It doesn't matter

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Il cielo era plumbeo, carico di nuvoloni scuri e minacciosi, e pioveva praticamente da tutto il giorno.

Belle vacanze, pensò Jay, e sbuffò. Per una volta che avevano ben una settimana di completo relax senza scuola né lavoro non faceva che diluviare, anche se sotto sotto la pioggia gli piaceva parecchio.

Impossibilitato ad uscire, s'era messo a leggere. Era un romanzo interessante, un best seller di un'autrice della sua età molto talentuosa. Edward gli aveva detto di conoscerla di persona, aveva perfino assistito al suo matrimonio.

Che invidia, accidenti!

E a proposito di Edward, lui invece stava facendo 'il bagnetto' a Rocky. Lo ammetteva, quel batuffolo peloso era qualcosa per il quale non si poteva non sciogliersi dalla tenerezza, ma il moro era un tantino esagerato, ne pareva quasi innamorato. Non che fosse geloso del cucciolo, assolutamente. Pft, lui? Geloso di un cane? Ma quando mai?

In quel momento, mentre era arrivato a uno dei punti più struggenti della trama, dove il protagonista diceva addio alla persona amata, il telefono di casa squillò.

Uff, proprio ora? Finisco la pagina...

E sarebbe voluto andare avanti a leggere e ignorarlo, ma era così molesto quel suo trillare tanto forte da dargli fastidio alle orecchie!

- Jay! Rispondi tu? - gridò Edward dal bagno, e lui sbuffò ancora.

- Sì, sì...

Chiuse il libro e si alzò, poi prese il telefono e lesse il numero sul display: sconosciuto.

- Sì, pronto?

- Buon pomeriggio. C'è Edward? - chiese una voce all'altro capo del telefono, fredda, bassa e quasi dal timbro metallico. Il castano sentì un brivido corrergli lungo la schiena e si passò una mano fra i capelli, mordendosi il labbro.

- È uscito... credo che tra poco sarà qui - mentì, a disagio, eppure era certo che fosse meglio così.

- Allora aspetterò...

- Mi scusi, deve dirgli qualcosa? Se vuole posso riferirglielo.

- No, grazie. Attenderò.

Jay spostò il peso da una gamba all'altra. Cosa poteva volere quell'uomo da Edward?

- Scusi la domanda, ma lei chi è?

Silenzio. Per un attimo il ventiduenne pensò che non gliel'avrebbe detto.

- Sono il padre di Edward.

- Ah...

Oh no, il padre di Edward? Capperi!

- E tu chi sei? - chiese l'uomo, assai poco gentilmente.

- Il suo coinquilino, s-signore. Mi chiamo Jay. Ehm... vuole richiamare più tardi?

Sperò che dicesse di sì, almeno avrebbe bloccato quel numero e impedito che Edward lo venisse a sapere. Non gli sembrava troppo felice della propria famiglia.

- No - rispose invece il padre del moro, secco.

Una lunga pausa, in cui nessuno dei due fiatò.

- È un bravo ragazzo, suo figlio - provò a rompere il ghiaccio Jay.

- È un fannullone, un buono a nulla e semplicemente come suo fratello, un errore.

Il castano raggelò. Cosa stava dicendo?

- A me non sembra così...

- Oh, perché non lo conosci come lo conosco io! Vedrai, che tipo è! Inutile! Che ci provi, a tornare a casa! Gli insegno io a portarmi rispetto! - s'infervorò l'uomo. A quel punto il ventiduenne mandò al diavolo ogni buon proposito di mantenere il contegno e si lasciò sopraffare dalle proprie emozioni. Strinse i pugni.

Come poteva un padre parlare così del proprio figlio?

- La smetta di dire queste cose! Edward è il mio ragazzo ed è davvero fantastico! Afferma di conoscerlo, ma è una menzogna! Io... - ma non concluse, venendo interrotto dal padre di Edward.

- Il suo ragazzo? Che cosa d-... - nemmeno l'uomo poté finire di dire ciò che stava dicendo, poiché Jay gli attaccò in faccia. Dopodiché si lasciò pesantemente cadere a sedere su una sedia. Sospirò.

Oh Edward, chissà cosa devi aver passato! Non ho mai voluto darci tanto peso... non oso nemmeno immaginare quanto tu abbia sofferto. Mi dispiace tanto di essermi comportato come se i miei problemi fossero l'unica cosa importante...

Il moro gli comparve davanti proprio in quel momento, tra le mani il piccolo Rocky e sulle spalle un asciugamano. Il suo sguardo corse più in basso, notando che era a torso nudo. Arrossì.

- Ehi Jay, chi era? - domandò, e lui gli prese il cucciolo e lo poggiò a terra.

Emise un sospirò, evitando i suoi occhi verde smeraldo.

- Era... era tuo padre.

Edward sembrò stupirsi.

- Mio padre?

- Io... io... mi dispiace così tanto, Edward! - esclamò il fidanzato, e lo abbracciò forte. Il moro gli accarezzò il capo.

- Di cosa?

- Di non aver dato importanza a ciò che hai passato - sussurrò Jay, inspirando a fondo il suo profumo dolce, di shampoo e di latte, profumo di cucciolo.

- Ma Jay, non ha importanza...

Lui alzò il capo e lo guardò con gli occhioni color cioccolato lucidi.

- Davvero?

Edward sorrise.

- Sì - disse, e lo fece alzare per poi farlo risedere, solo sulle proprie gambe. - Che ti ha detto mio padre?

Il castano tremò e si abbandonò contro il suo corpo come un cucciolo spaurito.

- Ha detto tante cose brutte... su di te.

- E tu cosa pensi? Ti trovi d'accordo con lui?

Edward lo fissò intensamente, serio. Il padrone di casa scosse energicamente il capo.

- Non mi troverò mai e poi mai d'accordo con lui.

Non è solo perché ti amo, è che sei davvero un ragazzo meraviglioso, e tutti hanno pregi e difetti, ma sono proprio i tuoi difetti a renderti meraviglioso.

- E dimmi, cos'hai fatto dopo che ti ha detto quelle cose?

Gli ho detto che sei il mio ragazzo...

- Gli ho attaccato in faccia - sussurrò Jay, stringendogli una mano.

Il ragazzo dagli occhi verdi rise.

- Bravo ragazzo.

E lo baciò dolcemente, una mano fra i suoi morbidi capelli castani e l'altra sul petto, a stringerlo ulteriormente a sé.

- Jay... non importa cosa accada, io non ti lascerò mai. Mai. Non tornerò a casa per nulla al mondo, perché casa è dove sei tu.

Lui espirò sulle sue labbra.

- Ti prego, ripetilo...

Edward sfiorò il suo collo con le labbra, facendolo rabbrividire di piacere.

- Casa è dove sei tu...

Green Eyes 2 - Follow your heartDove le storie prendono vita. Scoprilo ora