Solo chi sogna può volare

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Eva

13 dicembre 2022

"Mamma, quando inizia, quando inizia?"
Non smetteva di domandarmelo, era come se quella gara gli importasse più delle altre, come se sentisse dentro di sé che sarebbe successo qualcosa di diverso.
"Tra cinque minuti amore, quando i giocatori sono nel tunnel vuol dire che manca poco"
Continuò a mangiare il suo riso con i piselli con naturalezza, mentre attendeva il fatidico momento. Nel pomeriggio ero stata impegnata con i consigli di classe, il piccolo si trovava dalla nostra amorevole vicina, con il suo nipotino che era andato a farle compagnia.
Non erano riusciti a cenare entro le 19:30, com'era nostro solito fare. Eravamo in ritardo di una mezz'ora, ma si poteva fare uno strappo alla regola ogni tanto, l'importante era avere una routine abbastanza solida per non turbare l'ordine che Paulino si era stabilito.
"Quante partite dovrà giocare ancora lo zio?"
Versai il porridge nella ciotola, ci poggiai in superficie un cubetto di cioccolato fondente e andai a sedermi accanto a lui.
"Se oggi la squadra vince, ci sarà la finale la prossima settimana, poi avranno finito"
Annuì silenziosamente e riportò lo sguardo sul televisore. Notai l'incertezza dei suoi gesti, come se volesse aggiungere qualcosa ma avesse paura di esprimersi, e quando stava finalmente per farlo l'inno argentino risuonò nello stadio, il suo momento preferito.
Cercò di cantarlo con il suo spagnolo primitivo, tentando di captare le poche parole che gli erano state insegnate, trasformando in mugugni tutto il resto.
Era adorabile vederlo, ogni volta i miei occhi si riempivano di lacrime.
Afferrai il cellulare per girare un video, quando intravide Paulo in panchina lo salutò con la manina, facendo sciogliere completamente il mio cuore.
"Mi manca" esclamò di punto in bianco.
"Sì piccolo, manca anche a me" e abbassai lo smartphone, rendendomi conto che l'attimo da immortalare si fosse concluso.
L'arbitro fischiò e il cronometro venne avviato. In quei novanta minuti si sarebbe scritto l'ennesimo capitolo della vita dell'uomo che aveva riempito la mia anima, iniziai a sudare freddo, sapevo quanto fosse importante e cosa significasse per lui.
"Oggi giocherà" disse.
"Vedremo, noi ci speriamo sempre"
"No, mamma. Non te lo sto chiedendo, io lo so, oggi zio giocherà"
Mi lasciò perplessa, in nessuna delle cinque gare precedenti si era mai sbilanciato. Non si era mai espresso al riguardo, in realtà.
Lì per lì pensai che si stesse semplicemente appassionando, man mano che passava il tempo. Infondo era sempre inchiodato sul divano a guardare il suo idolo, se il calcio non gli fosse andato a genio avrebbe mollato prima o poi, invece la sua costanza mi sorprendeva ogni volta.
M'interrogai a lungo se inviare il video a Paulo così com'era, o se fosse opportuno tagliare l'ultima parte.
Che io ci vedessi della malizia non poteva che essere un segno del mio non superamento di quello che era accaduto nelle ultime settimane. Avevo paura che sapendo che mi mancasse potesse fraintendere, o per di più accorgersi del mio costante pensiero nei suoi confronti.
Stavo cercando con tutte le mie forze di essere quella donna indipendente che aveva ritrovato dopo i fantomatici sei anni, ma la verità era che da quando faceva di nuovo parte della mia vita avevo completamente abbassato le difese.
Alla fine decisi di lasciarlo integro, senza censurare la spontaneità di mio figlio, né tantomeno la mia. Se avremmo avuto un po' di fortuna sarebbe riuscito a leggerlo nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo, auspicando di riuscire a dargli un po' di speranza.
L'enorme lavoro della Croazia per arrivare in semifinale era degno di nota, non era tra le favorite ma era riuscita a frasi spazio, e ciò rendeva il loro impegno ammirevole.
Confidavo nella furia Albiceleste, per spezzare il sogno dei croati a favore di quello degli argentini. Il fatto che una nazione si struggesse mentre un'altra festeggiasse mi faceva specie ogni volta, ma si trattava delle regole del gioco, e il vincitore non poteva che essere soltanto uno.
A metà del trentunesimo minuto Livacović uscì eccessivamente dalla porta e intralciò lo slancio di Alvarez, che cadde inevitabilmente. Era un fallo evidente, immediatamente riconosciuto dal nostro Orsato, che non esitò a chiamare il rigore per l'Argentina.
Mentre Lionel era sul dischetto provai l'irrefrenabile voglia di alzarmi nel tentativo di frenare le palpitazioni, ma cercai di contenermi. 
Lo spiazzò completamente, puntando in alto, verso la traversa.
Il mio bambino iniziò a saltellare euforico, nella sua bellissima maglia numero 21, con sù stampato il nome "Paulo", il loro nome.
"Hai visto come ha tirato forte, mamma? Wow! Sono così felice!"
Mi abbracciò così forte che mi sembrò quasi strano.
"Questa sera è magica" esclamò poi, facendomi venire i brividi.
E lo vidi strillare di gioia ancora e ancora, quando rispettivamente ai minuti trentasei e sessantanove Julian Alvarez segnò i gol del due e del tre a zero.
Cos'era successo nel frattempo: lo zio aveva risposto, con una foto dove sorrideva con il pollice in sù e un audio dove ci mandava un grande bacio.
Non aveva minimamente accennato al fatto che potessimo mancargli come lui mancava a noi, ma andava bene lo stesso, Paulino non ci aveva fatto caso, era troppo concentrato sulla gara per notare quei piccoli dettagli.
Poi accadde.
"Julian Alvarez, a soli 22 anni, è il giocatore più giovane dai tempi del Dio Pelé a segnare due gol in una semifinale del Mondiale. Lascia il campo con una standing ovation da parte della curva Albiceleste, e al suo posto entra Paulo Dybala, la Joya, nella sua prima apparizione in questa competizione"
Ero al cellulare con Anna in quel momento, le parole di Caressa e il sospiro di stupore di mio figlio attirarono la mia attenzione: "devo chiudere" le dissi, senza darle la possibilità di controbattere o capire il perché.
"Te lo avevo detto! Te lo avevo detto!"
Mi chinai sulla spalliera del divano e posai le mani sulle sue spalle.
"È entrato lo zio?"
"Sì mamma, finalmente"
Ero incredula ed euforica. Di fatto potevo soltanto immaginare quel che stesse provando, ma in realtà dentro di me sapevo esattamente come si sentisse: gli sudavano le mani, infatti se le strofinava compulsivamente mentre aspettava che l'arbitro gli desse il via, aveva il cuore a mille, le ginocchia quasi gli cedevano e non riusciva a sorridere. Sul volto dipinta quell'espressione seria, che per chi non lo conosceva significava concentrazione, ma in realtà voleva dire gioia immensa, che Paulo non aveva ancora imparato a gestire e dimostrare.
Per i ventuno minuti successivi, guarda caso lo stesso numero impresso sulla sua maglia, lo seguii con attenzione. Conoscevo bene il calcio, ma in quel momento non m'interessava, ero talmente tanto coinvolta che percepivo ogni sua singola emozione e brivido sulla pelle.
Al triplice fischio si portò le mani sulla faccia, e quando le tolse per fiondarsi in spogliatoio gli occhi gli erano diventati lucidi.
Guardò dritto in camera per un momento, e avvertii il suo sguardo su di me, come se stesse immaginando all'interno dell'obbiettivo quadrato quella scena: Paulino che correva sventolando la bandiera Argentina ed io che lo guardavo con fierezza.
Non passò molto tempo prima che ricevessi la sua richiesta di videochiamata tramite FaceTime.
Era stranamente da solo, e si copriva la bocca per lo stupore.
"Nena"
"Ciao mio esordiente" lo salutai.
Iniziò a piangere follemente, tentando invano di asciugarsi il volto ma fu impossibile, le lacrime sgorgavano veloci e prorompenti.
"Lui dov'è?" 
"in bagno, arriva subito"
"È fiero di me?"
"Tantissimo"
"E tu, sei fiera di me?"
L'angolo sinistro delle mie labbra si portò spontaneamente verso l'alto.
"Sì, lo sono"
Annuì ripetutamente, volendosi convincere che fosse la realtà e non qualcosa di fittizio che la sua mente stava producendo.
"Sei l'unica persona che posso chiamare quando sono in queste condizioni" esordì improvvisamente, facendomi corrugare la fronte.
"Perché?"
"Perché non riesco a mostrare i miei veri sentimenti a nessun altro che non sia tu"
Paulino arrivò prima che potessi essere in grado di dirgli qualcosa, salvandomi in un certo senso, perché non avrei saputo come rispondergli.
Improvvisamente era arrivata la conferma che aspettavo da tempo, e che cercavo di evitare il più possibile. Ma il suo cuore aveva parlato con così tanta genuinità che il mio aveva immediatamente scelto di smettere d'ignorarlo.
Nel pieno della notte, quando ancora non riuscivo ad abbandonare la seduta del sofà dove tutto era accaduto e sul quale mi ero rannicchiata con un plaid, mi costrinse ancora una volta a prendere delle decisioni che avrebbero totalmente cambiato il nostro ricordo di quel periodo.
Da Paulo ad Eva, 03:09:47 a.m.
"Non mi è sembrato il caso di dirlo prima davanti a lui, non volevo dargli false speranze"
Da Paulo ad Eva, 03:09:58 a.m.
"Ho bisogno delle persone che amo e che mi amano qui con me, per la finale"
Da Paulo ad Eva, 03:10:06 a.m.
"Vi andrebbe di venire?"

Passai innumerevoli minuti ad osservare lo smartphone ancora bloccato, mentre le sue notifiche apparivano sul display. 
Da Paulo ad Eva, 03:12:42 a.m.
"Ci metto un secondo a prenotarvi un volo, potrete stare in un bell'hotel, è tutto al sicuro e non ci sarebbero rischi"

Per mille motivi non ero convinta, poi mi diede il colpo di grazia, che mi rese irremovibile nei confronti della mia decisone:
Da Paulo ad Eva, 03:13:01 a.m.
"Potrete stare con la mia famiglia, sono lì anche loro"

Sprofondai al di sotto della piccola coperta con la quale cercavo di tenermi al caldo, nel tentativo di trovare le giuste parole per rifiutare la sua offerta.
Non avrei mai portato il mio bambino dall'altra parte del mondo, era ancora in una fase di stallo, la remissione era avvenuta da troppo poco affinché potessi stare tranquilla.
La sua famiglia poi, non avrei potuto affrontarla. Prima di un avvenimento del genere mi sarebbero servite almeno otto sedute di terapia.
Sapevo che prima o poi sarebbe successo, che volente o nolente stando vicini a Paulo ci saremmo ritrovati a dover stabilire nuovamente un legame, ma l'ansia che mi avrebbero creato le diverse situazioni messe insieme era in quel momento per me inaffrontabile.
Cercai di essere onesta con lui, ma non gli dissi proprio tutto quello che mi frullava per la testa:
Da Eva a Paulo, 03:33:33 a.m.
"Lo vorrei tanto, per il piccolo sarebbe un'esperienza incredibile, ma è ancora troppo fragile. Lo sai anche tu, la malattia potrebbe ripresentarsi, e potrebbero subentrare da un momento all'altro reazioni avverse alle terapie di mantenimento. Ho bisogno dei miei medici di fiducia che già ho faticato a trovare qui"
Da Eva a Paulo, 03:33:57 a.m.
"Scusami, non voglio deluderti"
Da Paulo ad Eva, 03:34:04 a.m.
"Lo capisco, non preoccuparti, non mi deludi mai"
Da Paulo ad Eva, 03:34:15 a.m.
"Come crederai che reagirà quando vedrà che Oriana c'è e voi no?"
Sospirai, non aveva tutti i torti, me lo avrebbe domandato.
Da Eva a Paulo, 03:34:43 a.m.
"Stai tranquillo, non si arrabbierebbe mai con te, ci penso io"

Él 2 ||Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora