Capitolo II

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E anche la domenica mi è toccato svegliarmi con questo suono assordante. La prima cosa che feci fu controllare il mio telefono.
Sono le sette precise di mattina, la sveglia è ancora impostata per la mezz'ora dopo, ma l'ansia mi aveva già fatto svegliare. Afferrai il telefono e i miei occhi cadettero su una notifica. Il mio capo mi aveva scritto:"stai arrivando? Javon è già qui, stiamo aspettando te". Feci un'espressione stranita e risposi:"l'orario era per le otto, sarò lì massimo tra quaranta minuti" e mi alzai subito dal letto.
Lo sistemai, dopodiché mi diedi una sistemata al viso con i miei prodotti e mi vestii velocemente: indossai un maglioncino di lana beige, che mi teneva scoperte le spalle e dava bella vista alla mia collana di perle, un pantalone oversize di un blu notte fonda a vita bassa ed infine delle jordan, d'obbligo, che si abbinavano al colore del maglioncino.
Erano ormai le 7:33 quando finii la mia colazione e, di corsa, presi le chiavi della macchina ed andai a lavoro da sola. Mi assicurai di aver lasciato tutto in ordine, per poi uscire di casa e salire in macchina. Per il breve viaggio non feci altro che ascoltare canzoni di rap anni 90, le mie preferite.
Non appena mi ritrovai la grande struttura davanti ai miei occhi ed aguzzai meglio lo sguardo mentre parcheggiavo, la mia vista catturò anche il mio capo ed il ragazzo ai piedi dell'entrata. Mi diressi verso di loro con passo tranquillo ed il primo a rompere il ghiaccio fu Mike:"Giusto in tempo Allison, stavamo per entrare".
"Non credo di essere così tanto in ritardo se il nostro appuntamento era per le 8", gli risposi con tutta sincerità.
Fece un passo indietro:"Mentre ti aspettavamo, Javon mi ha parlato delle sue idee e vorrei che le esponesse anche a te dato che potresti essergli d'aiuto.", si voltò di spalle e si iniziò ad incamminare all'interno dell'edificio, "Vi lascerò da soli nell'area di progettazione e se avete bisogno, Allison sai chi chiamare". Mentre parlava lo seguimmo nel luogo da lui nominato.
"Tutto chiaro?", continuò ed io mi limitai ad annuire così come fece il ragazzo affiancato a me.
Ci lasciò soli e mentre mi sedetti ad un piccolo tavolo, gli feci cenno di accomodarsi.
"So che è un po' tosto all'inizio, ma te ne farai l'abitudine" lo tranquillizzai, facendomi sfuggire una piccola risata.
"Ma no, credo che sia meglio così", fece spallucce mentre si sedette di fronte a me. Appoggiò le mani incrociate l'una con l'altra sul tavolo e mi guardò iniziando poi a gesticolare:"Io sono molto conosciuto, non solo per essere un attore, ma ormai anche per essere un pugile di alta professione", lo ascoltai con molta attenzione, "e quello che volevo progettare era un nuovo paio di scarpe per la boxe". Spostai lo sguardo sulle sue mani per vagare nei miei pensieri, mentre continuavo ad ascoltare:"Mh, e sai già più o meno come vorresti il modello?".
Annuì:"Voglio che siano bianche".
Dalla scrivania affianco presi un foglio A4 da stampante e lo poggiai di fronte a me, iniziando a disegnare quella che è la struttura di una scarpa da boxe. Girai il foglio verso di lui ed iniziai a spiegargli:"La scarpa che vuoi realizzare è personalizzabile in svariati modi. Puoi cambiare colore a qualsiasi zona e costruirla con materiali classici, oppure materiali più complessi, ma comunque artificiali. Ma ti avviso che i materiali delle scarpe da boxe devono essere molto resistenti, e allo stesso tempo molto leggeri. Una scarpa leggera facilita i movimenti delle gambe e riduce l'affaticamento. Inoltre, un buon paio di scarpe da boxe deve avere un tessuto traspirante, infatti le scarpe da boxe di qualità sono realizzate in pelle con inserti traspiranti in tessuto, perché lascia uscire il sudore e l'umidità che si crea durante il combattimento. E questo permette di avere il piede sempre asciutto per un miglior comfort in allenamento e sul ring". Mi ascoltò con molta concentrazione e poi intervenì:"Se si può modificare la suola allora è meglio che sia di un altro colore, ma dato che, teoricamente, anche se la si fa di un colore differente non si vede, tanto vale rialzarla verso l'alto. Credi che si possa fare?".
"Certo che si, ci possiamo provare", incrociai le braccia, aspettando che continuasse a parlare.
Prese la matita in mano e mentre iniziò a calcare le sue idee, mi spiegò quello che stava facendo:"Voglio che in una parte la suola si rialzi verso l'alto e diventi più spessa, magari verso il centro. E voglio che sia di un colore acceso ma non troppo, un bel blu, come quello dei tuoi pantaloni.", rise un attimo dandomi un'occhiata mentre le mie guance si facevano man mano rosse, "Il logo potremmo metterlo dove sta lo spessore rialzato della suola, che dici? Il resto ovviamente tutto bianco".
"Sembri davvero pieno di idee e creatività, da quando sei arrivato non hai più smesso di parlare", risi poco poco, notando quanto fosse preparato.
"Potrei dire la stessa cosa di te sai?", arricciò le sopracciglia mentre posò la matita sul tavolo.
Piegai il foglio che avevamo utilizzato:"Certo, come no".
Intravidi per poco un suo sorriso. Poi si alzò e si incamminò intorno per ambientarsi alla stanza. Si avvicinò ad uno scaffale e guardò attentamente un modello finto di scarpa:"Posso?", mi chiese il permesso per prenderla. Dopo averglielo concesso, riprese:"Che genere di scarpa è questa? Sembra più leggera delle altre".
"È una scarpa modello di una Jordan 1. È più leggera perché appunto fa da modello, cioè che la utilizziamo per progettare ed immaginare le nostre idee prima di creare una scarpa. Che dici? ti piace?"
Ci giocò tra le mani delicatamente:"Le Jordan 1 sono quelle che preferisco di più. Anche alle Jordan 4, quelle sono troppo pesanti per i miei gusti", la riposò sullo scaffale, mentre continuava a fissarla.
"Come fai ad essere così esperto di scarpe?", la domanda mi uscì spontanea.
"Io ne vado pazzo.", si avvicinò per poi risedersi, "A casa ne sono pieno, soprattutto di Jordan, e le tratto meglio di chiunque altro.", gli scappò da ridere, "Sembra strano, ma ci tengo".
Feci spallucce:"Anche io ne sono piena e le amo più di me stessa, quindi ti posso capire"
"C'è chi mi credeva pazzo, per fortuna ci sei tu.", rise scuotendo la testa, "Qualche giorno ti farò vedere la mia collezione, ne rimarrai incantata".
"E poi si scoprirà che abbiamo le stesse scarpe", intervenni con un piccolo sorriso.
Alzò un dito:"Può essere, ma se appartengono a me sono più belle", poi fece un'espressione fiera.
Capivo la sua ironia e mi piaceva il suo carattere. Continuai a sorridere e mi alzai:"Certo mr. vanitoso. Ora il nostro turno è finito".
Si alzò anche lui e sistemò la sedia:"Il foglio?".
"Lo metto nel mio armadietto e per domani lo avremo già qui, in caso volessi modificare qualcosa. Dobbiamo sviluppare meglio la nostra bozza", dissi mentre uscii dalla stanza dirigendomi verso la zona del mio armadietto.
Mi seguì a passo veloce:"E quando credi che sarà pronta?", mi chiese standomi dietro.
Aprii il mio armadietto e ci posai custodito il foglio piegato:"Non l'abbiamo ancora iniziata, figurati, almeno qualche settimana", lo chiusi.
"Come è andata ragazzi?". La voce di Mike che si faceva sempre più vicina alle mie spalle, interruppe i nostri discorsi per chiedere informazioni.
"Apposto", risposi mentre mi voltai chiudendo l'armadietto e lo vidi affianco a Javon, "Adesso, se non vi dispiace, vado a casa". Mi allontanai da loro appena per poi girarmi per dare un saluto al ragazzo, prima di uscire completamente, il quale sembrava prima che volesse dirmi qualcosa, ma notando la distanza tra noi mi sorrise semplicemente e mi fece un dolce cenno col capo.

𝐓𝐡𝐞 𝐖𝐫𝐨𝐧𝐠 𝐖𝐚𝐲 | Javon WaltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora