Capitolo 3

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3 Capitolo

POV di LIAM

Era lì, proprio davanti a me, e mi fissava con uno sguardo indecifrabile. Era a petto nudo, parte di esso coperto solo da un vistoso pettorale di pietre dure (hosckh, mi aveva detto si chiamasse) e un gonnellino di foggia triangolare con un'intelaiatura di giunchi. Sul capo portava l'uraeus, il diadema a forma di serpente tipico dei faraoni egizi. L'ureo era uno dei simboli esteriori della regalità e rappresentava anche la forza e la potenza del faraone, inoltre incuteva sottomissione ai sudditi. Posto sulla fronte del sovrano, svolgeva il suo compito di protettore sputando fiamme contro i nemici. Era da tempo che non lo vedevo acconciato a quel modo, precisamente dal nostro primo incontro.

Fremetti. Era bellissimo.

Stava lì a fissarmi sbalordito senza proferire parola: sicuramente non si aspettava di vedermi così presto, e di colpo fui assalito da mille sensi di colpa. Ai tempi mi sembrava la decisione giusta andarmene per attutire le sofferenze, ma adesso, guardandolo in tutto il suo splendore, mi accorsi di avere fatto un'enorme "cazzata". Non era servito a nulla scappare da lui, forse avevo solo peggiorato le cose e la nostra relazione era già complicata così com'era. Speravo almeno che non mi avesse dimenticato: io non lo avevo fatto nonostante tutto, ci tenevo troppo ma forse non lo avevo dimostrato in modo adeguato.

Da un lato fui grato che vedermi gli aveva fatto un certo effetto, sicuramente non si aspettava di vedermi in veste di divinità, a petto nudo come lui e con i ricci capelli biondi a contornarmi il viso che molti adoravano. Dall'altro lato ebbi un po' di paura di ciò che sarebbe potuto succedere, visto che la sua espressione cambiò radicalmente, passando dalla sorpresa all'arrabbiatura. Sapevo che stesse per esplodere, lo capivo dai suoi occhi erano lucidi e dai pugni che teneva stretti sui fianchi. Se avesse potuto scappare dal quel posto l'avrebbe fatto, ne ero certo.

Mi accorsi della tensione che si stava creando nell'aria e abbassai un po' il capo a terra, vergognandomi di me stesso, mentre lui chiudeva gli occhi come per trattenersi dal dire cose pesanti. In poche parole stava per scoppiare quella che gli umani chiamavano "litigata epica". Tutti ci fissavano, erano pronti a intervenire se le cose ci fossero sfuggite di mano ed erano anche curiosi, attendevano che qualcuno dei due dicesse la prima parola come se fossero al cinema.

Sapevo che dovevo essere io il primo a parlare, ma non ci riuscivo. Era come se le parole fossero bloccate dentro di me, come se avessi un macigno nel petto di cui, forse, non mi sarei mai liberato.

Sapevo che niente di quello che avrei potuto dire potesse scusare le mie azioni, semplicemente avevo sbagliato e lui aveva tutte le ragioni per mandarmi al quel paese e odiarmi, ma dopotutto noi eravamo così, il nostro amore era così: litigavamo e poi ci amavamo più di prima e anche questa volta avremmo risolto tutto, o almeno speravo.

<< Ragazzi mi fa piacere rivedervi tutti, mi siete mancati moltissimo, ma che ci fate qui? >> chiese con quelle labbra che avrei voluto assaggiare e sentire sul mio corpo, desideroso delle sue attenzioni da fin troppo tempo.

Rialzai lo sguardo dopo aver sentito la sua voce particolare ma così bella, come risvegliato da uno stato di trance. Aveva mostrato uno dei suoi sorrisi che a stento potevo resistere, e quegli occhi magnetici non erano da meno, mi rendevano inevitabilmente suo prigioniero: lui il mio faraone, io il suo schiavo. Ma che stavo dicendo? Per Zeus, io ero un Dio e non servivo proprio nessuno, ma dentro di me sapevo che non mi riferivo a quel tipo di schiavo. Io ero schiavo dell'amore che provavo per lui, e solo allora ricomposi i pezzi e mi accorsi di ciò che stavo realmente pensando: io lo amavo.

Avrei voluto respirare il suo profumo e stringerlo forte senza farlo scappare mai più, anche se ero stato io a scappare. Sicuramente lui mi avrebbe gettato addosso tutto quello che aveva a portato di mano, era il suo modo per sfogarsi e non gliene avrei fatto una colpa.

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