8. Un vero uomo?

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Come anticipato dalla madre, suo padre non era stato contento di sapere ciò che era successo fuori da scuola e appena rientrato in casa l'aveva raggiunto in camera. Aveva bussato educatamente, per poi entrare senza aspettare il permesso. Luca era sul letto, con il telefono in mano, intento a scorrere i post suoi e di Yuri su Instagram. Si sentiva un idiota per aver dubitato di lui, per non aver fatto domande ed essersi accontentato delle risposte più scontate, dettate dalla paura. A pensarci bene, la paura condizionava ogni decisione presa (e non presa) degli ultimi anni della sua vita. Temendo sempre di poter essere scoperto o di non avere nulla di interessante da offrire, aveva fatto fatica a farsi degli amici, sin dai primi giorni di liceo. Aveva scelto Yuri chi frequentare, coinvolgendo Luca in tutte le uscite e, sebbene sia Stefano che Giulio, o persino Alex non fossero esattamente le sue persone preferite al mondo; sembrava che i ragazzi della sua età dovessero necessariamente avere un gruppo di amici con cui uscire, per non essere quelli strani o emarginati. Forse Yuri gli aveva anche evitato di restare solo, ma a ben guardare, si era sempre sentito solo anche in mezzo a tutti loro. Certo, mai quanto lo sarebbe stato senza di lui. Accortosi della presenza del padre, si mise a sedere con la schiena dritta.

«La mamma mi ha detto cosa è successo oggi a scuola.» Il suo tono calmo, troppo calmo, lo mise in allerta.

«Cose che capitano, tra ragazzi.» Aveva provato a minimizzare.

«Cose che non devono capitare con il figlio di un collega. E non deve ricapitare più.» Ma perché non la smettevano di decidere cosa potesse o meno fare? La scuola da frequentare, lo sport da praticare, quando poter prendere la patente, per chi provare attrazione, e ora persino con chi poteva litigare! Se lui e Yuri avessero voluto picchiarsi tutti i giorni, quale sarebbe stato il danno per i loro genitori? Li odiava per la loro incapacità di stare fuori dalle questioni stupide della sua vita, salvo poi essere completamente estranei a quelle fondamentali.

«Non preoccuparti, non ho più migliori amici con cui litigare e a parte il padre di Yuri tu non hai altri superiori da scontentare, tranquillo» rispose piccato, già sul piede di guerra. Era troppo stanco di tutto per tenere ancora alti i suoi scudi.

«Fai anche lo spiritoso adesso? Noi non sappiamo più cosa dobbiamo fare con te e questo atteggiamento che hai ultimamente!»

«Magari potreste evitare di fare un dramma se litigo con un amico? Non mi sembra di aver fatto nulla di male se non a me stesso o a lui, non ho rovinato la proprietà di nessuno o infranto la legge, perché in questa casa deve essere sempre tutto una tragedia?»

«Se quello che hai fatto non ti sembra nulla di male allora c'è un problema.» Se c'era, lui faticava a vederlo: forse si era nascosto dietro il mucchio dei veri problemi che lo tormentavano sul serio. «E non è solo questo, Luca. Ultimamente sei silenzioso, a tavola parli appena, ti chiudi nella tua stanza appena arrivi a casa a fare Dio solo sa cosa, e i tuoi voti quest'anno sono un disastro.» Avrebbe voluto smontare quelle affermazioni una ad una, ma si limitò a pensare che a tavola, con le loro conversazioni, era già tanto se riusciva a mandare giù il cibo senza vomitare, che si chiudeva nella sua stanza per tenere il resto del mondo fuori perché era un posto spaventoso in cui si sentiva inadatto a vivere, che lì dentro non faceva altro che leggere e rimuginare, e che i suoi voti erano in picchiata perché aveva altro per la testa. Ma tutte quelle obiezioni l'avrebbero bollato come depresso (forse un po' lo era davvero) e nulla l'avrebbe salvato da una conversazione con Don Piero.

«E poi,» suo padre non era intenzionato a chiuderla in fretta, «c'è il discorso dell'università. Non hai ancora deciso e non capisco cosa tu stia aspettando. Sappiamo già quali sono le tue alternative, cosa ci vuole a scegliere?» Due alternative. Tra decine di corsi di Laurea lui avrebbe potuto sceglierne due, Ingegneria gestionale o Economia e gestione aziendale.

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