Le ore erano passate.
Anzi, volate.
Il sole si faceva sentire di più e il clima da fresco era diventato più caldo. Si sopportava comunque.
Era arrivata l'ora di pranzo.
Norman e Ray si sedettero per bene sulla tovaglia a scacchi, cacciando dallo zaino dei contenitori dai colori brillanti. Non erano numerosi, ma nemmeno pochi.
Presero le posate, iniziarono a mangiare ridendo e scherzando.
Sorridevano, scambiavano sguardi tra loro. Parlavamo del più e del meno. E nel frattempo il tempo volava, volava e volava. Stavano benissimo tra loro. Erano felici, erano "impegnati" e finalmente potevano recuperare quel tempo che tanto rincorrevano.
L'albino si alzò di scatto, si avvicinò in una zona precisa di quella distesa di pianura.
Ray non capiva il suo intento, ma voleva solo che Norman ritornasse. Voleva solo che passasse il tempo con lui. Non voleva perderlo di nuovo.
Si perse tra i suoi pensieri.
Si perse per vari istanti.
Ma solo quell'animo gentile poteva farlo svegliare.
Quell'animo gentile, Norman, era tornato. Era davanti a lui, in ginocchio, che gli porgeva a una rosa rossa, mentre Degas giocava con la sua mano piena di foglie e petali.
Miagolava, saltellava e con le zampine faceva rimbalzare gli schizzi d'acqua e le foglioline bagnate.
Quel rossore sul viso di Ray, era tornato. Sentiva le guance bruciare, le labbra formicolare, le mani tremate. Il naso gli pizzicava, anch'esso era rosso.
Non emanava alcuni suono, mormorio o sussurro.
Apriva la bocca, non diceva nulla.
Norman lo guardava e sorrideva, aveva compreso subito l'accaduto. Prese Degas, gli toccava le zampine, gli metteva sul naso i petali.
Miagolava, miagolava e miagolava.
Ray era ancora in fase di shock, balbettava di continuo.
Rosso-rosa. I colori che presentava in quel momento. Le sue guance, le nocche, i polpastelli, il naso e tanto altro. Le labbra erano screpolate, la gola secca.
Nonostante tutto teneva con tranquillità la rosa tra le mani.
"Ma perché quel gesto?"
Si chiedeva. Poteva confrontarsi, poteva sentirsi tra sé e sé. Poteva parlare e nessuno l'avrebbe sentito mettendolo in imbarazzo. Niente giudizi altrui, solo personali. Niente consigli, solo ragionamenti propri.
"Perché io?" Continuava.
Il rossore aumentava, Norman adorava quel rossore, lo aveva in qualche modo soddisfatto.
•~•~•~•~•~•~•~•
Era arrivato il tramonto quando i due giovani si erano incamminati per le strade di Los Angeles. Avevano posato la moto e si stavan incamminando con in braccio il piccolo Degas addormentato. Norman indossava un foulard al collo per evitare un raffreddore improvviso. Era di un colore azzurrino, ed era quasi trasparente. Ma gli teneva al caldo la gola.
Il cielo giallo-azzurro era sparito, ma una sfumatura blu-arancio dominava il cielo.
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Quando ci fermammo ad ascoltarci..🤍
FanfictionFanfiction di "The Promised Neverland". Norman, un pianista francese, si trasferisce a Los Angeles con suo fratello Lucas. Qui, ritrova i suoi vecchi amici: Ray, un chitarrista, e Yuugo. Tra chiacchiere e vecchi ricordi, Norman e Ray si ritrovano a...