Capitolo XII

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Avvisai mia madre che sarei stata dai Walton per cena e lei mi rispose:"Un giorno di questi sono curiosa di incontrarli; almeno Javon. Ormai a casa non ti ci vedo più" ed accompagnò il messaggio con una faccina che piangeva di risate. Non sarei stata sicura di averli fatti incontrare, mi era un po' difficile.

"Mi vado a fare una doccia", esclamò Javon non appena porse piede dentro casa. Risi quando lo vidi correre con tutta velocità su per le scale, per poi accomodarmi sul divano con Jayla.
"Jaden e Daelo?", domandai non vedendoli.
Alzò le spalle mettendosi comoda:"Saranno in palestra", prese un cuscino abbracciandolo casualmente ed afferrando, poi, il telecomando per accendere la televisione.
Mi girai un attimo verso la cucina e quando vidi Jessica e Dj che stavano apparecchiando la tavola non ci pensai due volte a chiedergli se avessero avuto bisogno di una mano:"Siete sicuri?", domandai preoccupata. Stavano facendo tutto loro e magari avrebbero pensato che io fossi una menefreghista e una nullafacente nello stare sul divano senza muovermi o preoccuparmi.
"Stai tranquilla Alli", mi tranquillizzò Jayla, che notò la mia preoccupazione. Mi girai verso di lei e le sorrisi:"D'accordo". Poi gettò via il telecomando insieme al cuscino e si girò verso di me:"Come lo hai conosciuto mio fratello?". Non mi sarei mai aspettata una domanda del genere, difatti non sapevo come iniziare:"Bhe, devo dire che è strano sentire questa domanda, ma ti racconterò. All'inizio Javon non mi andava a genio", mi sistemai meglio voltandomi anche io verso di lei. Presi una ciocca dei miei capelli e ci giocai per poco, per poi sistemarla dietro l'orecchio.
"Come mai?", mi chiese guardando i miei movimenti.
"Perché da quando si è aggiunto lui nel brand Jordan ho pensato che la mia carriera lavorativa fosse ormai rovinata. Quando ancora non ne faceva parte, ero io il membro più giovane. Poi quando è arrivato ho pensato al peggio, addirittura che mi volesse rubare il posto o l'icona", le spiegai gesticolando con le mani e guardando i suoi occhi chiari.
Socchiuse appena gli occhi giocando col suo labbro inferiore e mordicchiandolo appena:"Mh, e la litigata di cui parlavate al pranzo c'entrava con questo?".
"In un certo senso. E' stato il mio capo a provare di far litigare me e Javon: mi disse che lui non voleva più collaborare con me, che io ero inutile ora che c'era lui, dato che faceva incassare di più essendo più famoso di me. E così mi ha fatto credere che Javon avesse detto queste cose. Questo solo perché è un ingordo di soldi", girai il viso schifata solo a ripensarci.
"E perché non far collaborare te e lui insieme? Il prezzo non aumenta?", continuò a fare domande rimanendo attenta alle mie parole. Mi piaceva che a Jayla interessasse tutto quello che avevo da dire. Non si perdeva nulla di quello che dicevo.
"E' quello che mi chiedo anche io. Però io e Javon ce ne freghiamo e continuiamo a collaborare. Probabilmente far fare il progetto solo a Javon ne avrebbe alzato il valore, non saprei", alzai le spalle.
Javon aveva finito di farsi la doccia. La sua voce che rimbombava nelle scale si riconosceva subito:"Ho finito", si faceva più vicina. Mi voltai verso le scale: era a petto nudo, senza maglia, che si accarezzava i capelli bagnati a viso basso sistemandoli. Appena alzò il volto, i suoi occhi incrociarono i miei. Spostai lo sguardo verso Jayla. Era voltata anche lei verso di lui:"Non te li asciughi i capelli?", gli chiese quasi con tono di rimprovero.
"Fa troppo caldo per accendere l'asciugacapelli, si asciugheranno da soli", si avvicinò a noi e si sedette in mezzo, tra lo spazio che c'era tra me e Jayla.
"Con comodo eh", gli dissi allontanandomi appena, notando la tranquillità con cui si sedette.
Voltò il viso verso di me e mi guardò stranito:"Ti ricordo che è casa mia", si ripassò una mano fra il ciuffo.
"Per questo dovresti avere rispetto degli ospiti", alzai le mani all'aria a mo' d'innocente con un piccolo sorriso scherzoso. Poi si girò verso Jayla sentendola ridere:"Che ridi tu?", mise il broncio.
Lei si limitò a fare spallucce:"Ha ragione".
Dalla sala pranzo il tono della voce di Jessica arrivò a sentirsi fin qui per farsi ascoltare:"Javon, sistema le tue cose in camera e, mi raccomando, quello che è da lavare portalo nel cesto dei vestiti sporchi".
Si alzò subito ed andò a prendere le sue cose, rimaste davanti alla porta. Afferrò prima la borsa ed iniziò ad andare su. Vedendo quante cose ci fossero pensai di dargli una mano. Mi alzai anche io, ma Jayla intervenì subito:"Che stai facendo?".
"Gli do una mano. E non dire nulla, lo faccio con piacere", dissi sapendo che mi avrebbe detto di non preoccuparmi. Mi abbassai verso le cose di Javon per prendere i suoi guantoni e le sue fascette per le mani. Iniziai ad andare su e, non appena arrivai al corridoio, lo vidi da lontano, in bagno che sistemava i vestiti nel cesto. Feci qualche passo avvicinandomi a lui. Gli picchiettai la spalla e quando si girò per guardarmi ne rimase stupito della mia presenza.
Feci un piccolo sorriso spontaneo:"Dove metto questi?", gli chiesi. Sorrise anche lui e si voltò del tutto verso di me:"Non ce n'era bisogno".
"Dove li metto quindi?", lo ignorai.
"In camera mia, qui affianco.", me la indicò, "Vado a prendere le ultime cose e poi arrivo".
Annui ed entrai in camera sua: era carina, ma la prima cosa che i miei occhi colsero era la sua collezione di scarpe, quella di cui mi ha sempre parlato. Sorrisi nel vederla e mi avvicinai. Ogni scarpa era sistemata in un cassettino trasparente del porta scarpe. Sopra ad esso erano sistemati diversi cappelli, uno più bello dell'altro. Passai lentamente una mano ad accarezzare il porta scarpe; neanche un filo di polvere, si notava che se ne prendeva cura perfettamente.
"Ti piace?", sentii la sua voce alle mie spalle. Mi girai di colpo, spaventandomi appena:"Mi hai fatto prendere un colpo", risi poggiandomi una mano al cuore. Lui rise; era appoggiato alla porta con le braccia incrociate al petto nudo. Poggiò la sua medaglia su uno scaffale e poi si avvicinò, mettendosi affianco a me. Aprì un cassettino ed afferrò le scarpe che conteneva al suo interno. Spalancai gli occhi e ne rimasi incantata dalla bellezza: erano della dunk leopardate di un colore metallico che si alternava da giallo, arancione e verde.
"Queste sono tra le più belle in assoluto", me le porse, "Prendile".
Le afferrai delicatamente ed iniziai ad accarezzarne il tessuto morbidissimo:"Sono morbidissime", ammisi.
"La mia collezione è migliore della tua", disse ironicamente mentre riprese le scarpe dalle mie mani riporgendole nel cassetto. Mi iniziai ad incamminare per camera sua guardandomi intorno. Quando sulla sua scrivania vidi una macchina fotografica, inclinai il viso verso un lato rimanendone stupita. Lui che era già di fianco a me, la prese notando il mio sguardo su di essa:"Amo fare foto", sorrise guardandola fra le sue mani.
"Dici sul serio?", lo guardai.
Annuì:"Guarda tu stessa", si incamminò verso la finestra, mentre lo seguii. Si posizionò piegandosi leggermente con la schiena e chiuse un occhio per avere più visuale sul cielo. Guardarlo avere così tante passioni era magnifico. Sorrisi nel guardarlo; non era un ragazzo come tanti. Poi scattò la foto. La guardò per qualche istante e si sedette al bordo del suo letto:"Siediti pure", mi fece spazio. Mi sedetti al suo fianco delicatamente e sfiorai la sua mano per far girare la macchina fotografica verso di me. Guardai la foto che aveva scattato e oltre ad avere una qualità perfetta, l'inquadratura era magnifica. Poi alzai lo sguardo verso di lui e notai già che mi stava guardando. Volevo dirgli di quanto fosse bravo, ma i suoi occhi mi fecero perdere. Le stelle che aveva inquadrato nella foto riuscivo a vederle nei suoi occhi; splendevano, brillavano. Il mio cuore batteva, mentre lui non si fece indietro per spostare lo sguardo, ma continuò a fissarmi. Arrossii leggermente e sapevo si sarebbe notato, perciò gli tolsi gli occhi di dosso e girai il viso verso il basso. Intravedevo un suo sorriso, poi abbassò il viso anche lui per riguardare la foto che aveva scattato. Avvicinò le macchina fotografica a me, facendosi più vicino: sentivo le nostre spalle che si toccavano, e mentre cercavo di tenerla in mano, le nostre mani sembravano accarezzarsi. Premendo un piccolo tastino, mi mostrò alcune delle sue foto.
Un busso alla porta interruppe il nostro momento:"È arrivata la pizza", ci avvisò Jaden che sembrava anche lui uscito da poco dalla doccia. Javon si alzò in piedi, lasciando la macchina fotografica sul letto e mi fece cenno di andare, quindi tutti e tre insieme scendemmo. La tavola era ben apparecchiata: era avvolta da una bellissima tovaglia rossa ornata di decorazioni bianche e argentate.
"Io mi siedo vicino al piccoletto.", mi avvicinai a Daelo, "Vero?", gli accarezzai i capelli sorridendo e lui annuì, già seduto. Le pizze erano già in tavola, così ci sedemmo tutti incominciando a servirci. Presi una piccola fetta di margherita e notando che Daelo aveva un po' di difficoltà nel prendere la sua fetta lo aiutai a portare la pizza nel suo piatto:"Grazie Alli", mi guardò sorridendo e ricambiai il sorriso:"Di nulla". Ci demmo il buon appetito e insieme incominciammo a mangiare. Javon era seduto affianco al suo gemello, di fronte a me e Daelo. Quando ci sfuggiva di guardarci, rimanevamo per un po' a scambiarci lo sguardo, ma poi lo toglievamo entrambi facendo finta di nulla.

𝐓𝐡𝐞 𝐖𝐫𝐨𝐧𝐠 𝐖𝐚𝐲 | Javon WaltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora