente 'e cose tra di noi."
- "Manu se fossi stato chiaro fin dall'inizio, o almeno dopo un po', le cose non sarebbero state complicate." Disse Laura. "Hai voluto tu complicare tutto mentre ti convincevi fosse il contrario." Aggiunse. "Guarda adesso come stai, credi ne sia valsa la pena negare i tuoi sentimenti?"
Il più basso sospirò sconfitto e scosse la testa. No, decisamente non ne era valsa la pena.
- "Simone t'ha dato i tuoi spazi, i tuoi tempi, ha sempre cercato di giustificarti ma è arrivato ar punto de pensa che a te, di lui, non interessa nulla." Disse Matteo. "Ha provato più di 'na volta a chiederti cosa ci fosse tra di voi ma tu nun ne hai mai voluto saper' niente, era normale che a 'n certo punto lui capisse che non vuoi niente di serio con lui." Aggiunse. "Simone ha capito che per lui non provi niente."
- "Ma non è vero!" Esclamò Manuel deciso e, con la coda dell'occhio, vide Monica sorridere soddisfatta. "Io provo qualcosa per Simone!" Aggiunse. "E pure più de qualcosa." Continuò sottovoce.
- "E allora che aspetti a dirglielo?" Chiese Monica. "Simone ti ha chiesto solo onestà, glielo devi, no?"
- "Farà bene anche a te dirgli la verità." Disse Laura. "Altrimenti ti resterà sempre il dubbio di quello che sarebbe potuto essere."
- "Simo nun ne vuole più sape' niente di me." Rispose il maggiore e abbassò il capo, dimenticando quanto Matteo gli aveva detto solo poco prima. "È da 'na settimana che nun lo vedo e nun lo sento, non posso presentarmi da lui e pretendere che tutto torni come prima."
- "Non come prima, meglio di prima." Disse, sorridente, Laura che già li immaginava trascorrere insieme la loro vita felice.
- "Però c'hai ragione." Commentò Matteo. "Adesso Simone nun te darebbe ascolto, lo vedrebbe come 'n contentino." Disse. "Penserebbe tu non sia sincero e si arrabbierebbe, nun puoi anna' da lui e giurargli amore eterno."
- "E allora che cosa devo fare?" Domandò Manuel. "Lasciarlo andare via?"
- "Manuel." Lo chiamò Matteo con tono estremamente serio. "Simone non lo perderai perché per te prova qualcosa che nun ha mai provato pe' nessuno." Disse. "Lui è pazzo di te, te darebbe pure er sole se glielo chiedessi."
- "Di solito si chiede la luna, no?" Aggrottò la fronte Laura.
- "Ma per lui Simone punterebbe molto più in alto, farebbe di tutto per lui." Rispose Matteo. "Adesso però è confuso, nun sa quello che provi per lui e sta mettendo in dubbio pure quello che prova lui solo per difendersi." Continuò. "Ha bisogno che gli ricordi quello che lui prova e, dopo, fargli sapere quello che provi tu." Aggiunse. "Simone sarà per sempre tuo ma per riaverlo nella tua vita avrai bisogno di un piano." Disse. "Dovrai pensare ad un modo per ricordargli che lui non vuole perderti e dopo esse' felici insieme. Credi di poterlo fare?"

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