Capitolo 12 - "Lasciati andare"

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Tamburellai le nocche della mano destra sulla porta in legno massiccio e aspettai che Dylan venisse ad aprirmi.

Udii in lontananza il rumore dei suoi passi, che nel giro di pochi secondi, si fecero sempre più vicini.

La porta si aprì, lasciando intravedere il suo aspetto e per poco le gambe non cedettero.

Indossava un completo di colore blu scuro da cui si intravedeva una camicia bianca perfettamente abbottonata. Sui polsi della giacca vi erano quattro strisce d'oro e attorno al colletto della camicia, era legata una cravatta scura.

L'unica cosa che mancava era il cappello.

Mi accorsi che indossava ancora l'uniforme da pilota e dovevo ammettere a me stessa che questa lo rendeva ancora più attraente di quanto non fosse già.

Lo squadrai con attenzione, incapace di trovare un solo difetto in lui.

«Siamo in straordinario anticipo.» Sorrise, appoggiando una mano sullo stipite della porta.

La mia mente era completamente annebbiata. Dopo quella visione, il mio cervello aveva autonomamente deciso di smettere di funzionare.

«Te lo avevo detto che sarei arrivata presto», risposi con una tranquillità che in realtà non possedevo.

Ero un frullato di emozioni e l'unica cosa che volevo in quel momento era levargli la camicia.

Si sistemò il nodo della cravatta, allargandolo di poco. «Sono appena tornato da Chicago, non ho avuto tempo di cambiarmi» spiegò.

«Non ti preoccupare.»

Non volevo per nessuna ragione che togliesse l'uniforme, se non per il solo motivo di restare senza vestiti.

Dylan inchiodò i suoi occhi nei miei. Fece scorrere lo sguardo su ogni centimetro del mio corpo, soffermandosi qualche secondo in più sulla scollatura del petto.

Mi sentii avvampare.

«Wow.» Sospirò stupito.

«Sei bellissima», disse riportando i suoi occhi sul mio viso e per una frazione di secondo mi parve di sentire le farfalle allo stomaco. Mi auto convinsi che era solo una mia impressione, collegata al senso di fame che avevo per non aver fatto uno spuntino durante il pomeriggio.

Le mie labbra si incurvarono in un sorriso imbarazzato. «Grazie, anche tu.»

Avevo la sensazione che le mie guance fossero diventate dello stesso colore dell'abito e ogni parte di me sembrava andare a fuoco.

In quel momento mi dimenticai totalmente della telefonata del mio ex e decisi di volermi concentrare solo su Dylan.

Quella era la sua serata.

Si fece da parte per farmi entrare e subito dopo ci spostammo in cucina. In quel momento mi resi conto di non avergli ancora fatto gli auguri.

«Buon compleanno.» Feci un passo in avanti, avvicinandomi a lui.

Chinai leggermente il busto in avanti e premetti le mie labbra sulla sua guancia destra, lasciandogli un soffice bacio.

Grazie ai tacchi, ero quasi alta come lui e non ebbi la necessità di sollevarmi sulle punte dei piedi. Tuttavia, quelle non erano le scarpe più comode al mondo.

Mi discostai, anche se dentro di me il desiderio di sfiorare le sue labbra mi stava consumando. Non capivo cosa mi fosse preso quella sera. Mi sentivo una ragazzina in piena crisi ormonale e tutto quello che volevo era baciarlo.

Guardò prima me e poi la mia bocca. Provai un forte senso di soddisfazione nel constatare che voleva esattamente quello che volevo io.

Dylan si inumidì le labbra, senza staccare i suoi occhi dai miei. Eppure, nessuno dei due aveva il coraggio di fare il primo passo.

Un bacio tra le nuvole • |COMPLETA|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora