Epilogo.

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Roma era bella, lo era da sempre e probabilmente lo sarebbe stata per sempre, ne aveva passate tante eppure continuava ad essere incredibile. La città conservava sempre qualcosa di magico, anche le più piccole strade avevano un che di unico ed ogni passo era una nuova avventura, mai niente era scontato tra quelle strade e chiunque si trovasse a passare in quel posto non poteva che restarne affascinato. Roma era vita e di vite ne aveva viste passare parecchie, aveva visto tutti i cambiamenti che potevano succedere nell'arco di anni o anche di pochi giorni, aveva visto persone crollare in pochi secondi e anche rinascere dopo periodi bui. Nel corso dei secoli Roma aveva fatto da sfondo ad innumerevoli storie, alcune belle e altre decisamente meno, alla sua ombra era successo di tutto eppure ogni volta era sempre come la prima, ogni storia era a sé e Roma non avrebbe mai smesso di conservare i loro segreti.
Manuel aveva un legame viscerale con quella città, con la sua città, e lui stesso era stato più di una volta testimone di momenti di vita indelebili, aveva visto le vite di perfetti sconosciuti cambiare sotto i suoi occhi e non aveva potuto fare a meno di chiedersi cosa ne sarebbe stato di loro da quel momento in poi, si chiedeva se li avrebbe mai rivisti e in che vesti li avrebbe ritrovati. A Manuel capitava spesso di soffermarsi sulle persone che incrociava per strada e chiedersi che tipo di vita avessero, che persone fossero e se fossero o meno felici della loro quotidianità, se sognassero qualcosa di diverso e quali fossero quei desideri che non avevano il coraggio di confessare a nessuno. Il più delle volte il maggiore pensava fossero persone felici, studiava i piccoli dettagli e gli sembrava sempre loro avessero qualcosa che lui non avrebbe mai avuto, non conosceva nessuno di quelle persone che gli capitava di incrociare al semaforo o al supermercato eppure gli sembrava che tutti avessero una vita migliore della sua. Il ragazzo si perdeva a guardare la signora intenta a comprare la frutta o il gruppo di quei ragazzini che compravano gli alcolici e speravano nessuno gli chiedesse la carta d'identità perché non avrebbero saputo mentire, guardava anche il signore che borbottava al semaforo per la lentezza di quest'ultimo e in tutti loro vedeva ciò che lui non aveva più: un posto dove tornare, gli sembrava che tutti loro conoscessero bene ciò che il destino aveva in serbo per loro e non ne avessero paura, vedeva in tutti loro una tranquillità che lui non aveva e che temeva mai avrebbe avuto. A soli ventisei anni Manuel sentiva di non avere un posto dove andare, nessuno che lo aspettasse o che gli fosse accanto per aiutarlo a trovare la sua strada, gli sembrava di aver perso i suoi punti di riferimento e anche quei pochi che gli restavano gli sembravano terribilmente instabili, ogni giorno si svegliava con la paura di sentire nuovamente il terreno franargli sotto i piedi e invidiava terribilmente quelle persone di cui non conosceva niente e che gli sembravano più felici di quanto lui lo sarebbe mai stato. O almeno era quello che credeva.
Così come Roma, Manuel aveva assistito a decine e decine di storie di vita ma anche lui stesso ne aveva vissute, ne aveva vissute anche troppo per la sua giovane età e le sue spalle iniziavano a pesare a causa di tutto quel peso e senza nessuno con cui condividerlo. La vita di Manuel era tempestata di ricordi che avrebbe voluto dimenticare ma che, per sua sfortuna, non era mai riuscito ad eliminare dalla sua mente e si ripresentavano più spesso di quanto avrebbe voluto pronti a tormentarlo per colpe che non erano nemmeno le sue. Che colpe ne aveva lui se suo padre era scappato via non appena aveva saputo della gravidanza? Che colpe ne aveva lui se la famiglia di sua madre non lo desiderava? Che colpe ne aveva lui se lui e sua madre avevano vissuto un'intera vita di difficoltà e problemi? Lui aveva provato a fare del suo meglio, aveva provato ad aiutare sua madre come poteva ma non era mai stato abbastanza, sentiva il peso di errori che non erano dipesi da lui, sentiva di aver rovinato la vita di troppe persone per poter vivere serenamente la sua, gli sembrava di sentire su di lui gli sguardi colmi d'odio di persone che nemmeno conosceva e gli bruciavano come se si trovasse nel bel mezzo di un incendio e gli impedivano di viversi davvero tutto quanto di bello gli capitava. Manuel si sentiva in colpa anche per la morte di sua madre, credeva che se lui non fosse mai nato lei sarebbe ancora viva e, soprattutto, felice. Si guardava allo specchio e vedeva soltanto la rovina della vita della persona che più l'aveva amato al mondo, colei che gli aveva dato la vita e messo in secondo piano la sua soltanto per vederlo felice e Manuel sentiva di non aver mai fatto niente per renderla davvero orgogliosa di lui e, anche dopo la sua morte, ancora gli sembrava di non sapere che cosa fosse più giusto fare per ripagarla di tutti i sacrifici fatti per lui.
Il ragazzo aveva speso davvero tanto tempo a capire cosa potesse fare per rendere Anita fiera di lui, aveva provato a fare tante cose ma mai nessuna gli era sembrata quella giusta fino a quando un giorno, uno come tanti, aveva capito che la risposta l'aveva sempre avuta sotto gli occhi ma non era mai stato abbastanza attento per vederla. Doveva vivere. Per rendere felice sua madre doveva, semplicemente, vivere. Doveva fare ciò che a lei non era stato permesso fare, doveva vivere quella vita che lei gli aveva faticosamente donato ed essere felice, niente di più. Per un periodo gli era sembrato impossibile farlo, per quanto fosse la cosa più naturale al mondo a lui sembrava impossibile farlo, gli sembrava di non avere alcun motivo per farlo, che l'universo intero ce l'avesse con lui ma, ancora una volta, aveva capito di essersi sbagliato.
Quando meno se l'aspettava, quando intorno a lui vedeva soltanto buio, il destino aveva deciso di regalargli la luce più grande che ci fosse, qualcosa abbastanza forte da tenerlo ancorato alla vita. Aveva deciso di regalargli l'amore.
L'amore era entrato nella sua vita sotto forma di un ragazzo fin troppo alto, dai grandi occhi scuri e un sorriso in grado di illuminare tutto il mondo o, almeno, il mondo di Manuel. Non era stato facile per lui fidarsi di Simone, aveva rischiato più e più volte di rovinare tutto e senza l'aiuto di quelle poche persone su cui poteva contare l'avrebbe fatto davvero, avrebbe perso Simone e non se lo sarebbe mai perdonato. Simone era stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno e aveva avuto bisogno del suo tempo per accettarlo nella sua vita, aveva avuto bisogno di tempo per capire che anche lui meritava qualcosa di bello e che non faceva un torto a nessuno ad accettare di essere amato e ad amare. Simone era stato la sua occasione di vivere e di essere felice, era tutto ciò che gli era mancato nella sua vita e non aveva alcuna intenzione di lasciarlo andare.
All'ombra di Roma era nata anche la loro storia, si erano persi per poi ritrovarsi ancora e ancora, avevano costruito qualcosa che fosse tutto loro e lo stavano custodendo gelosamente, lo stavano curando nel miglior modo possibile e potevano dirsi soddisfatti dei risultati che stavano ottenendo. Erano felici e quello bastava ad entrambi, non potevano chiedere di meglio.

Sotto la pioggia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora