Capitolo IX

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Dalla mia cameretta sentii suonare alla porta di casa.
Mi sistemai i capelli e dopodiché presi la mia borsetta. Feci un respiro profondo, mentre la stringevo fra le mie mani. Scesi le scale e mi fermai in mezzo al salotto aspettando che mia madre venisse verso di me.
"Ora arriva", disse come ultima parola, per poi socchiudere e allontanarsi dalla porta. Si avvicinò a me con passo lento e con un sorriso fiero stampato sul volto. Mi prese il viso con entrambe le mani e mi guardò con i suoi occhi chiari, lucenti e brillanti. Mi uscì un sorriso spontaneo e quando vide il mio viso felice alle sue parole non esitò a lasciarmi un bacio sulla fronte:"Si te stessa e non fargli permettere di manipolarti in questo modo, ok tesoro?", mi accarezzò con entrambi i pollici le mie guance, "Se tornerai a provare qualcosa per lui, cerca di innamorarti della sua parte sincera, non della sua parte del finto pentito".
"Grazie mamma", mi limitai a sussurrare.
Fece scendere le sue mani lungo le mie braccia fino ad afferrare le mie:"Vai, tesoro", mi lasciò un ultimo bacio sulla fronte per poi guardarmi uscire di casa.
Chiusi la porta alle mie spalle e James era proprio lì davanti che mi osservava: guardò il mio viso, poi percorse il mio corpo fissando il mio vestito aderente che mi risaltava le forme. "Sei bellissima come ogni giorno", sorrise sfiorando delicatamente una mia mano.
"Grazie". Quando i suoi occhi verdi, brillanti sotto le sue sopracciglia corrugate castane, cadettero su di me, vidi un lampo accendersi nel suo sguardo.
Tolse subito la mano dalla mia, non volendo andare di fretta e capendo di dover lasciarmi i miei spazi. Si mise lateralmente e piegò il braccio al fianco. Sorrise ed inarcò le sopracciglia guardandomi facendomi un piccolo cenno di capo. Guardai il suo braccio e sorrisi a mia volta. Attorcigliai il mio al suo e piano piano iniziammo a camminare verso la sua moto.
"Dove mi stai portando?", girai il viso verso di lui.
"È una sorpresa", disse semplicemente, mentre io ero impegnata a guardare i lineamenti del suo viso. Il mio cuore batteva. Riuscivo a sentire il suo profumo. Lui sapeva quanto mi faceva impazzire e se ne stava approfittando.
Lasciai la presa dal suo braccio e si mise il casco.
"Questo lo ricordi?", me ne porse un altro. Era il casco che usavo sempre quando andavo in giro con lui. "Certo che lo ricordo", ammisi. Sorrise e si avvicinò a me poggiandolo delicatamente sopra la mia testa ed allacciandolo adeguatamente. Mi guardò per un attimo negli occhi per poi salire sulla moto togliendone il cavalletto.
"Sali, forza", mi guardò.
Salii dietro di lui facendo attenzione e reggendomi con le mani poggiate nel retro del sedile.
"Sei sicura di non volerti tenere a me?", mi chiese prima di partire.
Annuii e lui fece spallucce, mettendo in moto. Partì lentamente e tutt'un tratto iniziò ad andare più veloce. La sua velocità mi prese di sprovvista, tanto che dovetti allacciarmi attorno al suo busto. Così riuscivo a sentire il suo respiro che si faceva sempre più profondo. Sapevo che gli avesse creato uno strano effetto, perché a me lo aveva fatto.
Guardavo altrove e mi risentivo come una volta. Come quando stavamo ancora insieme e i problemi erano gli ultimi dei nostri pensieri.
"Mi sei mancata", riuscii a sentire.
Non risposi, ma mi limitai a sorridere appena e a stringere la presa al suo busto. Non riuscivo a capire per bene dove mi stesse portando, ma capii che la zona era cambiata, eravamo usciti dal nostro paesino.
Ci fermammo al bordo di una staccionata. Parcheggiò perfettamente la moto e quando scese togliendosi il casco, poi lo tolse delicatamente anche a me.
"Ricordi questo posto?", mi chiese mentre lo slacciava. Me lo tolsi sentendo le sue mani sopra le mie che mi aiutavano. Mi guardai intorno e vidi il mare davanti a noi in lontananza. Poi sorrisi, ridendo leggermente:"Sì".
Era il luogo in cui ci eravamo dati il primo bacio. Era qui che, all'età di dodici anni, eravamo venuti con i nostri amici in estate. Tutto iniziò per colpa di un obbligo, poi però non lo diventò più.
"Quello è un ristorante?", indicai vicino al mare e lui annuì:"Lo hanno costruito qualche annetto fa", mi spiegò a parole semplici.

Eravamo di fronte al ristorante. Mi disse di aver prenotato un tavolo speciale ed in effetti era così. Ci sedemmo in un luogo appartato, che sembrava quasi avvolgerci in un altro mondo. Era tutto composto da vetrate affacciate sul mare. Non avevo parole per descrivere tale bellezza.
Il cameriere arrivò subito a nostra disposizione:"Vi posso portare qualcosa mentre decidete che cosa prendere?".
"Certo. Acqua e una lattina di the alla pesca", mi guardò. Si ricordava ancora che la mia bevanda preferita era il the. Ricordava anche che preferivo quello alla pesca che quello al limone. "Arrivano subito" e il cameriere andò via.
Prima di farmi sfuggire un sorriso davanti a lui girai il viso sulla vetrata alla mia sinistra:"Non avevo mai sentito parlare di questo ristorante".
"Non ci sei mai più venuta in questo posto?", mi guardò togliendosi la felpa a zip ed attorcigliandola alla sedia.
Scossi la testa facendo segno di no alla sua domanda e a lui sfuggì un sorriso.
"Che cosa prendi?", cambiai discorso.
"So cosa prendere per entrambi", mi stupì.
Sapevo che lui sapesse tutto quello che adoravo ed era un vantaggio per lui.
Il cameriere arrivò con una teiera d'acqua e la lattina di the, porgendoli sul tavolo:"Avete deciso anche cosa ordinare?", mi guardò.
Lo sguardo di James nei confronti del cameriere si fece più attento e decise di intervenire subito al posto mio:"Sì, due fritture di pesce miste". Il cameriere prese subito gli ordini nel suo blocchetto:"Desiderate altro?".
"No, grazie", rispose subito James.
Lo guardai ed intravedevo la sua gelosia nei confronti del povero ragazzo. Era rimasto lo stesso su questo ambito. È sempre stato così tanto geloso.
Dal taschino della felpa tirò fuori una sigaretta ed un accendino. Ne rimasi altamente stupita.
"Da quando hai iniziato a fumare?", lo guardai inclinando appena il viso.
"Da quando ci siamo lasciati", aprì la finestra che era proprio affianco a lui e si mise la sigaretta in bocca, coprendola con una mano per accenderla. Fece un tiro e riprese:"Non ho più visto niente come prima, nemmeno le promesse che ci eravamo fatti. Il mondo senza di te, per me era cambiato" e si liberò del fumo. Lo guardai triste, mentre giocavo con le mie mani. Non riuscivo a dire parola, ma non ce n'era bisogno, perché continuò lui a parlare:"Non avrei mai voluto perderti. Quella ragazza la conoscevo a malapena. Sei arrivata solo nel momento in cui mi prese il viso e mi baciò, non quando io mi tirai indietro e la scansai dalla mia vista".
Deglutii e il mio cuore riprese a battere fortemente, mentre sentivo che man mano il petto faceva male. Non era stata colpa sua.
"Avrei voluto che mi lasciassi del tempo per spiegarti ciò, ma tu, che non avevi visto tutto, avevi tutte le ragioni per tenermi lontano.", continuò, "Ma ora non importa.", fece un altro tiro ributtando subito via il fumo, "Voglio riprendermi la tua fiducia e soprattutto il tuo cuore", mi guardò. E quando finì la sigaretta la gettò via.
Non feci in tempo a dire nulla, che i piatti arrivarono. Guardai l'impiattamento, poi alzai il viso verso di lui:"Ne riparleremo, promesso.", feci un sorriso, "Questo piatto sembra davvero ottimo". Presi un gamberetto, assaggiandolo ed ansimando dal buon gusto. A lui scappò una risata. Ogni volta che provavo qualcosa di squisito facevo così e lui conosceva le mie abitudini.
"Non ridere", lo guardai male mentre lo colpii col fazzoletto.
"Ehi", arricciò le sopracciglia.
La serata stava andando perfettamente. Ogni cosa era perfetta e lui non era da meno. Ma in questo momento, con lui a cena, pensavo a Javon. Mi passò per la testa il pranzo che avevamo fatto assieme e quello di oggi. Ero in un momento di indecisione, ma a me non piaceva scegliere. Ero persa tra i miei pensieri perché io non avrei mai voluto far del male a nessuno.
Col passare del tempo, i nostri piatti erano ormai vuoti, se non pieni di scorze e resti immangiabili. Quando arrivò il conto, lui non esitò a pagare. E non appena uscimmo dal ristorante, mi portò a camminare sulla sabbia. Tremavo leggermente dal freddo e lui lo notò. Mi porse la sua giacca e me la poggiò con delicatezza sulle spalle, attorcigliandomi poi un braccio attorno.
"Era stato qui", iniziò a parlare.
"Sì, lo ricordo perfettamente", gli sorrisi accarezzandomi il braccio, cercando di calmare il gelo.
Mi guardò negli occhi e mi prese le mani. Fece un gran respiro e le accarezzerò dolcemente. Il mio sguardo ricadette per un attimo sulle sue labbra tremolanti, ma non capivo se dal freddo o dalla paura. Il suo viso si fece sempre più vicino e le sue labbra a forma di cuore si avvicinavano alle mie. Poggiò la fronte contro la mia e chiudemmo gli occhi entrambi. L'unica cosa che riuscivamo a sentire erano i nostri respiri che si mischiavano insieme. Sfiorò le mie labbra con le sue; si toccarono appena. Mi tirai indietro col viso e ancora con gli occhi chiusi. Li aprii lentamente e lo guardai negli occhi con sguardo quasi dispiaciuto.
"Non ti preoccupare, non devi per forza", poggiò una mano sulla mia guancia accarezzandola con dolcezza.

𝐓𝐡𝐞 𝐖𝐫𝐨𝐧𝐠 𝐖𝐚𝐲 | Javon WaltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora