Capitolo XV

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Questo fu il mio ultimo giorno di lavoro, perché poi sarebbe iniziata la scuola tra non molto. Con Mike non ci andavo più tanto d'accordo, ma bensì mi limitavo a chiedergli fatti esclusivamente dedicati al lavoro. Come stamattina, avevo pensato di fare un regalo a Javon, che ormai aveva finito di lavorare prima di me. Dato che il progetto delle scarpe era nostro, volevo regalargliene un paio. Gli chiesi a lui di spedirlo prima a casa mia, in modo tale che avessi avuto il tempo di impacchettarlo. Non mi sarebbero arrivate oggi, ma avrebbero impiegato qualche giorno dato che erano ancora in produzione e per prima cosa andavano messe in vendita nei negozi. Oggi a lavoro ho controllato la fine della realizzazione di almeno qualche centinaia di scarpe, che andavano dalle Jordan 1, addirittura alle nuove Jordan 5, dalle scarpe sportive, tra cui le nostre, a scarpe di moda. Controllavo bene i tessuti e che non ci fosse nulla di sbagliato nella cucitura. Ho fatto ciò dalle 8 in punto fino alle 12. Ma l'ora di pranzo non me la sono concessa lì, ma bensì a casa. Volevo passare del tempo anche con i miei genitori ultimamente, poiché non ero mai a casa. Però eravamo solo io e mia madre, dato che mio padre lavora la mattina fino alle 6/7 di sera, pranzando a lavoro. Insieme abbiamo mangiato qualcosa di leggero: insalata e carne bianca accompagnati da una fetta di pane. Abbiamo riso insieme e parlato del più e del meno: di com'era stato oggi a lavoro, ma soprattutto della scuola, che era il problema più vicino. Non appena finito, aiutai mia madre a sparecchiare la tavola e poi mi dedicai a lavare i piatti al posto suo, dato che anche lei poi andò a lavoro.

Rimasi da sola a casa e quando sentii il suono del campanello alla porta, poi ricordai: James sarebbe dovuto venire a quest'ora. Stamattina avevo controllato il telefono ed aveva risposto che sarebbe stato qui verso le tre. Quando andai ad aprire la porta e lo vidi non pensai altro che abbracciarlo. Abbracciarlo perché ero triste. Chiusi gli occhi e mi godetti quel momento in cui mi strinse dolcemente a sé e io lo strinsi a mia volta, con tanta forza. Lui percepì che qualcosa non andava, poiché non avevo mai fatto così. Lui mi conosceva bene.
"Che succede, angioletto?", mi richiamò in quel modo, mentre la sua mano andava ad affondarsi fra i miei capelli lunghi e lisci. Non risposi, ma come risposta mi limitai a stringerlo ancora più forte. Lui mi accarezzava dolcemente e stava attento a non fare passi sbagliati.
"Entriamo in casa e mi dici tutto, ok?", mi guardò, mentre alzai il viso per ricambiare lo sguardo ed annuire. Mi staccai dalla presa dal suo busto e mi spostai leggermente per farlo entrare e poi chiudere la porta alle sue spalle. Si rivoltò verso di me, si avvicinò cautamente e con delicatezza poggiò una mano sul mio viso. Iniziò ad accarezzarmi la guancia:"Che c'è?", mi chiese.
Non sapevo se realmente dirgli quello che provassi, quello che davvero sentivo; il vero motivo per cui stavo male. Ebbi un attimo di blocco a quella domanda, pensando a quello che invece sarebbe dovuta essere la risposta.
Mentre continuava a guardarmi la sua mano scese al mio mento, che mi alzarono il viso verso di lui. Disse qualcosa, ma ero persa nei pensieri.
"Non sto bene", mi limitai a dire, guardandolo con gli occhi quasi lucenti.
Lui senza pensarci mi abbracciò ancora, raccogliendo e circondando la mia testa fra le sue braccia. Riuscivo a sentire il suo profumo.
"È per un ragazzo", riuscii a dire.
A quelle parole si allontanò di qualche passo, reggendo sempre il mio viso tra le mani.
"È lui, vero?", il suo sguardo si fece sempre più attento.
Mi passarono i brividi per il corpo ed abbassai il viso. Lui mi prese le mani e mi guardò:"Sono venuto qui anche perché avevo qualcosa di importante da dirti", mi guardò con gli occhi tristi dopo aver sentito quello che avevo ammesso. Lo guardai negli occhi e deglutii:"Parlami", gli dissi.
Si avvicinò come prima e mi guardò sinceramente:"Volevo semplicemente dirti che mi manchi Allison. Abbiamo trascorso un bel po' di tempo insieme, abbiamo condiviso momenti speciali e ho imparato molto da te", iniziò ad accarezzarmi le mani, "Mi rendo conto che ci sono stati momenti difficili e incomprensioni tra di noi, ma credo fermamente che le relazioni richiedano impegno, comprensione reciproca e la volontà di lavorare insieme per superare gli ostacoli. Voglio che tu sappia che sono disposto a fare tutto il necessario per ricostruire qualcosa di speciale", poi le incrociò con le sue, "Mi piacerebbe avere l'opportunità di provare a far funzionare le cose meglio questa volta. So che potrebbe sembrare un po' azzardato ora come ora, ora che probabilmente provi certi sentimenti per qualcun altro, ma sono disposto a lavorare duramente per ricostruire la fiducia e l'intimità che potremmo aver perso lungo la strada. Ti chiedo solo di riflettere su ciò che ho detto e di considerare la possibilità di darmi un'altra opportunità. Non voglio forzare nulla, ma solo farti sapere che i miei sentimenti per te sono autentici", gli scese una lacrima, che iniziava a colare sulla sua guancia, "Spero che tu sia disposta a concedermela Allison".
Lo guardi negli occhi. Nell'ascoltare le sue parole, nel mio cuore si creò un vuoto. Una fitta che non mi permetteva quasi di respirare. Stava battendo forte e velocemente, ma non come una volta. Vederlo piangere mi distruggeva. Alla fine lo feci: mi avvicinai di scatto e afferrandogli il viso lo baciai. Gli strinsi le guance e premetti le nostre labbra così forte da non sentirle più. Sentii la sua guancia bagnata e col pollice gliela asciugai. Mi staccai dopo qualche secondo e lo guardai; lui fissò me. I suoi occhi brillavano sia per la gioia che per le lacrime. Si passò un dito sulle labbra per accarezzarle dopo aver sentito le mie:"Hai ancora il labello alla fragola?".
Risi alla sua domanda:"Sì, ne ho comprati diversi sai, gli anni passano".
Mi stava ancora fissando: i suoi occhi erano innamorati persi. Rise anche lui con me e si avvicinò per lasciarmi un altro dolce bacio. Attorcigliai le braccia attorno al suo collo e gli lasciai un bacetto sulla punta del nasino. Poi gli scompigliai il ciuffo morbido ridendo.
"Amo il tuo sorriso", rimanè incantato a guardarmi.

Passammo tutto il tempo a scherzare e a stuzzicarci. Era bello stare con lui, io stavo da dio, ma quando ripensavo a Javon il mio cuore si fermava per qualche istante, facendomi dimenticare tutto. Mi mancava, mi sarebbe mancato. Ci rimasi così male. Io non ci potevo far più nulla ormai, aveva scelto la sua strada.

𝐓𝐡𝐞 𝐖𝐫𝐨𝐧𝐠 𝐖𝐚𝐲 | Javon WaltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora