Mi svegliai alle sei del mattino, con un bacio sulla fronte e Paulo che mi salutava.
Partiva per Cremona, in vista della sfida di martedì contro la squadra della città.
Gli augurai buon viaggio, e dopo pochi minuti sentii la porta del soggiorno chiudersi seguita del cancello esterno, che si trovava proprio sotto la nostra finestra.
Rotolai verso l'altro lato del letto, dove si avvertiva ancora il calore del suo corpo, e le lenzuola erano impregnate del suo odore. Provai a riaddormentarmi, nella speranza di riuscire a recuperare quell'ora di sonno in attesa che la sveglia suonasse, ma non ci riuscii.
Ripensai a quello che mi aveva detto prima di uscire: "Quando sono andato da Paulino mi ha sussurrato in dormiveglia: Ci vediamo mercoledì, papà". Avevo sorriso così tanto che sentivo le guance farmi male.
Nei giorni antecedenti avevamo trovato la forza di affrontare il discorso con lui, e avevamo scelto di farlo in un momento normalmente gioioso che lo facesse sentire al sicuro: il ritorno da scuola verso casa.
Eravamo andati a prenderlo insieme, cosa che succedeva davvero raramente dati gli impegni di entrambi, ma quel pomeriggio eravamo riusciti a coordinarci.
Il piccolo era seduto al centro dei sedili posteriori, e alla radio c'era la sua canzone preferita di Sanremo: 'Cenere' di Lazza. L'atmosfera creatasi era perfetta.
"Campione, che ne pensi di come ci siamo organizzati con la mamma? Ti piace vivere in villa?" esordì Paulo, dopo aver ricevuto uno sguardo d'approvazione da parte mia.
"Un sacco, c'è tanto spazio, e mi piace giocare con Kaia e Bowen" rispose.
"Ma quando torniamo a casa nostra? I lavori sono finiti?" aggiunse subito dopo.
Siccome non potemmo dirgli che avevo bisogno di una mano durante la guarigione, ci eravamo inventati che nell'assemblea condominiale si era deciso per la ristrutturazione del palazzo, e che dunque non ci avremmo abitato per un po'.
"Sì amore, ma io e Paulo abbiamo pensato che sarebbe bello vivere tutti insieme d'ora in avanti, a casa sua"
Non ebbe nessuna reazione, annuì e stette in silenzio.
"Ti sembra una buona idea?" chiesi, per stimolarlo ad esprimere la sua opinione.
"Sì, ma dobbiamo andare a prendere i miei giochi, e il tuo pianoforte. Mi piaceva tanto quando suonavamo insieme"
Gli accordi erano che sarei stata io a dirgli della nostra relazione, ero pur sempre sua madre, ma non avevo idea di come farlo.
Avevo necessità di far presente a Dybala la mia difficoltà, perciò con la bocca mimai un 'aiutami', e prontamente afferrò la mia mano, portandola insieme alla sua sul cambio.
"Niño, prima che io e la tua mamma ci rincontrassimo dopo tanto tempo lei era da sola, lo sai vero?"
"C'era la zia Anna" ribatté, facendomi sorridere.
Non gli sfuggiva nulla.
"È vero, c'era la zia Anna, ma nessuno zio. Mi sbaglio?" continuò lui.
"Hai ragione, tu sei stato il primo"
Venne il mio turno: "ecco, lo zio Paulo adesso non è più il tuo zio"
Mi venne voglia di sbattermi una mano in faccia, rendendomi conto di aver sbagliato i modi. Come pretendevo potesse capirlo se la stavo rendendo ancor più difficile di quanto già non fosse?
"Zio Paulo ci lascia?" domandò preoccupato.
"No, Paulino. Non vi lascio"
"E allora perché non puoi essere il mio zio?"
"Perché io e la tua mamma ci siamo fidanzati, e le ho chiesto di sposarmi"
Ci fu un silenzio assordante per un paio di minuti.
Non gli avremmo detto che eravamo già uniti in matrimonio, lo avrebbe saputo più avanti, quando sarebbe stato abbastanza grande e maturo da capire cosa ci era successo.
"Mamma, gli hai risposto di sì?"
Mi emozionai.
"Certo, amore. Certo che gli ho risposto di sì"
"Allora adesso sei il mio papà? Posso chiamarti così?"
Io e Paulo ci guardammo, entrambi con le lacrime agli occhi, e ci stringemmo forte le mani, che erano ancora l'una sull'altra.
"Non è il tuo papà biologico, ma è il papà che ti sta crescendo. Puoi chiamarlo come preferisci" lo informai.
Mi si era riempito il cuore quando il numero ventuno mi aveva comunicato che aveva già iniziato a rivolgersi a lui in quel modo. Avevamo compiuto l'ennesimo piccolo passo, ed era un traguardo enorme.
Mi alzai con riluttanza, quando mi resi conto che avevo rimandato la sveglia per la seconda volta e sarei stata troppo in ritardo. Quella mattina tornavo a lavoro, ma prima mi ero offerta di accompagnare Dolores al suo corso, ed ovviamente Paulino alla scuola dell'infanzia.
Dopo aver svegliato il piccolo, mi diressi nella stanza di Dol, della quale però non c'era traccia. La trovai in cucina, con una tazza di cappuccino tra le mani.
"Buongiorno Eva" sorrise.
"Buongiorno, come mai già in piedi?"
Mi diressi verso la macchinetta del caffè.
"Lautaro è rientrato poco prima che zio se ne andasse, gli ho sentiti litigare, poi lui è venuto a sfogarsi con me. Ora dorme beato, mentre io non ci sono più riuscita"
Controllai il telefono, c'erano diversi messaggi:
Da Paulo ad Eva, 06:37:04 a.m.
"Chiamami quando hai l'ora buca"
Da Paulo ad Eva, 06:38:32 a.m.
"Lau sostiene che lo sto trattando di merda"
Da Paulo ad Eva, 06:38:57 a.m.
"Se riesci parlagli, per favore"
Sospirai.
"Ti ho lasciato la schiuma del latte, per macchiare il caffè" disse la ragazza.
Era un gesto così dolce da parte sua.
"Grazie, sei davvero gentile"
"Cosa sta succedendo a Lautaro? Cosa stiamo sbagliando?" le chiesi.
Dissi 'stiamo' per rendermi partecipe, ma in realtà lasciavo che fosse Paulo a prendere le decisioni, io mi limitato a consigliarlo e al massimo ad eseguire i suoi ordini. Non mi sarei mai permessa di entrare nella vita privata della sua famiglia, soprattutto dopo così tanti anni nei quali non avevo avuto a che fare con loro.
"Si sente perso, non sa cosa fare della sua vita. Voleva sfondare nel calcio ma non ce l'ha fatta, ed è arrabbiato perché secondo lui lo zio non ha fatto abbastanza"
Annuii, e non aggiunsi altro.
Paulino ci raggiunse, perciò dovetti concentrarmi su di lui. Ebbi un po' di tregua quando lo lasciai davanti ai cartoni, cosicché potessi pulire il piano cottura e sparecchiare la tavola.
"Dopodomani è il vostro anniversario" ricordò Dolores.
"Sì, il primo in cui di fatto stiamo insieme insieme"
"Farete qualcosa?"
Non ne avevamo parlato. Paulo sarebbe ripartito in nottata subito dopo il match, quindi avrebbe passato la mattina a dormire, com'era giusto che fosse, e non conoscevo i suoi piani per la serata.
"Non ne ho idea, non ci abbiamo pensato"
"Beh, se voleste uscire potrei tenere io il bambino. Ci divertiamo molto insieme"
La ringraziai, per la costante premura che dimostrava nei nostri confronti.
"Hai da fare questo pomeriggio?" domandò poi.
"Mi pare di no"
"Ti andrebbe di venire a fare shopping con me? E chiacchierare un po'?"
Capii dal tono della sua voce che volesse sfogarsi, e che non potesse farlo né con suo fratello né tantomeno con suo zio.
"Certo, volentieri"
Avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarla a sentirsi meglio.
Mai come quel giorno fui perfettamente puntuale, alle nove ero già nei corrodi, e dopo dieci minuti varcai la soglia dell'aula.
I ragazzi mi applaudirono, e avevano preparato una torta di bentornato. Erano stati strepitosi, nel tempo passato a casa avevo ricevuto spesso mazzi di fiori e cartoline da parte loro, dove mi veniva augurato un pronto recupero.
Erano tutti in piedi, per me. Dal primo banco indicavano la lavagna alle mie spalle, e quando mi voltai mi accorsi che ci avevano scritto sù una frase:
"Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l'ignoranza in cui l'avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi Signori, davanti a una Donna.
- William Shakespeare"
Sulla porta comparve il corpo docenti, e mi emozionò il sostegno che ogni singola persona lì dentro mi stesse dimostrando.
Reputai la mia storia importante per la sensibilizzazione sulla violenza nei confronti delle donne, e sapevo che ognuno dei ragazzi della scuola, dal giorno in cui era stata appresa la notizia, avrebbe avuto una percezione diversa della società in cui vivevamo.
"Spero che ciò che mi è accaduto sia valso da lezione, non alle ragazze ma ai maschietti. In questo periodo non vi ho insegnato nulla riguardo alla musica, ma spero di avervi stimolato a riflettere su una nuova prospettiva di vita" furono le uniche cose che riuscii a dire, poi pregai tutti di ritornare alla normalità.
Il lavoro era stato una tra le cose che mi era mancata di più. Imparavo moltissimo dai miei alunni, erano la mia fonte d'ispirazione primaria.
Quando rincasai trovai Lautaro seduto sul divano con un piatto di pasta. Per quel giorno, a pranzo, saremmo stati soltanto noi due.
"Ciao" lo salutai.
Mi salutò a sua volta.
"Hai cucinato tu?"
"Sì, ce n'è anche per te, e per gli altri quando rientreranno"
Mi liberai dei tacchi e del cappotto, poi sbirciai dentro la pentola posizionata ancora sui fornelli, e riempii un piatto anche per me.
"Cosa guardi?" domandai, mentre mi sedevo accanto a lui.
"La replica di XXL andato in onda ieri"
Si riferiva al programma domenicale di SportMediaset.
"Voi Dybala siete proprio ossessionati dal calcio, eh?"
Il mio era un tentativo di farlo ridere, ma lo infastidì.
"Il calcio è tutta la nostra vita"
La sua affermazione venne seguita da un silenzio tombale. Lo ruppi chiedendo: "cosa è successo con Paulo questa mattina?"
Non lo avevo chiamato nell'ora buca, e non lo avrei fatto prima di aver avuto l'opportunità di parlarne con Lau.
"Ci hai sentiti?"
Annuii, anche se non era vero. Mi trovavo in uno stato di sonno profondo, e se il numero ventuno non mi avesse toccata non mi sarei mai svegliata.
"Ieri sera ero in discoteca, lo sai, e ci sono stato fino alle cinque e mezza de la madrugada. Ovviamente lo zio mi ha urlato contro che non combino mai niente di buono, e che anche se sono più che maggiorenne i miei genitori ci hanno affidati a lui perché si fidano, quindi non posso tornare a casa all'ora che mi pare"
"E tu che ne pensi?"
Avrei potuti giudicarlo, o dirgli semplicemente che Paulo avesse ragione, perché di fatto era quello che pensavo, ma avrei ottenuto il risultato opposto a quello che desideravo. Si sarebbe chiuso, e sarebbe diventato ostile. A quel punto nessuno avrebbe potuto aiutarlo.
"Che è stato il primo a sbagliare con me, quindi non ha il diritto di dirmi cosa devo o non devo fare della mia vita. E poi mi sembra che anche voi abbiate combinato dei bei casini, no?"
"Sì, hai ragione. Ma oltre ad averli combinati ne abbiamo pagato le conseguenze, devi tenere a mente anche questo"
Finalmente spostò lo sguardo dallo schermo della tv, e lo rivolse a me.
"Cosa ti fa arrabbiare tanto? Il fatto che tuo zio non sia stato in grado di crearti una carriera solida nel suo mondo?"
Annuì, abbassando il capo.
"Lui ha vinto il Mondiale, e in squadra c'erano dei miei coetanei, mentre io sono seduto qui a piangermi addosso. È questo che mi manda fuori di testa"
Afferrai il telecomando, ed interruppi la voce di Graziani che commentava la classifica al termine della ventitreesima giornata di campionato.
"Sappi che se le cose stanno così, ossessionarti non farà altro che peggiorarle. Guarda un film piuttosto, esci ed esplora Roma. Ti trovi in una delle città più belle al mondo, hai tre mesi per visitarla e scoprirne ogni peculiarità, non sprecare il tuo tempo nei club. E con questo non voglio dire che tu non debba divertirti, anzi. Io ero esattamente come te Lautaro, ed è stato tuo zio a tirarmi fuori da quel loop infinito. Scopa con sconosciute, nessuno te lo vieta, ma ti assicuro che fa la differenza se il luogo dove le hai incontrate è un locale oppure un museo"
"Sperimenta cose nuove, che non ti salterebbero mai in mente normalmente. Magari scopri un lato di te che ti appartiene ma per mille motivi ancora non conosci a fondo, e potresti decidere d'investirci il tuo tempo, potrebbe diventare la tua nuova attività preferita. Non precluderti niente, e tieni a mente che in questo momento il tuo unico limite sei te stesso" aggiunsi.
Mi abbracciò d'istinto.
"Se non fossi la moglie di mio zio, quindi praticamente mia zia, ti bacerei" esclamò ridacchiando.
E ridemmo insieme, mentre gli accarezzavo la schiena per trasmettergli conforto.
"Grazie mille, avevo bisogno di questa conversazione"
"Sappi che tuo zio, tramite la sua irrefrenabile scontrosità, voleva dirti le stesse cose. Non ha esitato un secondo prima di accoglierti qui, ti vuole un bene dell'anima, e vorrebbe fossi felice"
"Lo so, gli voglio un bene dell'anima anche io. Abbiamo un rapporto speciale, ed è proprio per questo che litighiamo, un po' come succede a voi"
Aveva ragione, ogni singolo concetto che aveva espresso era vero.
"Non so come tu faccia a stare con uno come mio zio" commentò dopo che ci allontanammo.
"Come faccia tuo zio a stare con una come me, semmai. Paulo non lo sa, ma da quando stiamo insieme aggiusta tutto quello che non è stato lui a rompere. Non so chi sarei ad oggi se non lo avessi mai conosciuto"
"Rifaresti tutto da capo? Intendo, vivere tutte le sofferenze con la consapevolezza di arrivare a vent'anni ed incontrarlo. Oppure sceglieresti un'infanzia felice ma senza avere l'opportunità di partecipare a quella serata e trovarlo in quel bagno?" chiese.
Che domanda difficile che mi stavi facendo Lautaro..
"Ti risponderei che una madre sceglie sempre un figlio, ma riflettendoci bene, se avessi avuto un'infanzia felice mia figlia Jessica non sarebbe mai nata. Rifarei tutto da capo, senza ombra di dubbio"
Io e Paulo ci eravamo scelti, e avremmo continuato a farlo, sempre e comunque.
"Sei una bellissima persona, Eva"
"Anche tu lo sei, dietro la maschera d'impassibilità che ti sei imposto"
Afferrò il telecomando che giaceva al mio fianco e riaccese il televisore. Senza aprir bocca selezionò l'applicazione di Prime Video, e scelse il primo film che gli capitò sott'occhio, seguendo uno dei miei consigli.
Era un ragazzo intelligente, ce l'avrebbe fatta.
Da vero gentiluomo, prese il mio piatto ormai vuoto e lo adagiò insieme al suo sul tavolino di fronte a noi. Poi allungò un braccio e mi disse: "vieni qui".
Mi accoccolai, e mentre ci copriva con il plaid fino a poco prima posato sul bracciolo del divano, scherzai sul fatto che facendo così istigasse ancor di più suo zio a cazziarlo.
Ero talmente stanca che mi addormentai, e mi risvegliai con Paulino che mi stritolava.
"Amore mio, che ci fai qui?"
"Sono andato io a prenderli, ho usato la tua macchina, spero non sia un problema" rispose il ragazzo che fino a poco prima, secondo la mia percezione del tempo, era seduto lì con me.
Guardai l'orologio al polso, segnava le quattro del pomeriggio.
"Hai un permesso che ti consente di guidare in Italia, vero Lautaro?"
Si grattò il capo, storcendo la bocca.
"Okay, non farlo mai più finché non te ne procurerai uno"
Mi alzai in fretta, controllando sullo schermo dell'iPhone che fossi quantomeno presentabile.
"Vado a chiamare vostro zio. Dol, per che ora mi faccio pronta?" mi rivolsi alla ragazza, che era appena tornata con il fratello, facendole intendere che non avevo dimenticato il nostro impegno.
"Direi per le cinque, vorrei riposare almeno una mezz'ora" mi fece presente.
Approvai la sua decisione, e con il telefono all'orecchio mi diressi in camera da letto. Non rispose, perciò controllai la nostra chat, nel caso in cui avesse mandato qualche messaggio mentre dormivo.
Ci trovai una foto ed un link: la prima era stata scattata da suo nipote, ritraeva me dormiente sul divano. Il secondo era stato inviato da pochi istanti, e si trattava di una diretta dal profilo Instagram della Roma, con l'intenzione di mostrare come i tifosi avrebbero accolto la rosa mentre si apprestava a salire sul pullman, che gli avrebbe portati ai campetti da allenamento.
Da Eva a Paulo, 04:03:54 p.m.
"Sto seguendo la diretta. Scusami, non volevo disturbare"
Da Paulo ad Eva, 04:04:25 p.m.
"Non disturbi mai. Eri così tenera in quella foto"
Da Eva a Paulo, 04:04:59 p.m.
"Lau ti ha fregato, fino ad un attimo prima dormivo tra le sue braccia"
Da Paulo ad Eva, 04:05:08 p.m.
"Che cosa?"
Risi per quanto fu tempestiva la sua risposta.
Da Eva a Paulo, 04:05:25 p.m.
"È stato tutto molto innocente, dovevamo condividere la coperta, e non me la sentivo di farlo morire di freddo"
Da Eva a Paulo, 04:05:37 p.m.
"Ci ho parlato, ha solo buone intenzioni"
Da Paulo ad Eva, 04:05:44 p.m.
"Mi fido del tuo parere"
Mi spiazzò, non riuscivo a comprendere se avesse usato un tono distaccato o meno.
Da Eva a Paulo, 04:06:06 p.m.
"Non essere freddo"
Da Paulo ad Eva, 04:06:14 p.m.
"Vuoi che sia caldo?"
Provocatore..
Da Eva a Paulo, 04:06:26 p.m.
"Ohhh sì, ti prego"
Mi resi conto, grazie alle urla della tifoseria, che i ragazzi avevano iniziato ad abbandonare l'hotel. Lui sarebbe uscito per ultimo, ne ero certa.
Da Paulo ad Eva, 04:06:47 p.m.
"Se potessi guardarti mentre scrivi queste cose.."
Da Eva a Paulo, 04:06:58 p.m.
"Avanti Dybala, dimmi qualcosa che mi permetta di chiudere la porta della stanza a chiave e frugare dentro il mio cassetto preferito"
Alludevo a quello dei sex toys, ovviamente. Off-limits a chiunque.
Alzai lo sguardo verso la diretta. Lo vidi spuntare da un angolo, con la fronte corrugata e le dita a muoversi veloce sulla tastiera.
Da Paulo ad Eva, 04:07:12 p.m.
"Se apri quel cassetto, pretenderò una videochiamata, non importa dove mi trovi e con chi"
Da Eva a Paulo, 04:07:19 p.m.
"Non ti renderò partecipe dei miei orgasmi, mi dispiace"
Da Paulo ad Eva, 04:07:24 p.m.
"Quando tornerò non ti farò aprire bocca, se non per ansimare"
Da Eva a Paulo, 04:07:33 p.m.
"Sì ma alza lo sguardo dal telefono, tutti si chiederanno con chi sei così intento a messaggiare"
E lo fece, pochi istanti dopo guardò dritto, e si affrettò a salire sul pullman.
Da Paulo ad Eva, 04:07:48 p.m.
"Ci sentiamo più tardi, altrimenti sarò costretto a scappare in bagno non appena arrivati"
La nostra conversazione si concluse con un cuore da parte mia, e tanta eccitazione per entrambi.
In teoria quand'erano in ritiro non dovevano avere distrazioni, in teoria..
Non usai nessun vibratore ma in doccia, con l'ausilio del doccino ed il profumo del suo bagnoschiuma, venni ripetutamente, tanto che dovetti accasciarmi per riprendermi prima di tornare in camera e sistemarmi.
Indossai un dolcevita e dei semplicissimi jeans a zampa. Ad accompagnarmi in quel pomeriggio di compere ci sarebbe stato il mio fantastico giubbotto in similpelle imbottito, con della pelliccia sul collo della quale avrebbe tratto giovamento la mia cervicale.
"Allora, dove vogliamo andare? Centro commerciale oppure Via del Corso?" chiesi a Dolores, quando eravamo già posizionate nella mia Yaris.
"Via del Corso, senza ombra di dubbio"
Ci ero stata un paio di volte, e non avevo mai acquistato nulla. Ero così abituata a fare shopping online che i negozi mi mettevano confusione, e alla fine uscivo a mani vuote.
Sapevo bene non fosse il massimo, in particolare per le emissioni dei mezzi di trasporto, infatti mi ero imposta di cambiare quell'abitudine il più in fretta possibile.
"Come hai capito che zio era quello giusto?" domandò di punto in bianco.
Era diventata una giornata piena di confessioni intime.
"L'ho capito la seconda volta che l'ho visto, non sapeva nemmeno come mi chiamassi, ma non ha esitato a farmi entrare in casa sua e pulirmi il viso bagnato dalle lacrime "
Ricordavo quella serata così nitidamente, non mi pareva vero fossero passati tutti quegli anni.
"L'ho chiesto anche a lui, sai? La sua risposta è stata che non lo sa, probabilmente non l'ha mai capito, ma ciò che ha iniziato a provare era troppo forte per essere represso, e lo rendeva felice"
"Tuo zio è un romanticone" commentai.
Eravamo fatti così, l'uno il contrario dell'altro: razionalità ed irrazionalità.
"Quello che non capisco, se vi amavate così tanto, è perché siete stati separati per un sacco di tempo"
"A volte si fanno cose stupide, Dolores. Quando ho tentato di togliermi la vita non ero in me, e ho allontanato Paulo perché non volevo trascinarlo in quell'inferno"
"Ma lui non è mai venuto a cercarti, come hai potuto accettarlo?"
"Ha fatto la cosa giusta, stava rispettando il mio volere. Essere fedeli, come si promette durante la cerimonia di matrimonio, vuol dire anche questo: accettare il volere dell'altro, nel bene e nel male, ed abbandonare l'egoismo. Non credere che non avrei voluto trattenerlo, ma se l'ho mandato via è stato perché lo amavo troppo per costringerlo ad una vita infelice"
Scoppiò a piangere, i suoi singhiozzi riempirono il silenzio nell'abitacolo.
"Desidero tanto un amore come il vostro, che non si arrende davanti alla prima difficoltà" esclamò senza smettere.
"Ti va di raccontarmi che cosa è successo? Magari davanti ad una crêpes?" le proposi.
Accettò prontamente.
Iniziò a parlare quando ero in procinto di addentare il mio dolce per la terza volta: "in Argentina ho un ragazzo, si chiama Umberto. Lui ha sempre guardato al di là del mio cognome, che sin dall'adolescenza ha avuto un peso importante nella mi vita. Credo di amarlo, o credevo.. non lo so più. Non ha preso bene la notizia dello stage, non voleva ci separassimo nemmeno per questo breve periodo. Parliamo in continuazione del creare una famiglia nostra, ma se non è disposto a fare un sacrificio così piccolo, come faremo quando dovremo affrontare dei problemi importanti? Mi metto nei panni di quello che avete vissuto voi, e cerco di trovare dei difetti nella vostra relazione per convincermi che anche noi ce la possiamo fare, ma tu e zio vi siete sempre sostenuti nonostante tutto, cosa che noi non riusciamo a fare"
"La nostra relazione non è semplicemente piena, ma addirittura stracolma di difetti. Fino ad un mese fa eravamo in un rapporto a tre, mio figlio ha dovuto abituarsi alla presenza di Paulo quando di figure maschili nella sua vita non ce n'erano mai state, e abbiamo fatto dei grossi errori in merito, perché si è ritrovato a chiamarlo 'papà' da un giorno all'altro. Probabilmente questo gli creerà problemi da adulto, e la cosa mi terrorizza. Quando ci siamo trasferiti a Roma lo abbiamo fatto a scatola chiusa, io e Pau non parlavamo più da settimane, immagina se fosse andata male. Potrei citarti altri dei mille problemi che abbiamo, e non sempre ci sosteniamo, a volte litighiamo e basta, ma alla nostra età abbiamo capito che per andare avanti bisogna trovare dei compromessi. A vent'anni non eravamo abbastanza maturi, infatti è andato tutto a puttane. Magari tu e Umberto avete solo bisogno di tempo"
"Non risponde ai miei messaggi da quando sono qui, non so che fare"
"Non fare niente, aspetta che gli passi. So che è difficile, l'attesa è stremante, ma le cose miglioreranno"
"Se non dovessero migliorare?"
"Non è quello giusto per te. Oppure semplicemente non lo è per la Dolores di oggi, ma non è detto che non lo sarà per quella di domani"
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Él 2 ||Paulo Dybala
FanfictionEva, 27 anni, insegnante di pianoforte e musica Paulo, 28 anni, nuovo giocatore della Roma Se ami qualcuno lascialo libero. Se torna da te, sarà per sempre tuo, altrimenti non lo è mai stato. -Richard Bach Sequel di: Él ||Paulo Dybala Link: https:...