Capitolo XVI

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Arrivai a casa di Javon. Ero davanti alla porta che aspettavo qualcuno che mi venisse ad aprire. In mano reggevo la scatola impacchettata. Ieri, dopo che James se n'era andato, mi erano arrivate le scarpe. E adesso ero venuta qui per dargliele.
Non appena sentii la porta aprirsi in uno scatto, vidi la figura di Jessica davanti a me:"Allison", mi fece un grande sorriso e mi avvicinò a lei lasciandomi un tenero bacio sulla guancia, "Cosa ti porta qui?", guardò me e la scatola che reggevo.
"Avevo solamente questo da dare a Javon", le sorrisi. Mi fece subito spazio per entrare e aggiunse:"Javon è di sopra se vuoi andarci".
Feci un passo dentro e la ringraziai. Mi guardai un attimo intorno per vedere chi ci fosse. Non c'era nessuno, se non Jessica. Ma probabilmente i miei occhi stavano cercando quella ragazza, che non sembrava essere presente. Feci per salire le scale, quando mi sentii tirare indietro da una mano che mi afferrò la spalla.
"Non si saluta?", la voce di Jayla alle mie spalle mi fece girare di sobbalzo.
"Oddio Jayla, non ti avevo vista", risi mentre la attorcigliai in un dolce abbraccio poco duraturo.
Poi mi guardò stranita, abbassando lo sguardo sulla scatola:"Che cos'è?".
"È per Javon, nulla di che", alzai le spalle.
Ressi meglio la scatola e lei mi sorrise. In un attimo il suo tono si fece più dolce e tranquillo:"Vai", mi accarezzò il braccio. Non appena si allontanò, ripresi per la mia strada, salendo le scale con cautela e rimanendo attenta a non far cadere la scatola dalle mie mani. Più che altro dovevo stare attenta io a non inciampare, dato che quest'ultima copriva la visuale dei miei passi per ogni gradino. L'ultimo scalino era giunto e il corridoio mi si presentò davanti. La porta della camera di Javon, che si intravedeva in lontananza, era chiusa. Quando, ad un certo punto, sentii qualcosa che mi sfiorava le gambe , mi spaventai più di quanto pensassi. Cercai di guardare in basso per capire che cosa fosse: era Kissimmee, il gatto di Javon. Risi all'accaduto appena lo vidi e mi abbassai in ginocchio per accarezzarlo. Allungai la mia mano sulla sua testolina, facendogli le coccole, scendendo per il suo dorso e la coda lunga e morbida:"Furbacchiona", le parlai come se riuscisse a capirmi, mentre chiuse gli occhi e mi fece le fusa. Amavo gli animali, ogni volta che vedevo un cane o un gatto finiva che non andavo più avanti per la mia strada perché dovevo accarezzarli obbligatoriamente. Proprio come adesso.
"Ora però devo andare dal tuo padrone", le lasciai un'ultima carezza. Mi alzai, ma Kissimmee sembrava seguirmi ovunque. La lasciai fare e non appena arrivai davanti la porta di Javon, feci un respiro grande ed appoggiai una mano alla maniglia. Aprii la porta lentamente, affacciandomi prima per controllare che cosa stesse facendo. Appena sentì aprirsi la porta, girò il viso e mi vide subito. Era seduto sul suo divanetto personale, che affiancava il letto. Entrai sorridendogli e richiudendo la porta con delicatezza. Si alzò anche lui col sorriso stampato in volto:"Che ci fai qui?", si avvicinò.
Gli porsi il pacchetto:"È per te".
Lo guardò senza toccarlo, poi alzò lo sguardo su di me e mi sorrise ancora di più. Prese la scatola e si andò a sedere nuovamente sul divanetto, facendo segno di sedermi. Lo affiancai e mi girai verso di lui incrociando le gambe:"Ci tenevo che tu le avessi", gli diedi qualche indizio.
Mi guardò stranito, non capendo ed iniziò a scartare le carta attorno al pacchetto. Quando la tolse tutta, la stropicciò, la buttò nel cestino che aveva al suo fianco e non appena vide la scatola col segno Jordan, mi guardò. I suoi occhi gioivano di felicità ed era incredulo; non sapeva cosa dire.
"Non l'hai fatto davvero", non ci poteva credere.
Allungai una mano sulla scatola, alzandone il coperchio di cartone per rivelarne il contenuto:"E invece eccole qua, le nostre scarpe", gli sorrisi.
Nel silenzio più totale ci guardammo entrambi. Riuscivo addirittura a sentire i nostri cuori che battevano all'unisono. La mia mente però ripensava a ciò che avevo scoperto. I miei occhi mostravano quello che sentivo.
"Mi dispiace", mi disse lui semplicemente.
Lo guardai sorpresa senza dire nulla.
"Ti ho mentito. Ti ho nascosto tutto. Jayla mi ha raccontato di averti rivelato chi era realmente Scarlett.", sembrava dispiaciuto, "L'ho fatto perché..." si fermò. Sospirò profondamente:"Perché ero consapevole che con te era tutto diverso e non sapevo che fare".
"Javon", dissi. Ma mi bloccò nel continuare la mia frase.
"Aspetta", poggiò una mano sulla mia. La guardai accarezzarmi le dita delicatamente:"Mi sentivo in un momento di difficoltà con lei e tu riuscivi a farmi dimenticare tutto.", strinse la mandibola, "Ricordo ancora quel momento in cui ci siamo incontrati per la prima volta. Il mio cuore ha fatto un balzo e ho capito che c'era qualcosa di magico tra noi. Hai saputo donarmi una gioia e un calore che pensavo di aver perso per sempre. Quel momento è stato un punto di svolta nella mia vita e non smetterò mai di ringraziarti per avermi fatto sentire così speciale.
Quando stavo ormai perdendo la speranza nell'amore, sei arrivata tu, che hai risvegliato in me emozioni che credevo sepolte e mi hai fatto capire che il cuore ha la capacità di guarire e di amare ancora una volta", stava per continuare il suo discorso, ma la mia mano sulla sua prese il potere. Gliela strinsi e lo feci tacere.
"Javon, credo che ormai tu sappia che quello che provo io era identico a quello che provi tu. Ma abbiamo scelto entrambi le nostre strade ora: siamo occupati entrambi.", lo guardai dispiaciuta, "Mi dispiace, ma non si può fare ora come ora, lo sai anche tu".
"Si ed io lo capisco, perché sono stato un coglione. È stata colpa mia", abbassò il viso verso le scarpe, richiudendo la scatola. La guardò per un momento di silenzio. I suoi occhi sembravano persi ormai. La sua mano si mosse lentamente accarezzando la scatola dolcemente, mentre la riposò sul suo letto.
"Voglio solo che tu sappia che ti avrò sempre qui", si rivoltò appoggiandosi una mano sul petto, nella zona del cuore, "Per non rovinare nulla però: amici, Alli?", mi porse la mano.
Sorrisi, guardandogliela, per poi stringerla con più dolcezza possibile:"Amici Jav". I nostri toni balbettavano e i nostri occhi si catturavano a vicenda, guardandosi e chiedendosi "Perché?". Le nostre mani tremolanti si strinsero come i nostri cuori. Prese delicatamente la mia mano e la portò verso il suo cuore che esplodeva e continuava a battere senza fine:"Lo senti?", mi guardò con gli occhi che sembravano sull'orlo di lacrimare, "Continua a chiamare il tuo nome dal primo giorno".

𝐓𝐡𝐞 𝐖𝐫𝐨𝐧𝐠 𝐖𝐚𝐲 | Javon WaltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora