Capitolo 37-Ritrovamenti

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 Laura uscì sbattendo la porta, stanca dei continui capricci della cugina. Beatrice rimase in uno stato catatonico. Ancora affacciata alla finestra, osservava con gli occhi lucidi di lacrime i resti sfocati della piantina sotto di lei . Presa da un profondo senso di colpa, nel vedere quella povera e innocente creatura azzurra che era stata vittima della sua follia omicida, scese di corsa a raccoglierne i desolati resti. Aprendo la porta, sentì distintamente la cugina, chiusa in camera sua, urlare un collerico "Idiota" e, immaginando che si stesse riferendo a lei, storse la bocca seccata. Scese le scale di corsa e aprì la porta d'ingresso.  Le si gelò il sangue nelle vene nel trovare il padre, rosso in viso e sudato che guardava boccheggiante i poveri resti della pianta.

«Papà ma... che hai?» domandò Beatrice preoccupata nel vedere come il padre si teneva la mano sul petto respirando affannato.

«Io niente, perché?»domandò lui mettendosi sull'attenti.

«Ma... sei tutto sudato»disse indicando la fronte ampia imperlata di grossolane gocce di sudore.

«Certo che sono tutto sudato, quell'idiota di un medico mi ha detto di fare lunghe passeggiate» borbottò prendendo un fazzoletto dalla tasca della giacca e tamponandosi i baffi.

«Ma ti hanno dimesso solo ieri, non ti devi strapazzare»

«Sciocchezze!» tagliò corto lui con un gesto secco della mano«Comunque, cosa è successo?» le domandò dispiaciuto asciugandosi adesso il sudore che gli colava dalla fronte.

«Colpa mia, mi sono appoggiata alla finestra e l'ho spinto per caso» mentì lei sorridendogli.

«Tua madre non sarà felice di questo» disse lui muovendosi inclinando di lato la testa e arricciando il naso. Enrico si tolse la giacca mostrando una camicia verde dagli ombrosi aloni di sudore e, dopo essersi arrotolato le maniche, si inginocchiò per rimediare a quel disastro floreale.

«No aspetta papà...faccio io non ti devi affaticare» intervenne subito Beatrice vedendo il padre che ancora respirava affannato.

«Insomma, smettetela tutti quanti! Sto bene e di certo non rischierò la vita raccogliendo due cocci» borbottò sotto i baffi raccogliendo con  attenzione i frammenti sparpagliati.

Perfetto, così adesso sarò responsabile di un duplice omicidio, pensò rassegnata.

Beatrice lo vide raccogliere il terriccio scomposto, ricompattandolo tra le mani a conca e lo distribuì dentro il lungo vaso rettangolare tempestato di fitti fiorellini rosati. Quando fu la volta dei petali azzurrognoli li raccolse con delicatezza, come per non arrecargli un ulteriore danno, e li raggruppò meticolosamente uno sopra l'altro.

«Ma guarda dove è andato a cacciarsi» brontolò notando un petalo intrappolato nel bel mezzo del mare rosato, davanti a lui. Infilò la mano grassoccia dentro il cespuglio, facendo attenzione a non nuocere anche agli altri fiorellini, ma il petalo azzurro scivolò tra quei colori tenui e andò a posarsi sul fondo.«A questo punto è una questione di principio» lo sentì dire. Divaricò con mala grazia gli esili ramoscelli, creandosi un varco e infilò dentro la testa e un braccio. A Beatrice venne da ridere nel vedere quell'omone di sessant'anni infilato dentro un cespuglio che si dimenava come un elefante in una cristalleria.

«E questo che cos'è?» chiese  Enrico tirando fuori la testa rossa, adesso piena di petali, e tenendo per una catenella da dove pendeva un oggetto piatto dall'aria malmessa, grande quanto una moneta.

Beatrice gli si avvicinò, piegandosi per arrivare all'altezza del padre e strinse gli occhi per vederlo meglio.«Non ne ho idea» disse facendo spallucce.

«Forse era tuo e anche lui ha avuto un piccolo incidente» ipotizzò lui, senza mostrare sarcasmo nelle sue parole, sollevando lo sguardo verso le persiane spalancate della finestra di camera di Beatrice, che era l'unica che affacciava in quel lato della casa.

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