Joya

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Aprii gli occhi al nuovo giorno con una serenità inaspettata.
Avevo le orecchie tappate e per qualche secondo non sentii nulla. C'era Paulino al mio fianco che saltava sul materasso, mentre posato contro lo stipite della porta Paulo ci osservava divertito.
La sua bellezza era disarmante, in pantaloncini con una felpa oversize, le mani in tasca e il cappuccio in testa. 
"È il compleanno della mamma! È il compleanno della mamma!" furono le prime parole che udii quando recuperai la capacità dell'ascolto.
Ridacchiai, avvolgendogli le braccia intorno al corpicino per attirarlo verso di me. Dybala ci raggiunse, unendosi all'abbraccio. Poi mi baciò la fronte, e sussurrò: "Buon compleanno".
"Campione, che ne dici di andare a prendere il regalo? È sul mio letto" disse.
Il nano volò nell'altra stanza, allora lui colse l'occasione e mi baciò. Capitava di rado che fossimo solo noi due, e dato che avevamo deciso d'introdurre con cautela mio figlio nella nostra relazione, dovevamo nascondere le nostre smancerie. Per lo stesso motivo continuavamo a dormire separati.
Venimmo interrotti immediatamente, Paulino era una saetta. Preso dalla foga, mi lanciò il pacchetto grigio sul ventre.
"Amore, dovresti essere un po' più delicato"
Lo presi in giro, per avere quattro anni era decisamente molto educato.
Avrei capito che quel regalo era da parte di Paulo anche se me lo avesse consegnato uno sconosciuto, era sua caratteristica buttare via la busta della gioielleria, come se non facesse parte della confezione.
"Ti avviso, se scopro che hai speso una somma esagerata lo riporto indietro"
"Non puoi, non ho lo scontrino" scherzò.
Incerta sciolsi i laccetti neri in velluto, poi sollevai il coperchio che la teneva chiusa, e quando il contenuto si rivelò restai senza parole.
"Spero ti stiano bene"
"Tu sei completamente fuori di testa. È oro bianco?"
Rabbrividii al pensiero di doverli indossare, mi sarei sentita profondamente a disagio, e terrorizzata nel caso in cui si fossero anche solo scheggiati.
"Diciotto carati"
Un paio di orecchini con diamante a forma di goccia. 
"Stai tranquilla, abbiamo il certificato d'autenticità e due anni di garanzia"
"Andava bene qualcosa di meno costoso, tipo un mazzo di fiori" 
Era difficile per me, considerando il tenore di vita che avevo condotto negli ultimi anni.
In teoria eravamo ancora in comunione dei beni, ma avevo rifiutato ogni centesimo proveniente dai suoi guadagni, e avrei continuato a farlo. Non sentivo mi appartenessero.
"Qual è la somma massima che si dovrebbe spendere per un regalo?" chiese.
"Considerando la tua visione del mondo, direi duecento"
"E quanto ti aspetti siano costati questi?"
Ci ragionai. Ero a conoscenza del fatto che un grammo di oro bianco fosse valutato sui quaranta euro circa.
"Quattrocento" risposi convinta.
Sorrise, poi invitò mio figlio, che lo aveva aiutato nelle scelta, a dirmelo.
"Non dovrebbe sapere queste cose" lo rimproverai.
Mi zittì, e il piccolo mi mostrò tre dita della mano, ma Dybala ribatte con quattro.
"Quindi ho indovinato" esclamai.
Scosse il capo.
"Tre e otto, mamma"
"Trecentottanta?"
"Tremilaottocento"
Sbiancai.
"Amore, vai a lavare i dentini?"
Non potevo imprecare davanti a mio figlio.
"Ma non abbiamo ancora fatto colazione"
"Oggi li laviamo due volte, sù sù!" 
Gli scompigliai i capelli e lo spedii in bagno.
Mentre abbandonava la camera, afferrai il cuscino davanti al quale ero seduta e lo scaraventai in faccia a Paulo.
"Joder!"
"Ti pare il caso?" sbraitai.
"Vaffanculo Eva" 
Si alzò, fece disordine con il piumone in segno di protesta, e prima che se ne andasse lasciandomi lì gli afferrai il braccio per fermarlo.
"Tregua?" proposi.
"Sei davvero antipatica"
Sbuffò ma si sedette nella stessa posizione di poco prima.
"Ti ringrazio per il regalo, ma davvero, non era affatto necessario"
"Ho una marea di soldi, un paio di orecchini non mi renderà né più ricco né più povero. E comunque non è questa la sorpresa che ho preparato per te"
Corrugai la fronte, e con fare incuriosito cercai di estorcergli qualche informazione. Ovviamente non cedette, e me ne dimenticai immediatamente quando mi ritrovai con il suo corpo sul mio, mentre le nostre lingue s'incontravano e facevano l'amore.
"Mamma, il latte!" sentimmo urlare, e seppur avessimo voluto continuare a pomiciare, sfamare il nano era appena diventata la nostra priorità.
Inoltre ero in ritardo, dovevo passare in ospedale a fare la risonanza magnetica di controllo e vari accertamenti. Avrei preferito trascorrere la mattinata con i miei amori, ma quel check-up era necessario.
Mi avrebbero accompagnato, dato che non avevo ancora il permesso di guidare, e sarebbero venuti a riprendermi una volta terminato.
Ci spostammo in cucina, e mentre Paulino inzuppava e mangiava con grande ardore i suoi biscotti Plasmon, mi venne in mente di fare i pancake. 
"Sai, ho dimenticato di dirti che la settimana prossima ho un'intervista programmata con Dazn. Avremmo dovuto registrare prima, ma ho rimandato per ovvi motivi" esclamò il numero ventuno.
"Verranno qui o andrai tu da loro?"
"Andiamo al Colosseo, io e Diletta Leotta giocheremo a scacchi"
Afferrai la coppa sottobraccio, e continuando a sbattere le uova con la frusta mi avvicinai al tavolo.
"Non sapevo sapessi giocare"
"Facevo i tornei da bambino, ho studiato"
"Sei una sorpresa continua, Paulo Dybala"
Mi chinai per posare le labbra sulla sua guancia. Un gesto semplice, ed innocuo.
"Stai attento con la Leotta"
Ritornai in posizione.
"Gelosa?"
"Preferisco definirmi territoriale"
Ovviamente non lo ero affatto, ma adoravo stuzzicarlo. Sapevo che ora che era riuscito finalmente a riavermi con sé non avrebbe mai fatto nulla che potesse allontanarmi, per nessuna ragione al mondo.
"Giocheresti con me?" domandai.
"A scacchi?"
Annuii.
"Posso insegnarti" rispose.
"La domanda era un'altra. Ti ho chiesto se giocheresti con me, in un circolo s'intende"
Rise.
"Non dici sul serio"
"Prenotiamo una partita, e vediamo che succede"
Lo intrigai. Accettò.
Da quando ero tornata a casa, avevo provato più volte il desiderio di avere la possibilità di guardarci dall'altro durante colazione, pranzo e cena. 
Amavo osservare la postura rilassata dei miei ragazzi, e i cani scodinzolargli intorno alla ricerca di qualche briciola da poter acchiappare, ma avrei voluto avere l'immagine nel complesso, me compresa.
"Lo sapete che vi amo da impazzire?" mi lasciai sfuggire, in un momento di debolezza.
Paulino m'ignorò, Paulo invece mi rivolse un sorriso spensierato, e per la prima volta mi concedetti il lusso di credere che infondo ci meritassimo quella serenità, dopo tutto quello che avevamo dovuto affrontare.
Come promesso, mi trainarono verso il reparto di neurologia a bordo della mia Yaris. Dissero di averlo fatto affinché ricominciassi ad abituarmi all'unico veicolo che avrei guidato d'allora in avanti, ma sapevo benissimo che se avessi chiesto di portare una delle sfarzose auto di Dybala, mi avrebbe concesso di farlo.
Ci era cascato una volta, ci sarebbe cascato per sempre, avrebbe dovuto immaginarlo ed evitare di farmi provare la sensazione di avere tra le mani il volante di una Lamborghini.
Le ore trascorsero più lentamente di quanto avessi voluto, attendere tra un esame e l'altro fu più noioso del previsto, e mi pentii di non aver portato un libro da leggere. Cercai d'ingannare il tempo messaggiando con il numero ventuno, ma rispondeva di rado e velocemente.
Quando tornò a prendermi non c'era traccia di mio figlio, così colsi l'occasione di bacchettarlo.
"Scusami, ma te l'ho detto che avevo una sorpresa per te, la stavo organizzando"
Finsi di essermene dimenticata. Conoscendolo, se avessi lasciato trapelare che la curiosità mi aveva tartassata per tutta la mattina si sarebbe sentito in colpa, e me l'avrebbe spoilerata.
Avevo persino provato a sgamarlo, esaminando con attenzione casa nella speranza di trovare qualche indizio, ma era stato maledettamente bravo a nasconderli.
"Sono vestita adeguatamente almeno?" chiesi.
Indossavo una t-shit bianca con al di sopra un cardigan, ed un paio di jeans a zampa. Non riuscivo ancora a portare i tacchi, per cui ero obbligata ad arrangiarmi con le sneakers, seppur la stagione non fosse propriamente adeguata.
Faceva freddo, ma non nevicava mai, a differenza di Torino. Amavo la neve come poche cose al mondo, era una tra quelle che mi mancava di più. 
Il clima mite ed accogliente di Roma, però, era gradevole. Il vento non era così pungente, e riuscivo ad andare in giro anche senza collant.
"Sì, sei vestita adeguatamente"
Quindi non mi avrebbe portato in un locale, perché quelli che sceglieva richiedevano sempre un dress code ben più elaborato.
"Tra le cose che ho dimenticato di raccontarti c'è il fatto che ho aperto un canale Telegram" esordì, dopo qualche attimo di silenzio.
"Questo per tua sfortuna lo so già"
"Come?"
"Seguo le tue fanpage su Instagram, quando sono da sola qualcosa dovrò pur fare"
In verità amavo la percezione che le persone avevano di lui, e sapere quanta influenza avesse nella vita di ragazze e ragazzi di ogni età, che ogni giorno sceglievano di supportarlo senza nemmeno conoscerlo.
Sarebbe potuto essere uno stronzo qualsiasi, con indosso una maschera di bontà ed altruismo che non lo rispecchiava affatto, eppure si fidavano ciecamente di lui. Gli ammiravo, avrei voluto avere il loro coraggio, e il loro cuore grande.
"Dovresti entrare" suggerì.
"Perché mai?"
Mi parve così assurdo.
"Perché così potresti avere mie notizie e foto esclusive"
"Non le ho già? Per di più in tempo reale?" commentai, per poi aggiungere: "ti sei dimenticato che viviamo insieme e posso toccarti quando voglio? Cosa me ne dovrei fare delle foto esclusive se posso svegliarmi la mattina e guardarti dormire con la bocca aperta e la bava sul cuscino?"
"Effettivamente.."
Non parlammo più fino all'arrivo in villa.
Mentre aspettavamo che il cancello si aprisse, per parcheggiare l'auto all'interno, sentii fosse il momento giusto per comunicargli una perplessità che si era fatta spazio nella mia mente negli ultimi giorni.
"Pau, io non so se sono pronta a trasferirmi permanentemente qui da te"
Si voltò di scatto, quasi spaventato.
"Che intendi?"
"Che ho scelto il mio appartamento con il cuore quando ho deciso di seguirti, e non mi aspettavo di lasciarlo così presto"
"Eva, vivi in un bilocale con un soggiorno ed una camera da letto. Tu e il bambino dormite in un materasso da una piazza e mezzo, praticamente appiccicati. E poi, non c'è spazio per me"
Aveva ragione, era troppo piccolo, e lui non era affatto contemplato.
L'ultima mia intenzione era comportarmi da egoista, di nuovo.
"Possiamo riparlarne in un altro momento? Ti prego" disse.
Annuii, sapendo dentro di me che il giorno seguente mi sarei fatta accompagnare a casa, uscendo di lì con scatoloni e valigie. Perché il nostro presente era più importante di qualsiasi altra cosa, e mai avrei commesso l'errore di sprecarlo o sminuirlo come avevo fatto in passato.
"Spero tu abbia preparato il pranzo, perché io non ho intenzione di scomodarmi" lo sfottei, mentre c'incamminavamo verso l'entrata.
"Anche qualcosina in più"
Mi cinse la vita con un braccio, e lasciò un bacio sulla mia tempia. Le sue effusioni erano il mio punto debole.
Arrivati sulla soglia non riuscii a trattenermi dal posare le labbra sulle sue. Barcollò in avanti, allungando il braccio verso il telaio della porta per reggersi, mentre le mie mani si spostarono con veemenza intrecciandosi ai suoi capelli.
Ci allontanammo, o meglio fu lui ad allontanarsi. Il suo pollice finì sulla mia bocca, e il primo commento che fece fu sul mio rossetto sbavato.
Provò a ripulirmi, come meglio potè, poi mi baciò ancora per un istante, prima di sbloccare la serratura ed approdare in casa.
Ebbi meno di un secondo per realizzare quello che accadde: mentre il cappotto mi veniva sfilato dal mio uomo, indirizzai lo sguardo verso il soggiorno e riconobbi i volti di alcune delle persone a me più care.
Sulla sinistra, posizionati vicino al muro separatore dalla cucina, c'erano Anna, Alvaro ed Alice, quest'ultima con accanto una sacca per neonati. Mi si riempii il cuore non appena realizzai che lì dentro c'era Bella, e che Ale, Leo ed Edo scorrazzavano felici per la stanza insieme al mio Paulino.
Seduti sui divani, posizionati nell'ampio spazio sulla destra, trovai Alicia, Lautaro e Dolores.
I suoi nipoti furono i primi a notarmi e venirmi incontro. Mi stinsero in un abbraccio caloroso, dopo avermi accolto con un enorme sorriso.
Erano così diversi da come li ricordavo, erano diventati adulti. Dol portava gli stivaletti con il tacco, un markup vistoso, e teneva i capelli raccolti in un coda. Lau era cresciuto in altezza, aveva fatto la permanente, e dal maglione stretto intorno alle braccia spuntava qualche muscolo.
Ero ancora terrorizzata dal loro giudizio nei miei confronti, ed ero sicura che Paulo per proteggermi gli avesse detto di non aprire bocca, lo conoscevo bene.
"Eva, que guapa! Più di quanto ricordassi" esclamò il ragazzo, facendomi ridere.
"Tú también, más hermoso que nunca" 
Poi mi rivolsi a lei: "E tu ragazza mia, ormai sei una donna a tutti gli effetti" 
Le accarezzai il viso, come una madre farebbe con una figlia.
La verità era che gli volevo un bene dell'anima, e sentivo come se il rapporto che avevamo stretto anni addietro non si fosse mai completamente dissolto.
"Avevamo paura che non ti svegliassi, e di perderti di nuovo" disse la ragazza.
"Ci sarò per sempre, questa volta davvero. Non vi lascio, né voi né zio Paulo"
Vedere i loro occhi diventare lucidi m'intenerii, facendomi rendere conto di non aver mai davvero tenuto in considerazione l'impatto che le mie azioni potessero avere sugli altri.
Lautaro mi aveva dimostrato il suo affetto sin da subito, Dolores invece aveva un carattere forte, aveva impiegato del tempo per aprirsi con me, e quando ci era riuscita io l'avevo abbandonata. Mi ero persa i loro anni migliori, ma ero consapevole che non sarei potuta essere la guida sana e rispettosa di cui avevano bisogno.
Il giro di saluti proseguì, prima con Alicia, con la quale decidemmo di rimandare qualsiasi discorso a più tardi, poi con i miei amici, che non vedevo da una vita, e infine con la piccola Bella, che spalancò gli occhioni rivolgendo a me e Dybala uno dei suoi migliori sguardi.
La presi in braccio prima di lui, e il suo leggero sgambettare, accompagnato da un sorriso flebile mi fece venire la pelle d'oca. Era l'esserino più dolce al mondo.
Dietro di me, con il mento posato sulla mia spalla mentre accarezzava le braccia con cui la reggevo, c'era l'amore della mia vita, che ci osservava esterrefatto. 
"Un giorno" mi sussurrò all'orecchio, senza che nessuno se ne accorgesse.
Era diventato il nostro mantra.
Sapevamo entrambi che quelli saremmo potuti essere noi già molto prima, se il destino non ci avesse portato via la possibilità di riunirci grazie ad una piccola creatura, ma pian piano stavamo riuscendo a superare quel dolore, e guardare avanti.
Quando ad avvolgere il corpicino di Bella fu lui, non riuscii a trattenere lo sgorgare delle lacrime lungo il mio volto. Ci fu uno scambio di sguardi ed espressioni che non avrei potuto dimenticare.
Gli altri ospiti furono così gentili da lasciarci qualche momento per noi, spostandosi nella sala da pranzo per prendere posto, con la promessa che saremmo arrivati presto.
Io e lui, rannicchiati sul divano con un neonato e Paulino. Ci eravamo fatti fare una foto, che sicuramente avremmo presto fatto incorniciare.
"È così bella, mamma" 
Mi sciolse il cuore l'udire quella frase da mio figlio, mentre con tanto timore le sfiorava il piedino coperto da un calzino.
"Ti piacerebbe avere un fratellino o una sorellina? Ed essere un fratello maggiore?" domandai spontaneamente.
Annuì, poi tornò a contemplare la sua cuginetta, mentre io posai la testa sul bicipite di Paulo.
"Grazie, è il miglior regalo di compleanno che potessi farmi"
La nostre persone speciali, la nostra famiglia, finalmente riunita.
"Sei davvero un gioiello come dicono, un gioiello di uomo. La mia Joya"
Si riempì di brividi nel sentirmelo dire.
"No, Nena. Tu sei ciò che alimenta la mia Joya, senza di te al mio fianco non brillerei come un diamante, sarei soltanto un misero pezzo di vetro usato per la bigiotteria"
Aveva organizzato tutto nei minimi particolari: tovaglia e decorazioni del mio colore preferito, i piatti che più mi piacevano, e in sottofondo la musica che amavo ascoltare.
Il momento che più di tutti mi stupii fu quello della torta. L'aveva preparata lui, ci aveva impiegato tutta la mattina, e aveva rigorosamente impedito agli altri di avvicinarsi alla cucina. 
La panna era un po' scomposta, le decorazioni stile Lambeth Cake altrettanto, e la scritta "Feliz Cumple amor" decisamente storta, ma era la miglior torta che avessi mai potuto desiderare.
Il ripieno era stato deciso da Paulino, che per altro era stato bravissimo e lo aveva aiutato nella preparazione degli ingredienti. Aveva scelto la crema pasticciera al cioccolato e la crema di pistacchio, esattamente i gusti che solitamente prediligo.
"Siete gli amori della mia vita" dissi ai due, concedendogli un bacio per uno.
Mi ero lasciata festeggiare al cento per cento, per la primissima volta in ventott'anni. Avevo spento le candeline con inaspettata gioia, abbracciato i miei ragazzi e scambiato sorrisi sinceri.
Dopo aver messo i bambini a letto per il riposino, ci eravamo concessi momento tra adulti.
Mentre chiacchieravamo, Anna aveva ricordato una delle nostre vecchie serate in discoteca, dove ci scatenavamo come qualsiasi ventenne. 
"Avreste dovuto esserci, e vedere come Paulo guardava Eva twerkare" disse, rivolgendosi a Dolores e Lautaro.
Scoppiammo tutti a ridere, tranne il diretto interessato, che arrossì violentemente.
"Scopavano con gli occhi e con i gesti, perché sapevano di non poterlo fare davanti a tutti, poi si andavano a chiudere in bagno" aggiunse Alvaro.
"Oh andiamo! Non dovreste dire queste cose davanti alla mia famiglia!" esclamò.
"Io faccio finta di non sentire" parlò Alicia, alla quale si aggiunse Dol specificando che anche loro facevano quelle cose, non essendo più bambini.
"Dovevate portarlo con voi, anziché farlo partecipare ai festini privati durante il covid, sforando il coprifuoco e rischiando di farsi arrestare"
Il mio era un evidente riferimento alla festa a casa di McKennie insieme ad Arthur ed altre venti persone, a cui aveva partecipato nel 2021 violando per intero le norme anti-covid imposte dal governo.
"Avete finito di sfancularmi?" 
"Il mio bambino permaloso" andò a coccolarlo la sua mamma.
"Io ho una richiesta" emerse Alice.
"Ballate ancora la bachata?" chiese ad entrambi.
Ci guardammo, una scintilla di eccitazione attraversò gli occhi di entrambi, ma non facemmo in tempo a rispondere, qualcuno aveva già cambiato il sottofondo musicale.
Da perfetto gentiluomo, Dybala si alzò porgendomi la mano. Tentennai, sarebbe stato uno dei nostri momenti più intimi da quando ci eravamo riconciliati.
Ripensai alle promesse che avevo fatto a me stessa, e lo seguii, senza tergiversare ulteriormente.
Ci unimmo, concentrandoci sui passi per ignorare la forte emozione che stavamo provando. Prima d'allora non avevamo avuto spesso modo di confrontarci con qualcosa che facevamo in passato. Avevamo cambiato città, abitudini e stile di vita, e quella era una tra le cose che facevamo più di frequente quando eravamo da soli, nel nostro appartamento di via Roma.
Ogni scusa era buona per collegare Spotify alla cassa e ballare, quindi l'impatto emotivo che ebbe su di noi fu enorme.
Prima che la canzone terminasse, lo vidi allontanarsi di qualche centimetro, e con espressione palesemente preoccupata s'inginocchiò.
Spalancai gli occhi, rendendomi immediatamente conto di quello che stava facendo. Pensai che fosse pazzo.
Estrasse dalla tasca sinistra della felpa una scatolina davvero piccola, identica a quella dov'erano riposti gli orecchini quella mattina.
"Lo so che non faccio che regalarti anelli, ma a mia discolpa posso dire che amo vederteli addosso, e poi non potevo farti la proposta con i pendenti in oro bianco"
Passarono infiniti minuti prima che trovassi il coraggio di togliere il palmo della mano da davanti alla bocca e proferire parola: "Paulo, io e te siamo già sposati. Ci sono i nostri testimoni di nozze che possono confermarlo"
Quella mia maledetta abitudine di dover ironizzare tutto perché non sapevo gestire i sentimenti..
"Tutti i presenti qui hanno visto il nostro matrimonio naufragare, hanno smesso di crederci, come abbiamo fatto noi, ma nessuno dei due ha mai avuto il coraggio di presentarsi dal proprio avvocato e firmare le carte del divorzio. Infatti siamo qui, Eva. Siamo qui a volerci come prima, più di prima, e questa volta abbiamo l'opportunità di fare le cose per bene. Ce lo meritiamo"
M'inginocchiai anch'io, prima che aggiungesse altro. Volevo essere alla sua stessa altezza, al suo stesso livello, perché da quel momento in avanti gli alti e bassi tra di noi sarebbero terminati, e avremmo vissuto una vita entrambi sullo stesso piano, stracolmo d'amore.
"Vuoi sposarmi di nuovo, Nena?"
"Certo che sì, rinnoverei le nostre promesse all'infinito"
E ci baciammo, sul pavimento di casa nostra, quella in cui sperai avremmo vissuto il più a lungo possibile.
Avrei voluto chiedergli se lo avesse programmato, oppure se semplicemente aspettasse da chissà quanto il momento giusto, ma non lo feci, e non lo seppi mai.
La me delle settimane precedenti, quelle prima del coma, viveva con l'angoscia di aver fatto delle scelte sbagliate. Alla me di quel cinque febbraio, invece, era appena stato confermato che seguire il cuore, alla fine, ripaga sempre.








Él 2 ||Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora