Trentanove

379 9 5
                                    

Qualcuno mi stringe la mano. 
Quindi qualcuno c'è, qualcuno è venuto a prendermi. 

Parla, ma io non capisco. È solo un brusio, un fastidioso brusio. 
E io dove sono? 
Sto ancora camminando? No, sono stesa. 
Ora sembra tutto più reale: le voci, la mano che preme la mia, la luce accecante posta sopra di me. Gli occhi ora sono aperti. 
Guardo in alto, fa male alla testa. 
Guardo in basso, i miei capelli sono sciolti, mi cadono lungo le spalle e sul petto. 
Ma non era tutto bruciato? 
Forse non tutto...

«È sveglia» la voce parla di nuovo. Ma non era questa quella di prima, questa è una donna. 

Mamma? 
Spalanco gli occhi, voglio vederla.
Mamma? Sei tu? 
Provo ad alzare il busto, ma qualcosa mi tiene ferma. 
Cerco di liberarmi, voglio vederla, devo vederla. 

«Mamma?» la mia voce suona più flebile del solito «maman? ». 

«Chiede di sua madre» di nuovo questa voce che parla. 
Ma io non vedo, non riesco a vedere. 
Che mi succede, perché non vedo più nulla? Prima ho visto tutto perfettamente, che succede adesso?

Apri gli occhi, Edith. 
Ma sono aperti! 
E allora perché non vedo nulla...

Stupida stupida stupida. 
Perché sei così stupida, Edith?

Chi è che sta parlando ora? Sono io, è la mia voce che risuona nella mia testa, credo, non ricordo come sia, la mia voce.

«Aiuto» sussurro. È una richiesta insensata, chi dovrebbe aiutarmi se qui non c'è nessuno? 
Però qualcuno c'è, perché mi parlavano, mi stringevano la mano. 
Fatevi vedere, ho bisogno di vedervi, chi siete? Cosa volete da me? 
Lasciatemi stare. 
Lasciatemi stare! 


Ora ci vedo. 
Di nuovo la luce abbagliante. 

«Edith» chiamano. 
Sono io Edith, no? Stanno chiamando me. 

«Mhm»

Chi mi ferma dal vedere meglio? 
Il fumo?
No, non c'è fumo qui. 
E chi allora? 
Ma se qui non c'è nessuno, chi mi sta chiamando, chi mi sta impedendo di vedere? 


Ora basta fermarmi. Lascia che io veda. 

Mi sforzo e ci riesco. La vista riprende a funzionare. 
Sono in una stanza di ospedale. 
E chi c'è con me? Nessuno, l'ho già detto-

«Edith» qualcosa cade a terra. Qualcuno cammina, e non sono io. 

Quindi qualcuno c'è. 

«Edith»
Chi mi chiama? Chi? 
Io so chi è, ma non me lo ricordo.

Mamma? 

No, non è lei. 

Lei è una traditrice. 

«Edith» 
Ho capito, ho capito chi è.

«Mattheo».

Comincio a vedere, a sentire, ad annusare. 
Mi guardo intorno, l'ago sul braccio c'è. Anche i capelli, i vestiti più o meno: è una vestaglia bianca che ho addosso ora. 

«Edith, cristo santo» dice. 

Ora sono di nuovo io. 
Non sono morta.
Non sono morta. 

Ma seppur viva, un solo pensiero mi assilla. 

«La fotografia» chiedo «dov'è la fotografia?». 
Quella che ho trovato a casa mia, dov'è ora?

«Che fotografia?» è di nuovo la voce della donna che parla. Non è mia madre, è l'agente Goldstein. 
«Quella che ho trovato a casa» provo a rialzarmi ma c'è ancora quel qualcosa che mi tiene stesa «a casa mia, a Parigi»
«Tu non sei mai entrata in quella casa, Edith». 

Twisted Hearts || Mattheo Riddle ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora