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Continuava a farsi dominare da quella striscia rossa sul viso. Voleva smettere, ma allo stesso momento no.

Con quella frustrazione che provava, si sentiva qualcuno. Provava tanto, qualcosa di insolito. Era una frustrazione piacevole, non come quello che provava le altre volte innervosendosi, arrivando al limite o spesso rompendo qualche oggetto come matite o pagine di libri, quaderni. Ma anche tanto altro. Non sapeva gestire la propria rabbia al meglio in certe situazioni, altre volte nemmeno sembrava arrabbiato.

Infondo quando si “esplode”, si hanno diverse reazioni. C'è chi piange, c'è chi ha reazioni distruttive. Chi cerca di nascondere la rabbia con semplici gesti che potrebbero sembrare autolesionisti: pugni alle porte, ai muri. Mordersi le nocche, le dita. Sperare di andar via da quella situazione. La cosa che più non si sopporta è quando gli altri tendono a stuzzicare. “Te ne pentirai”, “Adesso lo dico a...”. Che cosa snervante.

Gli poteva dare fastidio qualsiasi cosa, ma quel momento no. Il cuore gli esplodeva in petto, ma lui voleva stare con Norman. Non gli dava fastidio.

Si erano persi in quegli sguardi.

Gli sguardi innamorati.

Lucas e Yuugo parlavano, mangiavano e ridevano. Pensavano a vivere il loro momento.

I due più piccoli erano ancora impegnati a guardarsi, finché non notarono uno sguardo pesante addosso. Scoppiarono a ridere, su lasciarono le mani per qualche istante e iniziarono a mangiare come si deve.

Quel bel momento si era concluso, è il primo, non è l'ultimo.

•~•~•~•~•~•~•~•

Finito il pranzo, le coppie di fratelli si separarono: i più grandi, avrebbero chiacchierato in salotto, sul divano. I più piccoli, in camera di Ray.

Il più piccolo tra i due, Norman, ora potette osservare meglio la camera: In diversi anni, ovviamente, era cambiata.

Il letto era più spazioso, le lenzuola tendevano a sfumarsi in colori freddi. Pile di libri allucinanti, libri in tanti scaffali. Erano presenti sulla scrivania diverse paia di cuffie: senza filo e con, grandi e piccole. Molto ampia, non stretta e claustrofobica. C'era una piccola lampada sulla scrivania, per fare luce quando doveva studiare la sera tardi o per illuminare la stanza quando voleva leggere. Aveva poi una o due chitarre vicino l'armadio. Il tutto non era in perfetto ordine, ma nemmeno in disordine. Erano messe nei luoghi più appropriati, ma con noncuranza. Norman lo conosceva, non gli dava fastidio il suo “disordine”. Anzi, quasi lo amava.

Perché tutti nel nostro disordine, troviamo il nostro ordine.

Gli piaceva quando prendeva quell'oggetto che sembrava impossibile da trovare in tutte quelle cianfrusaglie. Gli piaceva perché Ray in quei momenti era creativo, creava quel che nessuno avrebbe fatto. Si distingueva.

Fece accomodare Norman sul letto, facendogli lasciare la valigia affianco la scrivania. La porta era chiusa, avrebbero parlato del più e del meno. Come hanno sempre fatto.

Ma questa volta c'era un nuovo dettaglio.

Ray aveva ancora il rossore in viso e il pensiero fisso dell'accaduto di poco prima.

Il proprio migliore amico, nonché persona che si ama, prenderti la mano dopo che non vi vedete da otto anni? Non è una cosa di tutti i giorni.

Pensava e pensava.

Ma intanto questa volta era lui che aveva preso la mano a Norman. Involontariamente o no, non lo sapeva. Si girò, si ritrovò velocemente il volto di Norman che sorrideva. Non era a pochi centimetri da lui come le scene nei film. Sorrideva, come se fosse soddisfatto della sua azione.

Quando ci fermammo ad ascoltarci..🤍Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora