Darkness

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Nel buio silenzio della notte, Jay rifletteva. Odiava l'oscurità. Poteva sentire il proprio respiro fuoriuscire lieve dalle labbra socchiuse e il proprio cuore battere leggero contro il petto. Odiava il buio. E non ce n'era un vero motivo, forse perché gli ricordava l'oblio, la paura, il colore dei capelli di Edward.

'Allora sei solo un idiota!'

Era a dir poco furioso con lui. Con quella sua frase 'È questo, vero? Lei non è innamorata di te ma tu sì', detta in tono saccente, poi, l'aveva davvero fatto uscire dai gangheri.

Lui non era né mai sarebbe stato innamorato di Amélie, per il semplice fatto che amava Troy e ciò non sarebbe mai cambiato.

Diamine, lo faceva così arrabbiare, Edward! Credeva di sapere tutto su di lui, di potersi permettere di essere geloso (e questo proprio non lo capiva), e oltretutto era impiccione, appiccicoso, invadente e... no, non era vero. Non era affatto così, ma ammettere come realmente fosse era ammettere ben altro.

E si odiava nel riconoscere che lui gli piaceva più di quanto pensasse, si odiava perché era come fare un torto a Troy.

Una vocina s'intromise nei suoi pensieri.

Ma ti ascolti quando pensi? Fare un torto a Troy? E anche a continuare ad amarlo così cosa ci ottieni? Lui non ti amerà nemmeno fra cent'anni, lo sai. Se gli chiedessero la prima persona che gli viene in mente il cui nome inizia per 'J' non direbbe certo 'Jay' bensì 'James', idiota.

Il ragazzo dagli occhi cioccolato si domandò se fosse normale discutere mentalmente con se stessi.

E con ciò? Non smetterò di amarlo per nulla al mondo.

La vocina dovette offendersi, perché tacque.

Jay sbuffò, poi si girò su un fianco e chiuse gli occhi. Era solo una giornata sbagliata.

~~~

Quel mattino il cielo sembrò svegliarsi imbronciato, ed Edward con esso. Le occhiaie scure sotto i suoi begli occhi verdi la dicevano lunga su come avesse dormito.

Quando Jay scese a far colazione, anche lui non parve stare granché meglio. Aveva i capelli color cioccolato tutti arruffati, segno che non s'era nemmeno preso la briga di pettinarli, e una faccia spaventosamente stanca.

Il moro gli pose davanti la tazza ricolma di caffè ed egli fece un cenno col capo per ringraziarlo. Poi il castano allontanò il proprio croissant da sé, scuotendo il capo.

- Non mangi?

- Non ho fame...

- Non sono tua madre e non ho nessun diritto di dirti ciò ma, Jay, devi mangiare qualcosa, altrimenti dopo ti verrà fame...

- Non ho fame, Edward - ribadì il coinquilino, teso.

- Jay...

- Lasciami in pace, Edward! Non mi parlare! - sbottò allora, con tanto fervore da rovesciarsi addosso quel poco che rimaneva nella tazza.

Non si lasciò andare in imprecazioni; lo fulminò con gli occhi castani fiammeggianti e corse nella propria camera a cambiarsi.

Il moro fissò la porta della cucina, sconsolato. Ora sì che si sentiva uno schifo.

~~~

Col passare delle settimane, Edward si trasformò nel coinquilino perfetto. Forse per farsi perdonare, forse per bontà innata, fatto sta che dal giorno alla notte cambiò completamente.

Qualunque cosa facesse era solo per rendere Jay felice: aveva imparato a svegliarsi prima di lui per preparargli la colazione e se riusciva portargliela a letto, lo aiutava a fare i compiti, restava a fargli compagnia se era malato, gli preparava per pranzo e cena qualunque cosa desiderasse e non aveva mai prodotto un suono di troppo (a parte quando l'aveva sentito - inequivocabilmente - darsi a una certa 'attività', della quale non era certo se fosse per sfogarsi o più indirizzata a qualcuno - lui -).

Aveva smesso di fargli domande inopportune, si teneva a debita distanza da qualunque relazione che non fosse superficiale con i suoi amici, non si lamentava mai. Sembrava essersi ridotto a essere più il suo schiavetto che altro.

Quel che però Jay non sapeva era che un giorno, preso dalla curiosità, Edward aveva fatto ciò che lui gli aveva esattamente chiesto di non fare.

Mentre il castano era al lavoro, aveva preso il suo portatile e ci aveva dato una sbirciata. Era pieno di foto dell'Australia, e in particolare dello stesso ragazzo presente nel poster sopra il letto di Jay.

Aveva deciso che egli dovesse essere Troy. Osservandolo, non aveva nulla di particolare da dire: assomigliava parecchio al cugino di Chase, Niko, era bello, molto bello, non c'era parte in lui che non lo fosse, dalle iridi color del mare australiano ai capelli biondo oro. Era invidiabilmente alto, muscoloso, abbronzato.

Gli scatti che lo ritraevano erano innumerevoli, degni di un fotografo professionista. Davanti al mare, con l'immancabile tavola, con Jay, fra le onde, un'unica con abiti normali e niente costume, una mentre dormiva, abbracciato a un ragazzo più basso di lui (e probabilmente anche più vecchio...) durante una premiazione di una competizione di surf, e... e una foto che ritraeva il biondo baciare quello che ora chiaramente non era più un ragazzo, bensì un uomo sui trentacinque-quarant'anni.

D'improvviso gli parve tutto chiaro. Era vero, Jay non amava Amélie, era innamorato di Troy! Ma lui stava con un altro...

Nell'ultima, risalente a sei anni prima, c'era il biondo che cingeva le spalle sia di Jay sia dell'uomo, sorridendo, il castano che sorrideva a sua volta all'obbiettivo e l'uomo che invece cercava di sfuggirvi, imbarazzato. Ciò che lo colpì fu il colore dei suoi occhi, dorati.

Era sicuro che al mondo ci fosse solo una persona con quegli occhi, ma si sbagliava. Dunque aveva tutto un senso... quando aveva detto 'Shane'... e Jay gli era parso pensieroso...

Poi lo aveva sentito rientrare e aveva chiuso tutto in fretta.

Sapeva che Jay era maledettamente stanco. Sapeva che si sarebbe potuto arrabbiare. Ma anche lui era stanco di sopportare il disagio che aleggiava tra loro. E dopotutto le scuse non sono sempre ben accette, in questi casi?

Green Eyes 2 - Follow your heartDove le storie prendono vita. Scoprilo ora