capitolo 9 - "Stai lontano da lei"

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Mi sentivo terribilmente scomoda, incapace di muovere un muscolo.

Non capivo come mai quella mattina il mio letto a due piazze fosse diventato così piccolo.

Provai ad allungare le gambe, ma non ci riuscii. Tentai allora di muovere il braccio destro, ma questo pareva essere incastrato sotto qualcosa di morbido, ma allo stesso tempo duro.

Quello non era il mio letto, bensì il divano!

Ancora in dormiveglia tentai di ricostruire i fatti della serata precedente.
Ricordai di aver chiesto a Dylan di portare la pizza, poi avevamo scelto un film ed evidentemente, date le circostanze, ci eravamo addormentati sul divano.

Mossi il bacino indietro, con il tentativo di mettermi comoda, quando ad un certo punto sentii una strana protuberanza andare in contatto con le mie natiche.

Spalancai gli occhi e la bocca, senza emettere nessun suono.

Con la coda dell'occhio vidi il viso Dylan incastrato nell'incavo del mio collo. Aveva la bocca socchiusa e stava ancora dormendo serenamente.

«Dylan», sussurrai il suo nome, mentre ero ancora voltata contro lo schienale del divano e gli davo le spalle.

Parve non sentirmi. Quando però, qualche attimo dopo sembrò dare qualche segno di vita.

Le sue braccia mi cinsero i fianchi, attirandomi ulteriormente a lui. I nostri corpi erano troppo vicini e se avesse continuato a spingermi contro di lui, saremmo diventati un tutt'uno.

La sporgenza fra le sue gambe si fece sempre più vicina e sentii il viso andare in fiamme. Provai a spingermi in avanti, per allontanarmi dal suo membro, ma la piccolezza del divano non me lo permise.

Ebbi la brillante idea di girarmi nella sua direzione, ma dopo averlo fatto non mi sembrò la scelta migliore.

Ora, mi trovavo a pochi centimetri dal suo viso e il cuore aveva iniziato a battere un po' più forte del normale. Cercai con tutte le mie forze di reprimere quelle sensazioni, perché sapevo che non avrebbero portato a nulla di buono. Eppure mi sentivo estremamente connessa a Dylan e anche se me lo fossi imposta, non sarei mai riuscita a stargli lontano.

Mi fermai ad osservarlo.
Dei ciuffi castani gli ricadevano intorno agli occhi e le sue labbra erano dolcemente schiuse.

Involontariamente, allungai una mano e gli accarezzai il viso dolcemente. La sua pelle risultò morbida al mio tocco.

Dormiva come un bambino.

«Dylan, svegliati», lo richiamai con tono soave.

Mi dispiaceva così tanto dover interrompere il suo sonno.

«Tra poco tornerà mio fratello», dissi nella speranza che mi sentisse.

Aprì lentamente gli occhi, per poi stropicciarli con la mano; fece un rumoroso sbadiglio e poi stiracchiò le braccia in avanti. Con questo gesto fece contrarre i bicipiti, sotto la maglietta, mettendoli in mostra.

«La smetti di urlare?», mi chiese con voce assonnata.

«Non sto urlando», ribattei sulla difensiva.

Eravamo ancora faccia a faccia, così, per dispetto lo spinsi giù dal divano.

Per giunta, mi ero anche impegnata a svegliarlo con dolcezza!

Cadde emettendo un tonfo e trascinando con sé la coperta di pile.

«Per quale motivo l'hai fatto?», domandò irritato.

Alzai le spalle, innocentemente. «Ti sta bene.»

Lo fissai con un atteggiamento di superiorità, mentre ero beatamente distesa e rannicchiata sul divano.

Un bacio tra le nuvole • |COMPLETA|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora