Nessuno

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Tw: questa raccolta sta diventando
una riesumazione
di tutte le mie bozze.






Quando Manuel arriva sotto casa di Simone, quest'ultimo è già fermo sulla soglia, con la spalla destra poggiata allo stipite della porta e un cipiglio sul volto, che mostra sconforto e frustrazione. Incrocia le braccia al petto e osserva Manuel che lentamente gli va incontro, con le mani in tasca e la testa leggermente china. «Quindi? Che vuoi?» gli domanda, con tono rude.

Manuel gli si pone davanti, sente le mani sudare e non crede di essere mai stato così agitato. «Manco me fai entra'?» gli chiede, sporgendosi leggermente con la testa verso l'interno dell'abitazione, mentre la mente gli si riempie di possibili scenari, tutto catastrofici. «Mica ce sta' quello in casa?» e la voce esce sottile, quasi soffocata.

Simone solleva gli occhi al cielo e sbuffa. «No, Manuel, sono da solo.» dice, scocciato. Poi, non vedendo alcuna reazione o allontanamento da parte dell'altro ragazzo, sospira rumorosamente e si sposta leggermente di lato, lasciandolo entrare in casa.

Manuel si addentra al suo interno timido, lasciando Simone leggermente intontito, ché forse è la prima volta da quando ha messo piede in quella villa che il più grande pare così spaesato e perso.

Raggiungono la cucina a passi lenti, Manuel con la paura di rovinare tutto - di nuovo - e Simone con la paura di rimanerci sotto - di nuovo - per poi rendersi conto, qualche secondo più tardi, di non essersene mai liberato.

Simone è il primo a voltarsi verso l'altro, mettendo su quell'atteggiamento che da settimane riserva al più grande. «Parla.» gli dice soltanto, stizzito.

Manuel sospira, strizzando gli occhi - è spaventato ed è chiaro ad entrambi. Gli si avvicina a passi lenti, rimanendo in piedi, uno di fronte all'altro. Prova ad allungare un braccio, in direzione del viso del più piccolo, che lo guarda confuso e rassegnato.

Tuttavia, tale gesto viene messo a tacere da Manuel stesso, che scuote il capo e ripone il braccio lungo i fianchi. «Me dispiace, Simò.» inizia a dire, torturandosi le mani. «So' la persona più egoista sulla faccia della terra, e te sei l'ultima persona che se merita 'n trattamento del genere. Ma io gna faccio più, Simò. Te lo giuro!» si passa una mano sul viso, sopprimendo un lamento frustato. «So' giorni che te vedo gira' a scuola, pe' strada, a casa tua co' quel cojone che te sta appreso e che - con tutto il rispetto - manco te sa tene' pe' mano.» questa volta il braccio che cerca di allungare giunge a destinazione, afferrando il polso dell'altro ragazzo. Li solleva entrambi in aria, fa prima aderire i loro palmi e poi incastrare le loro dita. «'O vedi? È così che se fa!»

«Man-»

«No, famme finì.» insiste, stringendo la presa, ché tanto ormai è un fiume in piena e di fermarsi non ne ha alcuna intenzione. «Non me piace come te guarda, non me piace come te tocca e non me piace come te parla. E manco so' perché te sto a dì 'ste cose, ma io 'na cosa così non l'ho mai provata pe' nessuno Simò, pe' nessuno. E non so che vor dì, ma c'ho 'na voglia matta de scoprirlo e 'o possa fa' solo co' te.» finisce quel monologo che ha quasi il fiatone, con Simone che continua a guardarlo impassibile, senza muovere un muscolo. «Se-sempre se te va, Simò.»

Simone però non fa niente.

Spera che faccia una mossa, qualsiasi cosa, anche un rifiuto sarebbe meglio dell'indifferenza che gli sta riservando in quel momento - ma ciò non avviene, Simone si limita a guardarlo con un'espressione vuota a disegnargli il viso e tanto basta per far capire a Manuel che è tardi, che il gioco è bello se dura poco, che tutto è possibile finché non si supera il limite.

Si allontana quindi lentamente, compiendo qualche passo all'indietro, senza voltarsi mai, rimanendo, piuttosto, con lo sguardo fisso su di lui.

Scuote il capo e si scosta da quell'immagine solo quando vede Simone farsi piccolo, mentre egli raggiunge la porta e prova ad abbandonare quella casa che forse, casa, non lo è più.

Poggia la mano sulla maniglia e la abbassa lentamente, muove qualche passo verso il portico della villa ed è sul punto di abbandonarla quando due braccia forti gli stringono il busto e un cuore batte fortissimo sulla propria schiena, facendolo bloccare sul posto. «Rimani qua?» mormora Simone, mentre lo stringe a sé.

Manuel poggia le proprie mani su quelle di Simone, gli carezza il dorso e chiude gli occhi, respirando profondamente. Poi si volta nell'abbraccio, sorridendo, lo guarda con occhi grandi e lucidi. «Okay.» si limita a dire, poggiando la testa sul petto dell'altro e cingendogli il busto con le braccia.

Rimangono così per minuti interi, forse ore, magari anni. Manuel poi si allontana di poco, fa salire le mani sulla schiena dell'altro, fino a raggiungere il collo e poi le guance, su cui si ferma. Gli stringe il viso e «mo' te faccio vede' pure come se dà 'n bacio vero.» sente le labbra dell'altro aprirsi in un sorriso nel momento in cui, sollevandosi leggermente sulle punte, posa la propria bocca su quella dell'altro.

Lo bacia, dapprima, lentamente, con calma, assaporando le labbra di Simone che sanno di ciliegia, ché quel vizio di mangiare caramelle alla frutta ad ogni ora della giornata non lo perderà mai - poi, quando Simone schiude le labbra per accoglierlo, il bacio si fa più famelico, tanto che faticano a capire dove finisce uno e dove inizia l'altro; è un intreccio di lingue, sorrisi e anime.

Si staccano solo quando i polmoni d'entrambi reclamano un po' d'aria, Manuel si allontana sorridendo, facendo scontrare i loro nasi una volta, poi due, tre, quattro, finché Simone non lo arriccia sorridendo e Manuel vi lascia un bacio sopra.

«Manuel?» lo richiama poi, stringendo tra le dita i suoi ricci alla base del collo.

«Mmh?» un bacio glielo lascia anche sulla fronte.

«Non c'è mai stato nessuno,» dice, sorridendo piano. «Né prima di te, né dopo di te.»

Per ogni tocco di lancetta - Simuel Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora