Capitolo 45-Cosa provo per lui?

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Come aveva presagito nel momento in cui Simone l'aveva accompagnata a casa, stampandole un appassionato bacio sulle labbra, seguito da un altro e da un altro ancora, non appena si fu infilata sotto le lenzuola eccitata e felice com'era, non riuscì a chiudere occhio. Ripensò in  a quel bacio tanto agognato, rendendosi conto di quanto fosse stato differente dai baci di Dante. Lui, Dante, imprimeva una forte e ardente passione nelle sue labbra che le annebbiavano la mente facendole perdere il controllo. Ma quando aveva baciato Simone, si era sentita in perfetta sintonia con lui, facendosi cullare dal dolce tocco della sua bocca.

Felice come non lo era stata mai, iniziò a fantasticare sentendosi in imbarazzo nel pensare che tra poche ore lo avrebbe rivisto.

Il cellulare che aveva lasciato acceso sul comodino iniziò a vibrare, interrompendo i suoi pensieri. Beatrice, scostando le lenzuola che si era tirata fin sopra la testa, lo afferrò rispondendo.

«Pronto?» chiese sentendo in risposta un forte rumore sfrigolante che le fece storcere la bocca infastidita.

«Pronto?» richiese più forte. Qualcuno parlò ma lei non riuscì a sentire, il rumore sfrigolante disturbava il suono.

Quel suono iniziò a perdere d'intensità, e le parole si fecero più chiare. «Tu.....ei....stra...eo».

«Come?» chiese tendendo le orecchie più che poté, per afferrare il senso di quelle parole forzate.

«Sei.n...estra..eo»

«Sei un estraneo!!» esclamò lei ricordando l'incubo « Sei, Virgilio?» chiese boccheggiante alla voce.

Questa però non rispose, lo sfrigolio divenne assordante facendole allontanare il cellulare dall'orecchio.

«Virgilio, sei tu? Ti prego rispondimi» lo supplicò avvicinando la bocca al microfono del cellulare «Virgilio» urlò. 

Lo sfrigolio si quietò e le note di un pianoforte risuonarono nelle sue orecchie.

«Ma... che?» si chiese sentendo una forte malinconia luccicare nei suoi occhi. Quelle note le stavano raccontando una storia lontana, una storia che lei non capì. Le note divennero più decise e cavalcanti,  i tasti vennero premuti con forza, scivolando sempre più veloci sui tasti contigui, fino a scemare lenti, ritornando poi in uno stato di placida soavità per spegnersi poi definitivamente.

Nella camera buia, illuminata dalla luce del display cadde il silenzio. Beatrice rimase a fissare il cellulare che  riposava esausto, avvolto tra le sue dita sconcertate per quello che era successo. Sollevò lo sguardo davanti a sé e vide, accanto alla porta di camera sua, una sagoma scura e ferma che la fissava.

Lei allora urlò. Urlò più che poté tirandosi indietro spaventata, fino a toccare il muro con la schiena.

«Chi sei, maledizione chi sei?» urlò nel panico più totale.

La figura però, come la volta precedente, non rispose e sparì ingoiata dal buio. Beatrice spalancò spalancare gli occhi. Fece un sospiro di sollievo nel realizzare che ancora una volta era stata colta da un incubo.

«Non aspetterò il terzo incubo per capire che il mio subconscio mi sta dicendo qualcosa» si disse lanciando via le lenzuola e alzandosi dal letto.

Con la musica che ancora le risuonava nelle orecchie, andò verso il porta cd dove teneva ordinatamente tutti i compositori classici e ne afferrò uno a caso. Infilò il cd in un vecchio lettore  e si infilò gli auricolari.

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