CAPITOLO 1

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Guardo l'enorme specchio fissato alla parete della sala prove mentre il parquet sotto ai miei piedi scricchiola leggermente ad ogni mio movimento e prima di far partire la musica, premendo il tasto "play" sul telecomando, assumo la posizione iniziale per dare inizio alla coreografia a cui sto lavorando da giorni.
Lascio risuonare la musica nelle casse dello stereo, collegato precedentemente al mio cellulare e inizio a fare quello che più amo al mondo, ballare. Mi lascio guidare dal ritmo e dalla memoria, ripercorrendo mentalmente i passi e mettendoli in pratica subito dopo.
Mi muovo da desta a sinistra e viceversa, provo a riempire la maggior parte dello spazio che ho a disposizione con piroette e movimenti di gambe e braccia e quando arrivo a metà della canzone mi fermo. Ho il battito accelerato e respiro profondamente cercando di riprendere fiato e nel farlo mi siedo per terra, con la schiena poggiata al muro.
<<Diventi sempre più brava>>
Alzo lo sguardo voltandomi verso destra, mio padre ha appena fatto il suo ingresso nel mio habitat naturale e a piccoli passi avanza verso di me. Non appena mi raggiunge si piega sulle ginocchia, arrivando alla mia altezza.
<<Quando ho preso la decisione di riorganizzare questa stanza inutilizzata in una sala prove per te, credo proprio di aver fatto la scelta più giusta che potessi fare>>
Guardo i suoi occhi e dal modo in cui mi guarda riesco a percepire tutto l'orgoglio che prova per me.
<<Grazie papà>>
Mi limito a dire con un sorriso a trentadue denti per poi abbracciarlo calorosamente.
<<Come va con gli allenamenti?>>
Domando, staccandomi dall'abbraccio e alzandomi da terra, cosa che fa anche lui per poi mettersi di fronte a me.
<<Bene, i ragazzi stanno dando il tutto per tutto, ormai siamo vicini al traguardo, manca davvero poco>>
Mette le braccia conserte, assumendo così una posizione e un atteggiamento abbastanza seri, ogni volta che si parla di calcio e della sua squadra non lascia mai trasparire a pieno quello che prova, è una cosa che fa da sempre.
<<Contro chi sarà la prossima partita?>>
Non sono mai stata attratta dal calcio, certo ho assistito a diverse partite e mio padre ha sempre provato a farmi entrare un po' nell'ottica del gioco di squadra, ma a stento ricordo cosa sia un fuori gioco, il che la dice lunga.
<<Verona>>
<<È forte la squadra?>>
La mia domanda sembra disturbarlo per un attimo.
<<Tesoro, la forza non conta, una squadra può avere anche i calciatori più forti e bravi del mondo, ma se non si usa questo, non si va da nessuna parte>>
Alla parola "questo", picchietta un dito sulla mia testa in maniera delicata, poi fa un passo indietro.
<<Tu invece, come mai stai preparando questa coreografia?>>
Mi domanda curioso, mettendo nuovamente le braccia conserte.
<<In realtà la sto preparando per puro svago, era da tempo che non lavoravo su una coreografia solo ed esclusivamente per il gusto di farlo>>
Ammetto, sistemando i lembi del top nero che ricopre la parte alta del busto.
<<Va bene, ma mi raccomando, non stancarti troppo>>
Mi avvisa facendo qualche passo indietro, avvicinandosi sempre di più alla porta dalla quale è entrato.
<<Io torno dai ragazzi, dopo se vuoi raggiungimi>>
Detto ciò mi saluta per poi sparire dal mio campo visivo, chiudendosi la porta alle spalle.

Dopo un'oretta prendo la mia borsa piena di vestiti, asciugamani e altre cose utili per quando vengo qui a provare, la metto in spalla ed esco dalla sala chiudendo la porta a chiave.
In assenza di un vero e proprio spogliatoio, che non sia quello dei calciatori, mi reco in bagno e mi cambio, indosso i miei amati jeans blu e una semplice t-shirt bianca dalle maniche a tre quarti, abbinandoci sopra una felpa del medesimo colore dei pantaloni.
Prima di abbandonare la toilette, mi guardo un'ultima volta allo specchio e con l'eyeliner traccio una sottile linea sulla parte superiore delle ciglia e metto un velo di mascara, andando ad infoltire e ad allungare quei quattro peli che mi ritrovo.
Quando esco dal bagno, mi reco nella parte esterna dalla piccola struttura che ospita la sala prove e attraverso un vialetto asfaltato che porta direttamente al centro sportivo, dove mio padre allena i suoi amati ragazzi.
Apro il cancelletto che da sulla distesa verde contornata e tracciata da line bianche e non appena vedo papà nella zona della panchina a bordo campo, lo raggiungo.
<<Eccomi qui>>
Lo saluto nuovamente, poggiando la borsa a terra per poi catapultarmi sulla panchina in maniera per niente composta, sotto lo sguardo divertito di mio padre.
<<Dove sono i tuoi gioiellini?>>
Gli chiedo dandomi una sistemata e provando ad imitare la sua voce ogni qual volta parla del Napoli.
<<Negli spogliatoi, appena finiscono torniamo a casa>>
Risponde sedendosi accanto a me e poggiando i gomiti sulle cosce.
<<Stasera esci?>>
Mi domanda quest'ultimo, voltandosi nella mia direzione.
<<Non credo>>
Mi limito a dire mentre smanetto con il cellulare alla ricerca di qualche passo da inserire nella coreografia.
<<Perfetto, tieniti libera>>
Le sue parole catturano la mia attenzione.
<<Perché?>>
Ribatto, posando il telefono nella tasca esterna della borsa, concedendogli così tutta la mia attenzione.
<<Il presidente De Laurentiis ha organizzato una cena per parlare delle prossime partite e dell'eventuale scudetto, che matematicamente è già nostro>>
Abbasso per un attimo lo sguardo e lui continua il suo discorso.
<<Dobbiamo organizzare una grande festa allo stadio Diego Armando Maradona per l'occasione e Aurelio e suo figlio hanno già qualche idea in mente>>
Alzo gli occhi al cielo, il solo pensiero che dovrò sedere al tavolo con una quantità industriale di ragazzi non mi fa ragionare, non perché mi sentirei in imbarazzo, dopotutto li vedo quasi tutti i giorni, ma perché già so che la situazione bene o male sarà questa: loro parleranno di calcio, di schemi di gioco e forse di donne, io invece resterò seduta in un angolo accanto a mio padre, probabilmente a bere e a dire qualche parolina che nessuno ascolterà.
<<Devo proprio? Sai che non amo questo tipo di cose e che di fronte a certe situazioni divento più impacciata di non so cosa>>
Inizio a fare avanti e indietro,  sperando in una risposta decente.
<<A me farebbe piacere averti lì e poi i ragazzi li conosci, magari potresti approfittarne e farti dei nuovi amici>>
Le sue parole per un attimo mi fanno ribollire, so che mi dice queste cose per farmi aprire e per farmi avere una cerchia di amici, ma quando sei la figlia di un allenatore che ogni tot di anni si sposta da una parte all'altra del mondo per allenare squadre diverse, crearsi un gruppo o farsi degli amici da tenersi per il resto della vita diventa complicato.
<<Papà, apprezzo la tua premura, ma sappiamo già come andrà a finire>>
Prendo la borsa da terra e la rimetto sulla mia spalla.
<<Potresti almeno provarci>>
Mi guarda speranzoso, sta sicuramente provando a convincermi con il suo sguardo da cagnolino alla ricerca di attenzioni.
<<Provarci per cosa? Per ritrovarmi punto e a capo tra quanto? Uno o due anni?!>>
Nel dire queste parole alzo un po' la voce, ma appena me ne rendo conto abbasso il capo e mi scuso con lui. So che il ruolo del genitore non è mai facile e che nessuno ti insegna come essere un genitore perfetto, specialmente se il lavoro prevede continui spostamenti, ma lui dopotutto non mi ha mai fatto mancare niente e gli devo tanto.
<<Va bene, verrò>>
Non sono convinta nemmeno un po', ma vedere il sorriso che spunta sul suo volto non appena sente le mie parole, mi ripaga di tutta la voglia che non ho di andare a quella cena.



SPAZIO AUTRICE
Eccoci qui con una nuova storia🥰
Fatemi sapere cosa ve ne pare di questo capitolo e se volete il continuo 😉
(Chiedo scusa per eventuali errori)

PASSO A DUE - Giovanni Di LorenzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora