Capitolo 38- You broke me first

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Beatrice si trovò a fare i conti con sé stessa. Si ritagliò  un momento per essere sincera, mise da parte gli altri e i loro sentimenti, per dare priorità ai suoi. Pensò al fratello, alla dolce voce che aveva sentito nei suoi ricordi, alla sua richiesta di ricordarsi di lui. Pensò  a Dante e a Simone, due persone importanti nella sua vita che l'avevano aiutata a uscire da quella cecità ombrosa, per poi condannarla a un inferno angoscioso. Dante era stato importante in passato, quando lei era la vecchia Beatrice, una ragazza sciocca che si lasciava sottomettere dalla madre. Negli occhi dell'artista vedeva  l'adorazione e l'amore che provava per lei. Beatrice però, in quella nuova vita, sentiva di non poterlo ricambiare. Pensò a Simone che le stava facendo provare il dolore di non essere ricambiata. Lui l'aveva illusa, le aveva fatto pensare di essere speciale per lui.

Che cosa dovrei fare allora?  si chiese portandosi le mani dietro la testa e fissando il soffitto scuro di camera sua. Io non amo Dante e non posso stare con lui, lo prenderei solo in giro e non posso farlo soffrire ancora. Ma se gli dico che non lo amo lui soffrirà di più. Allora che cosa dovrei fare?

Confusa e depressa si alzò dal letto e andò da Laura, l'unica persona in quella casa a poterle dare un consiglio.

Entrò piano in camera sua e vide nella penombra della stanza la cugina, in biancheria intima, che dormiva sguaiata con la bocca aperta. Si dispiacque a svegliarla e decise di tornare sui suoi passi, lanciandosi con la faccia sul suo letto.

Che devo fare?, piagnucolò ormai sull'orlo di una crisi di nervi. Non posso fare questo a Dante, non dopo tutto quello che c'è stato tra di noi.

L' arrivo improvviso di Morfeo acquietò i suoi pensieri caotici  e cadde in un sonno profondo, sognando Simone.

La sveglia del cellulare trillò avvertendola che erano le otto in punto. Beatrice si svegliò con un tremendo mal di testa che le rendeva difficili persino i gesti più semplici. Sebbene avesse dormito come un sasso, non si sentiva per niente riposata e sapeva che, finché non avesse risolto i suoi dilemmi interiori, non sarebbe riuscita a riposare. Si vestì con una semplice canotta scura e una gonna a balze e uscì di casa, determinata a risolvere tutte le questioni in sospeso. Il primo problema era Dante: sapeva che non poteva mentirgli costringendosi a provare sentimenti che non le appartenevano. Scesa dall'autobus, inforcò la stradina che l'avrebbe portata nella galleria d'arte e spostò la sua attenzione sul fioraio in fondo alla strada. Masticò un'imprecazione nel vedere Simone intento a sistemare dei fiori.  

Affrettò il passo, sperando che lui non la notasse. Non era quello il momento di pensare al problema Simone. Il suo pianò fallì quando Simone la chiamò, facendola sobbalzare. Fece finta di niente, non si sentiva pronta ad affrontarlo. Il dolore era ancora troppo vivido nel suo cuore.

Simone non si arrese, attraversata la strada, la richiamò  «Ehi, aspetta».

 Beatrice si fermò di colpo, non si voltò a guardarlo. Strinse i pugni tanto forte da conficcarsi le unghie nella carne. Come una furia, si voltò verso Simone e, nel notare l'espressione di lui, doveva fare davvero paura.  «Che vuoi!?»ringhiò a denti stretti.

«Mamma mia che faccia brutta che hai! Che ti è successo?» domandò lui, sconcertato.

«Niente!» sibilò, voltando lo sguardo. Non sopportava di vedere quei suoi occhi verdi, temeva di cedere.

«A me non sembrerebbe. Chi ti ha fatto arrabbiare?» le domandò protraendosi verso di lei.

«Nessuno!»

«Ah si?»

«Senti» sbottò con voce dura  «Se hai qualcosa da dirmi, dillo subito o lasciami stare. Ho cose più importanti a cui pensare».

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