d u e. a n n i. d o p o.
Il bicchiere di Starbucks era ormai diventato tiepido nelle sue mani. Le dita tamburellavano nervose sulla superficie liscia e colorata, mentre procedeva veloce e a testa bassa, il volto coperto dagli occhiali da sole e un cappello a falda larga.
La musica rimbombava nelle sue orecchie, dandogli la forza di andare avanti e non crollare sfinito per terra, su quel marciapiede sporco e punteggiato di gomme da masticare. Era stanco, terribilmente stanco. Non dormiva da più di ventiquattro ore, e i suoi pensieri erano spezzati; andavano dall'immagine del soffice materasso che lo aspettava a casa ai rimproveri che lui stesso si rivolgeva di non incantarsi a camminare senza guardare dove stesse andando, cosa che gli aveva già fatto imboccare due vie sbagliate. Harry sentiva ogni singola fibra delle gambe tirare e bruciare, dandogli l'impressione che i muscoli volessero staccarglisi dalle ossa. Le spalle erano contratte, il petto gli faceva male. Era conciato malissimo, e le profonde e violacee occhiaie ne erano la prova.
Avrebbe potuto accasciarsi sul marciapiede e addormentarsi raggomitolato lì, sul duro asfalto. Ma doveva riuscire ad arrivare a casa.
Harry batté le palpebre e si rese conto che se non si fosse riscosso in tempo dal coma dei suoi pensieri avrebbe continuato a camminare meccanicamente, per finire travolto da una macchina che passava in quel momento.
- Vaffanculo - ringhiò, sull'orlo dell'isteria.
Il suo cuore batteva a mille; ci era mancato un soffio perché non venisse preso sotto dalla toyota. Si passò una mano tra i capelli, prendendo un respiro profondo e indietreggiando di qualche passo, reprimendo la voglia di mettersi a piangere come un bambino.
Puoi farcela.
Faticosamente Harry si costrinse a girarsi, per immettersi nella via. Ma, come d'ovvio, andò a sbattere contro qualcuno che teneva gli occhi bassi.
Un qualcuno di esile, la cui testa nera gli arrivava alle spalle.
Harry barcollò esageratamente; se non fosse stato in quelle condizioni penose, si sarebbe smosso appena. Ma quasi cadde, e si rimise in equilibrio per miracolo.
- Dio, scu- - E guarda dov- entrambi si fulminarono sul posto, mentre i loro sguardi si riconoscevano all'istante, ancora prima che i loro occhi realizzassero che il volto davanti a loro era conosciuto.
- Harry - Wynter. Era lei. Era cambiata. Era bellissima.
E non appena il suo nome uscì da quelle labbra ora piene e morbide, Harry avvertì una scossa elettrica attraversarlo da capo a piedi. La fissò con le labbra schiuse, stordito.
Era bella. I capelli erano più lunghi di due anni prima, il suo volto aveva perso le rotondità della prima adolescenza e i lineamenti erano più affilati, gli occhi sembravano più grandi, ed era diventata più alta di una spanna.
- Wynter - la raucetudine della voce di Harry non aveva nulla a che fare con la stanchezza, ora. Rimase immobile, mentre lei, come presa da un istinto che non poteva frenare, alzava la mano e il palmo e le dita della sua mano combaciavano con la guancia di Harry in una dolcissima carezza.
Harry si ritrovò a chiudere gli occhi, godendosi appieno quel contatto, dimenticandosi per un attimo dell'amore che era precedentemente riuscito a soffocare che ora gli stava corrodendo di nuovo il cuore, e della fatica e della voglia di mollare il proprio corpo lì, sulla strada.
Ma poi Harry riaprì gli occhi, e incrociò le iridi della ragazza, chiarissime e lucide.
Lui se n'era andato senza una spiegazione, senza una carezza, una parola dolce. Le aveva inviato solo un messaggio.
Mi dispiace. xx
E Harry vide l'odio in quelle iridi, l'odio verso ciò che aveva fatto, non verso di lui. Il senso di colpa si gonfiò a dismisura nella sua gola, mentre deglutiva.
La mano di Wynter era ancora lì, sulla sua guancia, e non avrebbe mai voluto che se ne andasse, si togliesse dalla sua pelle. Ma, invece, lo fece.
Harry aprì la bocca per dire qualcosa, ma lei gli dedicò un'ultima occhiata struggente e piena di dolore, e speranza allo stesso tempo, prima di sorpassarlo veloce, abbassando la testa e nascondendo il viso davanti ai capelli. Cercò di sfuggirgli, nascondendosi nella felpa nera di una taglia più grande e stringendosi nelle spalle, ma fu tutto inutile.
La mano di Harry si avvolse attorno al suo polso, e la tirò di nuovo indietro, verso il loro passato, verso di lui, verso la possibilità sprecata.
Wynter non oppose resistenza, rimase come congelata mentre le labbra di Harry si avventavano sulle sue, alla ricerca della vecchia intesa, del vecchio amore lacero da quei due maledetti anni. Ma ciò che trovò furono solo labbra fredde e immobili, che si lasciarono dominare passivamente.
O almeno, trovò questo per i primi istanti.
Poi, la mano di Wynter si abbatté sulla guancia che solo pochi secondi prima aveva accarezzato con così tanta nostalgia. E Harry trasalì, separando le loro labbra con un piccolo schiocco, ritrovandosi a barcollare mentre i deboli pugni di Wynter gli colpivano il torace, lo stomaco, la spalla.
- Ti odio fottutamente tanto, Harry Styles - sputò lei.
E dopo le loro labbra erano di nuovo incollate.
BOH.
sta storia è assurda, non ha il minimo senso logico ma okay. devo cancellarla?
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Dear Harry Styles
Fanficquando una ragazza scrive lettere e le posa sullo zerbino di Harry Styles. grazie a @lalla1D per la copertina. #102 in fanfiction.