17. Don't shatter my feelings

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Ho passato un'intera mattinata a stare nell'ansia più totale, tanto da non riuscire neanche a seguire le spiegazioni degli argomenti sulla storia dell'arte coreana.

Più che altro, sono stata un sacco elettrizzata, poiché finalmente oggi tornerò a trovare mia madre, ed ora che mancano appena venti minuti all'inizio dell'orario di visite all'ospedale non sto più nella pelle.

Jun non fa altro che ridere di me: dice che mi trova divertente, che non ha mai visto nessuno essere così felice di andare in ospedale... ma lui non sa che mia madre, per me, è un'ancora di salvezza, e sapere di poterla rivedere – anche se ancora non è possibile riascoltare la sua voce – mi rende al settimo cielo.

D'altronde, è anche grazie a lei che ho instaurato le mie passioni – senza considerare i bastoni fra le ruote –, sono cresciuta con l'animo puro, e se ho appreso di essermi innamorata di Seo-Jun.

Ecco, credo di aver omesso un piccolo, piccolissimo, dettaglio: un altro motivo per cui sono così contenta di ritornare in ospedale, oltre che rivedere mia madre, è il poter finalmente riprovare sensazioni indescrivibili mentre i miei occhi si concentrano sulla figura di Jun, intento a parlare e scherzare con mia madre, seppur dormiente.

Prendo un respiro profondo, cercando di scacciare momentaneamente questo pensiero stupendo dalla testa – giusto per evitare di impazzire maggiormente – quindi afferro la mano di Jun e, non riuscendo comunque a frenare i movimenti di agitazione delle gambe, seguo con lo sguardo i dottori che vanno da una parte all'altra e portano via i vassoi del pranzo.

Quando finalmente recuperano tutto, aprono l'accesso alle visite.

Sobbalzo letteralmente dalla sedia, trascinando con forza anche il ragazzo che regge la mia mano, che scoppia a ridere per i miei modi di fare molto spontanei.

Non mi importa, al momento, di risultare impaziente o troppo eccitata per gli altri familiari presenti insieme a noi, i quali hanno sicuramente qualche loro parente ricoverato in questa struttura: mi interessa soltanto raggiungere al più presto la camera di mia madre e lasciarle prima di tutto un bacio sulla guancia.

Jun si sistema gli occhiali da sole sugli occhi, mentre ride ancora di me, e si lascia tirare dalla mia presa, non tenendosi dentro il suo ennesimo commento divertito: «Però... per essere così piccola, hai la forza di un lupo».

Alzo gli occhi al cielo, non riuscendo a reprimere una risatina, quindi gli rispondo sulla botta: «Sta' zitto... non sono piccola, e i miei muscoli sono ben formati».

«Solo perché stai fremendo per vedere tua madre» ridacchia ancora, stampandosi un ghigno sulle labbra.

In risposta, gli tiro il braccio con più forza, facendolo ridere di nuovo.

Il nostro piccolo battibecco, carico di sarcasmo, giunge al termine non appena realizzo di essere davanti alla stanza di mia madre.

Mi pietrifico sul posto senza neanche sapere perché, e l'ansia – quella che non ha niente a che vedere con le emozioni strabilianti – comincia a salirmi lungo il petto fin quasi a togliermi il respiro.

Jun si accorge subito di questo mio cambio e, seppur questo lo renda confuso e un po' spaesato, giunge al mio fianco e mi scuote dal momento di trance con una delicata carezza sulla guancia.

«Nina, hai lottato fino ad adesso, per essere qui. Tua madre ti sta aspettando, anche se non sa come dirtelo, e non vorrebbe mai vederti andare via senza un saluto» sussurra, sicuro delle sue parole, con l'intento di non farmi mollare tutto e scappare via.

I miei occhi si inumidiscono, mentre la mia mente comincia a riempirsi di pensieri cattivi, tutti riferiti a mia madre e al suo futuro non ancora certo.

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