Paulo, luglio 2023
Avevo imparato ad avere un atteggiamento più comprensivo nei suoi confronti. Affrontare con lei il percorso di psicoterapia mi aveva aiutato a comprendere più a fondo i suoi sentimenti, e liberarmi dai pregiudizi che mi ero imposto.
Lavorando su me stesso avevo imparato a misurare le emozioni che poter vivere finalmente una vita al suo fianco mi provocava.
Quella mattina mi svegliai presto, era arrivato il momento di accompagnare Dolores e Lautaro all'aeroporto. Quei cinque mesi in loro compagnia erano passati davvero in fretta, e mi costò caro doverli rispedire in Argentina, dove c'era l'altro pezzo della mia famiglia. Cercai di pensarci il meno possibile, per lo meno finché non sarebbe arrivato il fatidico momento.
Svegliai Eva, che ci teneva molto a salutarli. Probabilmente sarebbe stata quella che avrebbe sofferto di più quell'allontanamento, era stata una zia esemplare, capace di esserci nei momenti in cui sarei dovuto essere io ad aiutarli, ma mi capitava spesso di fallire.
Lei invece, lo faceva con una tale naturalezza, e riusciva a mettere sempre tutto al suo posto.
I nostri nipoti al contempo, perché ormai dopo tutto quello che avevamo vissuto non potevo più appellarli come solo miei, avevano contribuito nettamente alla nostra guarigione psicofisica, e ci avevano fatto provare la brezza dell'essere genitori di due adolescenti, cosa che volente o nolente prima o poi avremmo affrontato.
Si abbracciarono fortissimo, piansero tutti, non riuscivano a smettere di ringraziarla. Senza il suo supporto Lautaro non si sarebbe riscoperto, mentre Dolores avrebbe mollato e sarebbe ritornata indietro troppo presto, pentendosene amaramente. Eva era riuscita addirittura a convincere il suo fidanzato, di cui a stenti conoscevo il nome, a venire a trovarla e chiarire i malintesi, in modo da poterseli lasciare alle spalle e ricominciare ad essere felici.
Prima di uscire, le lasciai un bacio sulla fronte, e le asciugai una lacrima che sfuggì al suo occhio. La baciai anche sulla bocca, innumerevoli volte.
La amavo così tanto.
Il viaggio verso l'aeroporto fu molto silenzioso, accompagnato unicamente dai brani in riproduzione da una radio locale. Potevo sentire Dol singhiozzare di tanto in tanto, e Lau carezzarle una spalla per consolarla, nonostante fosse altrettanto provato.
Presi le loro valigie, stracolme di abiti e sogni nel cassetto, e gli accompagnai al bar per fare colazione. Davanti alla mia spremuta d'arancia ed i loro cappuccini, mi sentii in dovere di esprimere le emozioni che provavo in quel momento. Ero stanco di nascondermi dietro la parvenza dello zio apatico, quando in realtà il bene che provavo nei loro confronti era a dir poco spropositato.
"Sobrinos, io.." e a quel punto anche i miei di occhi diventarono lucidi.
"Tío" mi afferrò la mano lei, accennando un sorriso malinconico.
"Lo sapete che non sono bravo con le parole, ma vorrei sapeste che mi mancherete moltissimo. Siete una tra le cose più belle che la vita mi abbia dato, e vorrei ringraziarvi perché mi avete sempre accettato così come sono, incasinato. Grazie anche per aver dato tutto quell'amore ad Eva, che dal vostro punto di vista avreste potuto tranquillamente allontanare"
Tremavo, moltissimo, e non potevo nemmeno camuffarlo con il freddo perché eravamo in piena estate, e Roma è una città parecchio calda.
"Zio, sei tu che sopporti noi, non il contrario. Come potremmo non accettare il tuo casino, quando è stato proprio lui a salvarci dal baratro? Se non avessimo passato tutti questi mesi qui con te, io non avrei avuto alcuna formazione per poter intraprendere un lavoro, e a Lautaro non sarebbe mai passato il rancore nei tuoi confronti" disse Dolores.
"Non avrei mai capito che il calcio non è l'unica opzione disponibile, e che non sono un fallito se non seguo la tua strada" aggiunse il ragazzo, abbassando il tono della voce verso le ultime parole.
Lo afferrai per il collo, con le guance completamente umide.
"Non lo sei Lau, non lo sei. Sei un ragazzo spettacolare, e mi dispiace molto che tutti ti abbiano fatto credere che dovessi in qualche modo somigliarmi. Non devi, splendi autonomamente. Vorrei che il cognome che portate non pesi più come un macigno su di voi, per colpa mia"
Quella fu l'occasione per ammettere una buona volta il senso di colpa che provavo. Non avrei mai potuto dimenticare le parole accusatorie da parte di Gustavo, quando mi rimproverò di aver rovinato la vita ai suoi figli, e che dovessi trovare un modo per rimediare prima che fosse troppo tardi.
Mi crogiolai nell'idea di esserci riuscito, di aver cambiato il corso dei loro destini proiettandoli verso gioia e positività, anziché rabbia ed amarezza come sembrava molti mesi prima.
Senza troppa vergogna, li strinsi a me come quando erano dei bambini. Dolores si aggrappava ancora alla mia vita, Lautaro Invece era troppo alto per nascondersi nel mio petto.
Li guardai superare i controlli ed iniziare ad allontanarsi. Mi voltai, pronto a tornare a casa dalla mia donna ed il nostro piccolo, ma venni richiamato.
"Zio" urlò la giovane.
Corrugai la fronte, con un mezzo sorriso sulle labbra.
"Non lasciare Eva, mai. E se dovesse farlo lei, anche se non lo credo possibile, bloccale la strada e dille che dovrà passare sul tuo cadavere questa volta"
Le mostrai la dentatura, mi mandò un bacio, poi corse via richiamata dal fratello ed io ripresi i miei passi con serenità.
Le strade della capitale erano quasi deserte, la calda mattina era in procinto di iniziare, il cielo azzurro stava sovrastando l'alba, e decisi che non sarei potuto rincasare senza aver prima comprato a Paulino i suoi biscotti con la nutella preferiti.
Feci tappa in un bar che non mi sembrò troppo affollato, ovviamente i proprietari mi riconobbero e chiesero una foto, che gli concessi nonostante le occhiaie spaventose e le palpebra ancora gonfie per il sonno. Furono così gentili, mi parve il minimo. Gli autografai anche un paio di foto scattate allo stadio che tenevano appese ai muri.
Era la prima volta che un giocatore della Roma faceva tappa lì, mi dissero. Ne erano entusiasti.
Quando rientrai aprii piano la porta per non far rumore, ma con mia sorpresa trovai il piccolo seduto sul divano, il televisore era accesso e proiettava Masha e orso.
"Campione, che ci fai già in piedi?" gli domandai, andando immediatamente a scompigliargli i capelli.
Mi abbracciò, come tutte le mattine, e rispose che aveva sentito baccano dalla sua finestra perciò si era svegliato.
"Dov'è la mamma?" chiesi.
Storse la sua piccola boccuccia.
"Forse non dovrei dirtelo.." sussurrò.
"Ma come, certo che puoi dirmelo!"
Cercai di incitarlo, di farlo sentire al sicuro, ma la sua titubanza mi aveva stranito molto.
"Beh, la mamma è di là, sta piangendo"
Il labbro inferiore iniziò a tremargli, e gli occhietti gli si lucidarono.
"Okay. Sta' tranquillo, ci penso io"
Lo strinsi e gli baciai la testa, sperai si sentisse protetto.
Lasciai la busta con i biscotti lì sul divano, invitandolo a mangiarli, e mi diressi nella stanza degli ospiti, dove trovai Eva seduta sul letto che fino a poco prima aveva occupato mia nipote.
"Nena, qué pasa?"
Mi avvicinai.
"Perdonami, è un rilascio emotivo. I ragazzi non saranno più qui è questo mi rende malinconica, d'altra parte sono incredibilmente entusiasta di iniziare i preparativi per il rinnovo delle promesse, inoltre mi sono arrivate le mestruazioni il che mi rende instabile. Dovevo in qualche modo far uscire questa miscela di emozioni"
Si stese, posando la guancia sulle mie gambe. Si accovacciò e la coccolai, ingoiando il magone che l'ultima notizia mi aveva lasciato.
Da un paio di mesi avevamo deciso, dopo una lunga seduta dai nostri terapeuti, che avrebbe smesso di prendere la pillola. Volevamo un bambino, ci sembrava il momento giusto.
Sapevo non sarebbe arrivato subito, ma speravo accadesse comunque prima di quanto mi aspettassi. Eva era incredibilmente fertile, o per lo meno era ciò che pensavo date le sue esperienze passate, perché nel presente non avevamo effettuato alcun controllo che lo dimostrasse. Non era necessario, ci provavamo da troppo poco per doverci preoccupare.
Probabilmente lo aveva detto con quella naturalezza per farmi credere che non le importasse, che fosse tutto apposto, ma sapevo l'avesse provata tanto quanto aveva provato me.
Il matrimonio ci avrebbe distratto dal concepimento, provai a concentrarmi su quello e sul fatto che la mia Mami sarebbe arrivata la settimana prossima così da accompagnarci, insieme ad Anna, alla scelta dei nostri abiti.
Lo avremmo fatto insieme, nello stesso atelier. Delle superstizioni non ci era mai importato, e come la prima volta non ci saremmo separati in nessun caso. Avevamo bisogno di starci accanto in ogni momento, davanti ad ogni decisione, insicurezza, dubbio.
"Paulino si è e preoccupato, sta mangiando i biscotti guardando i cartoni con gli occhi lucidi"
Si coprì il volto con le mani, per poi esclamare: "Sono pessima!", seguito da uno sbuffo.
"Non lo sei, non è stata colpa tua se è cresciuto troppo in fretta, è stata quella bastarda della vita, o del destino, come piace dire a te"
La consolai ma sapevo non ce ne fosse bisogno, aveva impiegato molto tempo ma lo aveva superato. La sua fu una frase di circostanza.
"Aspetta, quali biscotti?" scattò in piedi, facendomi ridere.
"Smettila Paulo, lo vizi" aggiunse, rimproverandomi per finta.
"Lo farò anche con Nene número 2, cuando llegará. Stai serena mi amor, è ancora presto"
Le cinsi la vita, e le sue labbra finirono sulle mie.
"Sii sereno anche tu" concluse, prima di tornare dal suo bambino.
Sprizzò gioia cosicché potesse capire che andava tutto bene. Passò la mattinata a giocare con lui, a disegnare e leggere seppur con qualche difficoltà, perché a settembre avrebbe iniziato le elementari con un po' d'anticipo sulla tabella di marcia, e voleva si integrasse perfettamente con i nuovi compagni.
Erano splendidi da vedere insieme.
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Él 2 ||Paulo Dybala
FanfictionEva, 27 anni, insegnante di pianoforte e musica Paulo, 28 anni, nuovo giocatore della Roma Se ami qualcuno lascialo libero. Se torna da te, sarà per sempre tuo, altrimenti non lo è mai stato. -Richard Bach Sequel di: Él ||Paulo Dybala Link: https:...