Jealousy, jealousy

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Poche cose riuscivano a destare invidia nel cacciatore, che era ossessivamente sulle tracce della sua Biancaneve dai boccoli scuri, poiché qualunque oggetto bramasse, finiva sistematicamente nelle sue mani, non importava il prezzo, la grandezza o la forma. Tra queste rarità vi era il sole, che senza il minimo sforzo, libero di qualsiasi richiesta di permesso, incurante delle leggi, che circondavano la vita e l'equilibrio degli esseri umani e soprattutto ignaro del senso di pudore, districava i suoi raggi lungo la carnagione, che apparteneva alla sua preda preferita, la quale era paradossalmente color cioccolato e non bianca-latte, come quella dell'originale principessa dalle labbra scarlatte. La sopracitata palla di fuoco, che cambiava aspetto a seconda delle ore del giorno, regalando sorrisi e panorami mozzafiato, a chi la guardava, aveva la faccia tosta di baciare la pelle dello stripper, fino a farlo sudare per il suo calore o addirittura rabbrividire, facendo percepire la sua presenza anche all'interno delle vesti del giovane, in punti dove nemmeno un cliente speciale o una one night stand erano riusciti ad arrivare, incluso San, che aveva spogliato il diciannovenne solo con lo sguardo, fino a quel momento e quel disco solare non smetteva di ricordarglielo, riproducendo la propria musica quotidianamente, quasi fosse un dispetto nei suoi confronti, soffermandosi con le sue note sulle curve nude del ragazzo e scivolandoci sopra sinuosamente a mo' di carezza, illuminando ogni tratto della figura beatamente ancora addormentata tra le lenzuola e i capelli sparsi sul cuscino. Nonostante il corvino avesse tentato di tenere testa, non solo al sole, ma anche alla distanza e a tutte le regole del tempo, le sue telecamere non riuscirono a sovrastare ciò, perché avevano i loro limiti: a cominciare dalla possibilità zero di toccare il soggetto dei suoi desideri direttamente, al doversi accontentare dell'inquadratura, troppo stretta per i suoi gusti e disturbata dal sovrano invasore dorato, che offuscava la visuale, non avendo remore nei suoi confronti, nemmeno con la presenza di Mingi nella dimora, il quale stava lentamente partecipando allo scenario. Il ragazzo dalle treccine aveva dormito poco in realtà, trasportato dalle emozioni e dai suoi pensieri. Il suo cervello era stipato, per non dire bloccato. Gli esseri umani potevano avere all'incirca sessantamila pensieri al giorno, ma nel caso del ragazzo dai capelli rasati, il suo bagaglio non era aumentato né diminuito di una sola formulazione di essi e seppur non fosse arrivato al numero massimo, avendo avuto ridicolosamente un solo soggetto circolante per la mente, Mingi aveva avuto un gran mal di testa, che era partito dalla fronte e aveva penetrato il capo con forza, senza sosta. Possibile, che quella foto con Yunho fosse stata così risonante da picchettare fastidiosamente all'interno della sua materia grigia? Lui e quello stupido modello, schifosamente bello. Un grugnito echeggiò lungo la gola, accompagnato da una mala tirata delle coperte in cui si era anteriormente circondato, con la vana speranza di addormentarsi. Liberarsi da quella soffice catena, che opprimeva il suo corpo non fu facile, visto che a causa della momentanea insonnia, ci si era rotolato dentro, creando un groviglio. Fortunatamente, al limite della pazienza, ne sciolse il nodo.

Durante il sonno perduto ebbe modo di guardarsi intorno e notare alcuni oggetti appartenenti a Wooyoung, posizione delle stanze annoverata. In questo tour notturno, aveva scorto, in lontananza, la cucina e un buon caffè era quello, che gli ci voleva per riprendersi e mettere a moto i neuroni, anche se aveva l'impressione, che uno solo non sarebbe stato sufficiente allo scopo.

Trascinò i piedi nudi sul pavimento, ricordandosi solo in quel momento, che portava ancora i vestiti della sera prima, il che non era il plus ultra del comfort, con l'aderenza che lo accompagnava passo dopo passo. Imbarazzato dal luogo in cui si trovava che non faceva altro che urlare "lusso" e di sé stesso, si grattò la nuca e per non peggiorare il suo stato d'animo, si dedicò a scannerizzare la camera con lo sguardo, puntando alla macchinetta del caffè. La moka o, meglio, la caffettiera era definitivamente esclusa dalla probabile presenza in anticipo, dato l'aspetto della casa. Non appena individuò la ricercata, emise l'ennesimo sbadiglio e ci allungò le mani, per poterla azionare. Possedere una quantità innumerevole di denaro doveva essere bello. Ci si poteva comprare oggetti che qualunque comune mortale poteva solo sognare, come ad esempio il marchingegno che aveva di fronte, dotato di tre bottoncini, dove si passava dal consistente amaro, allo zucchero esagerato, per ogni bevanda selezionata sul display e di queste n'erano presenti almeno una decina. Mingi dovette scrutare tutte le etichette digitali, affinché potesse selezionare un semplice espresso. Berlo fu quasi una sorta di trofeo, per la pazienza avuta e ne migliorò il sapore o più probabilmente la cialda non era economica o di sottomarca e rendeva tutto più gustoso.

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