"Non puoi sempre estraniarti da tutto quando le emozioni ti sovrastano. Devi imparare a gestirle, non nasconderle e basta senza aspettarti che un giorno prendano il sopravvento su di te."
—— Annette ——
Anne aveva provato per cinque lunghissimi anni a prendere ognuna di quelle emozioni e sezionarle per cercare di capire come gestirle.
Ma queste risultavano ogni giorno più forti di lei.
Ciò le capitava sempre quando il controllo le mancava. Le lasciava un bel biglietto di addio sulla porta e le lasciava il lavoro più difficile.
Quello che le richiedeva di non lasciarsi andare agli attacchi di panico. Tanto meno all'apatia dopo di essi.C'era voluto tempo, molto tempo ma qualche obbiettivo l'aveva raggiunto.
Diciamo però chiaramente che era stata molto più brava a nascondere il tutto piuttosto che ad affrontarlo ogni, dannato, giorno.E per lei andava bene così. Le era andato bene che gli altri credessero che stesse meglio, come le era andato bene che quella parte così oscura di lei, quella metà, avesse preso il sopravvento sulle sue debolezze per non lasciarla mai più sola.
Perché così era stato tutto più semplice.
Da quando suo zio, Tony, l'aveva riconosciuta e portata a New York con lui, dandole una nuova casa e delle nuove e perfette abitudini, lei si era plasmata ad esse con facilità.
Dentro di sé sapeva perfettamente quanto le cose abitudinarie la potessero facilmente stancare, portandola alla ricerca di qualcosa in più, ma sapeva anche che ciò era necessario per tenere tutto sotto controllo.E così aveva vissuto le giornate senza troppe emozioni né positive né negative, tracciando i suoi momenti sempre nella stessa maniera e bilanciando il tutto perfettamente.
Perché così non c'erano sorprese.
Perché così lei sapeva ogni cosa.
Perché tutto era sotto controllo.Consapevole lei più di chiunque altro che se la sua vita fosse stata stravolta per l'ennesima volta, poche sarebbero state le certezze. Poco sarebbe stato il controllo.
Un controllo che aveva visto scivolare dalle proprie mani lì, mentre era schiacciata sul tronco di un albero con davanti l'unica persona che tutto poteva ritenersi tranne che perfettamente sotto il suo controllo.
Era aggrappata al sedile del passeggero mentre la macchina sfrecciava lungo una strada sterrata, polvere sottile si sollevava dietro la vettura.
Il volto della giovane era una maschera di frustrazione e preoccupazione, gli occhi serrati mentre guardava fuori dal finestrino.
Aveva un mal di testa così forte che gli occhi le si chiudevano da soli per brevi istanti, alla ricerca di un sollievo che non trovava affatto.
Era certa, senza neanche appurarlo con il proprio sguardo, che Bucky non aveva più distolto lo sguardo dalla strada, neppure per vedere come stesse.
Perché bastava stare un po' più attenti all'ambiente circostante per rendersi conto che l'aria era carica di tensione, interrotta solo dal ruggito del motore e dal fruscio del vento.Anne sentiva ancora la rabbia scorrerle nelle vene alla continua mancanza di risposte, in un atmosfera carica di emozioni che Bucky stava semplicemente ignorando.
Il motore ruggente e il silenzio tra di loro creava un contrasto tangibile, mentre lasciava la giovane sospesa in un limbo di incertezza.
Un limbo che fu squarciato via dalle successive parole dell'uomo accanto a sé.
"Dobbiamo fermarci, tra pochi chilometri ci sarà un motel."
Fu inevitabile per lei portare lo sguardo su di lui, deglutendo nervosamente nel ricordare ciò che era successo ore fa.
Perché si, erano in viaggio ormai da 3 ore.
Tre ore di silenzio e mal di testa.
Ore in cui ciò che aveva provato continuava a ripetersi in un loop stancante ed eccitante nella sua mente.
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INHUMAN | Bucky Barnes
Fanfic"E così, saresti tu. La mia guardia del corpo." "A quanto pare." "E quanto pensi di durare?" "Più di quanto immagini." -- "Lei sapeva essere tutto ciò che riempiva quei maledetti contorni. Lei non era contorno, era essenza. E più la respiravo, più...