26. Innamorato?

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Se Luca, in generale, aveva molto da elaborare, anche Elia non scherzava. Certo, nel suo caso non si trattava di traumi e paure grosse come una casa, ma ciò che l'altro gli aveva confessato aveva il suo peso. Quell'imboscata era stata un'idea così stupida, da così tanti punti di vista, che Elia avrebbe voluto prendersi a schiaffi da solo. E alla fine il risultato era stata la confessione di Luca, che lo aveva colto del tutto impreparato, tanto che non gli aveva nemmeno risposto: si era alzato, aveva guardato l'ora e aveva borbottato qualcosa riguardo salire un attimo in studio dalla Dottoressa per spiegarle l'imprevisto, salutarla e tornare. Luca si era limitato ad annuire e a dire qualcosa come: «Certo, tranquillo», Elia non lo ricordava con esattezza.

«Sicuro che ti stia bene aspettarmi qui?»

«Sì, non preoccuparti, non avrò un'altra crisi di nervi nella tua macchina mentre sei via.»

«Faccio in fretta, davvero. È che le avevo detto che sarei passato per un saluto e anche se è un po' tardi voglio salire lo stesso due minuti» mentì. Avrebbe potuto anche telefonare per avvisare la Dottoressa Graziano che non si sarebbero presentati, ma gli serviva aria, aveva bisogno di spazio, di mettere un po' di distanza tra sé e i sentimenti di Luca per lui.

Quando tornò, Luca era intento a scorrere qualcosa sul telefono, ma Elia non guardò troppo nella sua direzione, salendo in macchina.

«Sei stato veloce.» Fu il commento dell'altro.

Senti chi parla. Chi dice a una persona che la ama dopo nemmeno due settimane?

«Sì, beh, aveva un appuntamento tra poco, le ho fatto solo un breve saluto.» Questa almeno era la verità. «A riprova del fatto che non avevo prenotato una seduta con te, volevo davvero soltanto farvi conoscere.»

«Ok.» Luca non sembrava nemmeno più interessato alla cosa. Guardava dritto davanti a sé, con aria assente.

«Vuoi andare da qualche parte?»

«Mi piacerebbe portarti nell'unico posto in cui ho fatto una specie di terapia io, ti va?»

«Sì. Dimmi dove devo andare.»

«Vai verso casa mia, poi ti dico io.»

Elia finse di concentrarsi sulla strada, mentre cercava dentro di sé le parole da dirgli: Luca era già un fascio di nervi, non voleva ferirlo o farlo sentire inadeguato. Però quei sentimenti erano decisamente ingombranti per lui da gestire a quel punto di una relazione, erano arrivati troppo presto.

«Stai pensando a quello che ti ho detto prima?» Luca lo stupì, con una domanda dritta al punto.

«Come? Di che parli?» Pessimo tentativo di dissimulare, veramente pessimo. Quando aveva perso la sua capacità di bluffare?

«Che ti amo.»

Cavolo, detto così, in modo così diretto suonava ancora più gigante che "sei tu la persona di cui sono innamorato". Per quanto avrebbe voluto cancellare quella confessione, invalidarla come una scheda elettorale scarabocchiata o tagliarla a metà come una carta di credito che non si aveva intenzione di usare, si rammaricò per non averlo guardato in faccia, mentre glielo diceva per la prima volta. Ora però doveva rispondere a quella domanda e Luca, sempre così aperto e sincero con lui, non meritava la sua vigliaccheria o le sue bugie. Prese tutto il coraggio che aveva e annuì. «È stato inaspettato» spiegò.

«E...?» Luca lo esortò a continuare.

«Forse un po' prematuro.»

Luca sospirò ed Elia strinse le dita sul volante.

«Avresti preferito che non l'avessi detto, vero?»

«Sì.» Ammise, pieno di vergogna. Non era giusto che i sentimenti di Luca lo mettessero a disagio, avrebbe preferito accettarli e basta, essere sulla sua stessa lunghezza d'onda; ma non poteva forzare un'emozione che non sentiva, sarebbe stato sbagliato.

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