32. Uno scappato di casa?

403 47 17
                                    

Dove credi di andare con quella scatola?

Da Rebecca, porto da lei un po' di cose.

Perché?

Perché non vivo più qui, me ne sto andando.

Come gli era venuto di rispondergli così? Era stupido o cosa? Avrebbe potuto inventare qualsiasi scusa, come una finta donazione a qualche ente benefico o associazione. Invece, davanti alla faccia più severa che avesse mai visto addosso a suo padre, Luca aveva detto la verità. E quella scatola, quella contenente la prima edizione di Slam Dunk, che Gabriele gli aveva regalato quando erano alle medie, era rimasta nella sua stanza.

Non gli aveva fatto prendere nulla, nemmeno dei vestiti o i libri di scuola. Tutto ciò che aveva era nello zainetto che prontamente Rebecca aveva preso e si era infilata sulle spalle come se fosse suo e che l'uomo non aveva notato. Dentro c'erano: il regalo per Elia, telefono, portafogli, libretto scolastico (ma nemmeno un quaderno), spazzolino (come se stesse andando a dormire da un amico e non potesse comprarsi uno spazzolino nuovo), il Kindle, il portafogli e il tablet (ma non il PC), una busta con delle foto che aveva fatto stampare l'anno prima, lo scaldacollo che gli aveva fatto Elia, la maglietta con cui giocava in Sisport, gli occhiali nella loro custodia, un paio di boxer di ricambio e dei calzini puliti. Aveva fantasticato su quel giorno per mesi, e aveva anche una lista da qualche parte, ma tutto ciò che era riuscito a prendere, le sole cose a cui aveva pensato, erano lì, in quello zainetto confuso.

Poco prima delle scale suo padre aveva persino provato a trattenerlo con la forza, l'aveva afferrato da un braccio e strattonato, ma Rebecca si era intromessa, assicurandogli che lo avrebbe fatto ragionare, così erano riusciti ad allontanarsi. Quando era quasi fatta si era frapposta tra loro e l'ingresso di casa anche sua madre e a quel punto la discussione era diventata collettiva, con la donna che lo pregava di fermarsi e di capire che lo faceva per il suo bene, il padre che le chiedeva di cosa stesse parlando e lei che, davanti a tutti (intanto era sceso anche Matteo) raccontava tutto quello che Luca le aveva confessato quella mattina. Non avrebbe potuto essere più mortificante di così. Tranne la parte in cui suo padre aveva chiesto a Matteo se ne fosse al corrente e lui aveva negato. E tranne gli insulti che erano arrivati da parte del padre e le lacrime di dispiacere della madre. Per fortuna era Rebecca era intervenuta di nuovo, parlando con calma, cercando l'attenzione di sua madre, soprattutto; aveva detto che lo avrebbe portato solo a fare un giro, per schiarirsi le idee, e che sarebbero tornati in tempo per cena e che, anzi, avrebbe partecipato volentieri per sentire cosa avesse da dire questa persona che avevano invitato. Così, erano riusciti a convincerli e ad andarsene, ma senza ottenere niente del piano originale.

«Alla faccia che non se ne dovevano accorgere!» Rebecca gli aveva passato lo zaino prima di entrare in macchina.

«Non sarebbe dovuto rientrare così presto. Di solito il sabato lavora almeno fino alle sei, come se fosse un giorno normale.»

«Si vede che i suoi sensi di ragno pizzicavano, voleva tornare a casa e vedere cosa stesse combinando suo figlio.»

«Non abbiamo preso Martin Eden.»

«Lo so.»

«Non ho preso quasi niente, Rebe. Ho lasciato tutto lì, non ho niente.» Si stava lasciando andare allo sconforto, mentre uscivano dal vialetto di casa.

«Credono che tornerai. Magari non stasera, di quello penso se ne accorgeranno presto, però sono convinti che tornerai. Non daranno via le tue cose e sicuramente non lasceranno morire Martin Eden di stenti. Parlerò personalmente con tuo fratello e gli darò indicazioni precise, va bene? Stai tranquillo.» Gli aveva messo una mano sulla gamba, come se volesse trasmettergli forza e coraggio.

E tu chi sei?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora