CAPITOLO 8

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NORA

Dicono che con il tempo il dolore si attenui fino a smettere di far male. Bugia.

Il tempo non guarisce le ferite, anzi il dolore diventa sempre più forte fino a quando inizi a sopportarlo e allora ti sembra di essere guarito, ma non è vero. Quella sensazione di vuoto rimane sempre lì e basta un profumo, una parola o un movimento per rievocare il dolore e ogni volta torna più intenso.

Dentro di me c'è un vuoto che niente e nessuno potrà mai colmare. Essere sola al mondo senza nessuno che si prenda cura di me o che mi ami è difficile. Sapere che lui potrebbe essere interessato a me, ma non esserne certo e lasciarlo andare perché quello che succede nella mia testa è già più intenso di quanto riesca a sopportare è difficile. La mia autostima in questo momento è sotto i piedi, e dopo tutto quello che è successo, che altro potevo aspettarmi? Niente. Non meritavo niente di meglio

Sono passati 363 giorni da quando ho visto Nate Diamond per l'ultima volta e non riesco a scordarmelo. Grace, Nelly e Lina vengono spesso a trovarmi e mi raccontano di lui, anche senza che lo chieda. Va avanti, è sempre più ricco e sta bene. Io invece sono in caduta libera e continuo a cadere senza mai arrivare da nessuna parte. Durante il giorno al bar faccio del mio meglio per non pensare e dopo il lavoro rimango a fare l'inventario per tenere la mente occupata, perché una volta entrata nel mio appartamento vengo sommersa da tutti i sentimenti contrastanti che mi porto sempre dietro e non c'è niente che possa fare per evitare alle lacrime di cominciare a scendere da sole.

Sto male e a volte non so nemmeno io il perché. Forse non è solo Nate Diamond, ma è anche per tutto quello che mi è successo. Mia madre non ha mai provato a chiamarmi e mio padre che sta per perdere la sua compagnia e da la colpa a me. Lui sta fallendo e da la colpa alla figlia che ha diseredato prima che questa potesse spiegarsi.

Il mio locale va da dio e se va tutto bene, tra poco avrò la licenza per tenere aperto anche di sera. I miei dipendenti sono fantastici e la cittadina è molto tranquilla e mi trovo bene qui.

Quando sono arrivata la mia fama mi aveva già preceduta e pensavano tutti che fossi una pazza assetata di soldi, ma poi hanno imparato a conoscermi e adesso va meglio. Durante il giorno rido e scherzo con loro, ma non esco mai, perché non sono pronta. Non so per cosa, ma non mi sento pronta.

Le ragazze ogni tanto vengono e dormono anche qui, ma non usciamo mai. Stiamo a casa con una bottiglia di vino a spettegolare.

Forse insisto tanto per la licenza serale perché ho bisogno di poter lavorare fino alle due di notte in modo da non essere mai sola. Sono entrata in un ciclo autodistruttivo da cui non riesco a uscire e da cui non credo di voler uscire, a dire il vero. Vado ad un ritmo alto perché se rallentassi avrei tempo ed energie per pensare. E non posso permettermelo. Se mi dovessi distrarre o concedere una piccola pausa potrei far fallire il locale. Corro tutto il giorno come una pazza e vado in palestra dopo il lavoro perché ho bisogno di essere sfinita quando entro in casa. Rimango solo con l'energia necessaria per farmi una doccia poi crollo nel letto.

Apro il locale alle sei come ogni mattina e inizio a prepararmi per le colazioni. Wendy, la mia cuoca è già davanti al locale quando arrivo. È una ragazza sveglia con una strana passione per gli unicorni, nonostante i suoi ventotto anni e con delle strane teorie su come il governo violi la nostra privacy, ma cucina bene e parla poco. A dire il vero non parla perché pensa che il governo ci spii tutto il tempo.

Entriamo nel locale e si mette subito a lavoro e poco dopo arrivano Callie e Maddison, le cameriere del turno mattutino. A colazione abbiamo sempre il pienone, ma in tre ce la caviamo bene, anche perché ci sono tanti clienti abituali e quindi prendere l'ordine non è nemmeno necessario con loro.

CHIAMAMI PER NOMEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora