Capitolo 7

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Wax

Era passata precisamente una settimana da quando io e Piccolo G avevamo cominciato a buttar giù qualche idea per il sound del primo singolo. E ancora non avevo un testo. Per lo meno non completo. Trascorrevamo le mattinate in studio, destreggiandoci tra melodie e strumenti vari, mentre la sera cercavo prepotentemente di costringere me stesso a costruire almeno due frasi sensate e che in qualche modo potessero rimare fra loro. Ma pareva tutto inutile: era come se ogni parola uscisse in modo forzato, costretta a risultare perfetta. La verità è che non avevo nessuna voglia di scrivere, di scavarmi dentro e di creare qualcosa che poi sarebbe risultata banale e scontata. Avrei voluto tenere dentro di me tutto quello che sentivo, per proteggerlo, custodirlo e non lasciare che qualcuno si intromettesse.

Volevo un album intimo e profondo, ma la verità è che ero spaventato da ciò che avrei potuto scovare se mi fossi guardato dentro in quel momento. Avevo paura di trovare così tanta oscurità da esserne risucchiato. Che avrei fatto poi? Sarei rimasto lì, a guardare passivamente quel nero spazzare via i colori che avevo imparato a riconoscere. Quelli che Pino mi aveva mostrato.

Solitamente preferivo comporre da solo, nel silenzio di casa mia ma, da quando avevo riaperto il mio intimo studio non ero più riuscito ad entrarci. Il posto che avrebbe dovuto darmi pace, ora mi procurava tensione e una parte di me aveva persino pensato di sgomberare tutto e vendere gli strumenti che giacevano lì, ormai pieni di polvere. Ma non ero riuscito nemmeno a spostarli di un millimetro.

Per questo motivo, restavo generalmente negli studi dell'agenzia che rispetto a qualche anno fa, e con l'ascesa della secondogenita Mango, erano molto più moderni e tecnologici. Ma soprattutto molto più colorati. Quando cominciai a registrare le mie prime canzoni con la Records, i muri delle sale erano per lo più bianchi e grigi, che rendevano il tutto molto più neutro e in qualche modo elegante. Adesso invece, ogni stanza aveva un colore diverso: la hall era dipinta rigorosamente di blu acceso, l'ufficio di Angelina aveva sfumature di verde e bianco, mentre le tre nuove sale di registrazione erano state ridipinte rigorosamente e rispettivamente di rosso, giallo e arancione e adornate con frasi motivazionali ed imbarazzanti adesivi raffiguranti le note musicali. Più che un'agenzia discografica, quel posto pareva essere diventato un asilo nido o, meglio ancora, un circo.

Tuttavia, mi ci perdevo a leggere quelle frasette sulle pareti. Una di quelle, che si trovava nello studio tre, recitava: Fate musica, non la guerra, e ogni volta che la leggevo mi pareva sempre più stupida. Evidentemente, pensai, le piacevano le frasi fatte. Caratteristica che, se fosse risultata vera, non si sarebbe sposata per niente con la sua destrezza nel pianificare situazioni complesse e strane.

Erano ormai passate le dieci di sera e mi trovavo ancora in quella saletta color arancio a fissare i tasti del pianoforte. Pensai quanto fosse assurdo che tutto quel colore stonasse così tanto con la semplicità di quello strumento. Eppure in qualche modo, pareva l'oggetto più luminoso di quella stanza. Le mie dita si muovevano lente, incerte, nella vana speranza di poter trovare una melodia adatta per un testo che non esisteva. Ma da qualche parte dovevo pure iniziare: la base che Piccolo G aveva creato era spettacolare, aveva un andamento graduale e procedeva piano fino a modificarsi verso il bridge di chiusura. Era un mix di sfumature tristi e malinconiche con l'aggiunta di elementi cupi e, a tratti, tenebrosi. Non avevo mai usato una base del genere per le mie canzoni e fui grato al produttore di aver capito esattamente cosa volessi per quel nuovo concetto.

Mentre suonavo alcune melodie semplici al piano, ripetevo le stesse note con la voce, per capire se realmente potessero funzionare. Provai qualsiasi tipo di scala –dalla maggiore alla minore, ma non riuscivo a capire quale potesse essere quella più adatta a ciò che volevo esprimere. Perché la verità era che neanche io lo sapevo.

THE STAR-(LOVE) SYSTEM - Waxelina AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora