Mattheo's POV
Non posso credere che qualcuno le abbia fatto passare un inferno del genere… non me ne sarei mai neanche accorto se lei non avesse mostrato quei piccolissimi spiragli dell'ombra che si porta dentro.
M: «mi dispiace di esser stato indiscreto prima, in palestra»
Scuote la testa.
T/n: «non importa…»
M: «sì che importa, non avrei dovuto forzarti in quel modo»
T/n: «non importa»
Dice con sicurezza nella voce e un sorriso che non arriva fino agli occhi. Quel sorriso mi mostra un'altro lato del dolore che maschera: sembra sicura che io non mi accorgerei mai del dolore che mostrano i suoi occhi, pare certa che io non la stia osservando… perché forse non è abituata a essere capita, forse nessuno l'ha mai guardata davvero.
M: «perché sorridi in quel modo?»
Dico con voce soffice, cercando di tenere a bada i demoni che mi stanno implorando di restituire la luce a quegli occhi spenti.
T/n: «che vuoi dire? Questo è il mio sorriso»
Credo si sia accorta di esser stata scoperta perché riprende a torturarsi le mani con fare agitato.
M: «non cercare di prendermi in giro… io ti ho osservata tanto in questi mesi. Ti ho osservata così tanto di nascosto che ormai guardarti sotto gli occhi di tutti mi sembra un crimine»
T/n: «allora smetti o andrai in prigione»
Ci scherza su, cambiando discorso e mascherando l'imbarazzo. Cerca di sdrammatizzare per evitare l'argomento, per evitare di dover rispondere alle domande di qualcuno che è davvero interessato a lei, come se le mie domande le facessero troppo male per potervi rispondere.
M: «voglio che tu sappia che non smetterai di piacermi a causa del tuo passato. A me piaci tu, con la tua mente contorta, la tua anima strappata e il tuo cuore a pezzi. Con la luce nei tuoi occhi che lasci intravedere solo quando sei in compagnia di Alice oppure quando fai qualcosa che ti piace»
Non replica, sembra intenta ad elaborare.
M: «e soprattutto non ti guarderò mai con compassione o pena perché sei molto forte e di questo devi esserne fiera. Sii fiera di te perché hai superato quell'inferno a testa alta e sei stata tanto forte da tenerti tutto dentro con chiunque»
Mi avvicino al suo orecchio.
M: «ti aspetterò, qualunque sia l'attesa»
Mi allontano, le prendo la mano e ne bacio il dorso, poi mi alzo e prendo i miei vestiti. Sento il suo sguardo bruciarmi addosso, soprattutto la pelle del petto e del viso. Quando abbasso la testa per inquadrare il suo volto vedo che sta andando a fuoco. Ghigno.
Distoglie lo sguardo e si guarda intorno; con gli occhi ispeziona tutto il perimetro della foresta oscura che circonda il lago nero, sembra individuare qualcosa perché si alza immediatamente e si mette a correre alla velocità della luce e sento la sua rabbia quando in un urlo di dolore si è avventata contro qualcosa.
Mi vesto velocemente e percorro la sua stessa strada di corsa… ho paura che qualcuno abbia sentito e visto tutto. Quando la raggiungo è sopra ad un ragazzo, intendo letteralmente a cavalcioni su di lui mentre gli blocca le braccia in alto. Si volta verso di me e, dopo aver visto la mia faccia esterefatta e irritata, si rende conto della malizia nella sua posizione.
Si alza di scatto dal "povero sventurato" che ha atterrato e io gli impedisco di darsela a gambe bloccandolo e tenendolo dal collo. T/n si schiarisce la voce.
T/n: «chi cazzo sei?»
Parla con il ragazzo incappucciato ma lui sembra non sentirla o non ascoltarla perché non le risponde.
T/n: «PARLA CAZZO!»
Si piazza davanti a lui e mi chiede di lasciarlo andare, cosa che faccio con estrema riluttanza.
x: «non mi riconosci? Eppure non ci siamo visti così tanto tempo fa»
Vedo la sua espressione cambiare e trasformarsi in orrore e rabbia.
T/n: «ancora tu?!»
La sua voce è strozzata.
Lo: «che c'è, non ti mancavo tesoro?»
Anche se sono tentato di fare qualche passo indietro, rimango fermo dove sono.
Lo: «la posizione di prima non dispiaceva affatto, perché non riproviamo?»
Le prende un polso ma lei indietreggia, sbattendo contro di me, e strattona via il braccio, che si arrossa notevolmente.
La spingo dietro di me, proteggendola con il mio corpo.
M: «chi sei?»
Lo: «ce né già un altro? Non avevo capito fossi una puttana»
La vedo irrigidirsi e stringere i pugni.
M: «una… puttana?»
Il ragazzo fa un passo avanti ma lo spingo indietro con immensa sgarbatezza.
M: «UNA PUTTANA?»
La rabbia mi esplode dalla gola mentre gli urlo contro. T/n mi tira indietro e quel contatto mi fa tornare a ragionare razionalmente almeno per qualche secondo, il tempo di mettere a fuoco cosa stia succedendo. Il ragazzo è finito per terra e solo ora mi rendo conto che sta ridendo a crepapelle.
Lo: «l'hai addestrato a comando il bastardo eh»
Che cosa ha detto?
Mi giro verso T/n, che sta fremendo di collera mentre trattiene le lacrime e guarda in alto pur di non piangere.
Le accarezzo la guancia con il pollice per tranquillizzarla, poi mi giro verso il ragazzo seduto per terra.
Lo: «NON LA TOCCARE!»
Si mette in piedi e si avvicina a noi. Fa per afferrare T/n per i capelli ma lei è più veloce e gli assesta un gancio perfetto e potente in mezzo agli occhi, lui cade per terra stordito e confuso.
T/n: «la palestra da i suoi frutti allora»
Sdrammatizza. Sono davvero scioccato.
M: «perché non lo hai fatto prima?»
T/n: «prima non aveva toccato i miei capelli»
Fa spallucce, mascherando il suo dolore ancora una volta con un sorriso forzato. Rimango ipnotizzato da ogni suo movimento, mi fotte la mente in modo assurdo senza neanche toccarmi.
Lo: «tu-»
Metabolizza.
Lo: «tu mi hai appena tirato un pugno?»
Lei fa un passo indietro.
T/n: «…sì»
Ha un tono deciso.
Lo: «piccola, sei fantastica. Non ricordavo fossi così forte»
Ha letteralmente gli occhi a cuoricino e credo che abbia un'ossessione per lei.
T/n: «ossessivo, sadico, sociopatico, masochista, violento, stupratore, alcolizzato»
T/n fa un quadro completo della sua condizione mentale, lasciando me sempre più senza parole.
T/n: «ma non ti fai schifo?! Dovresti essere rinchiuso in una clinica psichiatrica! Probabilmente da quando sei uscito di prigione sei anche rientrato nel giro della droga»
Lo: «cosa sei, una psicologa ora?»
T/n: «osservo»
In seguito a quell'unica parole cala un silenzio tombale.
Lo: «dimmi cosa devo fare per riaverti»
T/n: «ripulisciti, fatti ricoverare in una clinica psichiatrica, smetti di drogarti, smetti con la lotta, smetti con la palestra, trovati un lavoro, una moglie e fatti una famiglia. Solo allora potrai dire di averci provato con tutto te stesso, ma anche allora non ti accetterei mai»
Lo: «perché?»
Chiede, tirando un pugno contro un albero per la frustrazione. T/n fa un passo indietro.
Lo: «mi dispiace, mi dispiace non volevo. Non avrei dovuto, lo so scusa»
T/n: «perché? Scusa? FAI SUL SERIO?»
In un paio di falcate si avvicina a lui tanto da respirare la sua stessa aria. Pronuncia un incantesimo e gli mostra il suo braccio: un tatuaggio enorme con il volto di Medusa ricopre tutta la pelle a disposizione. Quasi gli sbatte il braccio in faccia, lui lo osserva con orrore.
Lo: «chi ti ha violentata?»
T/n sgrana gli occhi, lo sguardo pieno di rancore, rabbia e dolore, le mani le tremano tanto che non riesce a reggere neppure il cellulare, che cade perciò a terra.
T/n: «tu stai scherzando… vero?»
Lo: «no. Dimmi chi è stato e giuro che lo uccido con le mie stesse mani»
Dice sicuro.
T/n: «MI PRENDI PER IL CULO? DIMMI CHE STAI SCHERZANDO PERCHÉ TI GIURO SULLA MIA FOTTUTA VITA CHE ALTRIMENTI-»
Lo: «SMETTI DI URLARE!»
Le tira uno schiaffo sulla guancia destra e T/n inizia a perdere sangue da un taglio sullo zigomo. Si porta la mano destra, ancora più tremante di prima, a toccare la ferita. Sono sicuro che il suo cuore stia sanguinando molto di più. Le lacrime sgorgano a fiotti dai suoi occhi, fiumi di cristallo.
M: «ok basta»
Lo prendo per il collo e gli tiro cinque pugni uno dietro l'altro in faccia. Ci infondo tutta la potenza di cui sono capace, per quanta forza ci ho messo ora mi sanguinano anche le nocche, ma non me ne curo affatto.
T/n mi divide dal suo aggressore, che cade a terra completamente privo di sensi. Si accovaccia per vedere se ci sia battito e quando si rialza tira un sospiro di sollievo.
T/n: «hai mai ucciso qualcuno?»
La guardo come a chiederle “ma fai sul serio?”
M: «sono un Mangiamorte, credi che non abbia mai ucciso nessuno? Non sono candido come credi»
T/n: «io non l'ho mai detto»
Sollevo le sopracciglia, incuriosito, per invitarla a continuare.
T/n: «non ho mai pensato che tu fossi candido, ognuno di noi ha un lato oscuro. In alcune persone è più evidente, in altre è quasi invisibile. Io riesco a scoprirlo in poco tempo… mi basta uno sguardo per capire le intenzioni degli altri»
M: «e quali intenzioni vedi per me?»
Non mi risponde, volge lo sguardo al ragazzo steso a terra.
T/n: «non è morto, ma se non lo portiamo subito all'ospedale lo sarà entro 30 minuti»
M: «studi medicina?»
È strano.
Ha psicanalizzato quel ragazzo con estrema facilità, il che mi fa credere che abbia studiato psicologia; adesso fa la diagnosi in conseguenza dei colpi che gli sferrato, il che mi fa pensare che abbia studiato medicina; parla sempre così bene e scrive magnificamente, questo mi fa credere che abbia studiato anche letteratura, ma quando penso al modo in cui ha cantato e suonato quella sera penso che abbia studiato in un conservatorio musicale.
Sono estremamente confuso!
T/n: «ho studiato molte cose»
Dice vagamente.
T/n: «lo lasciamo morire o lo portiamo in ospedale?»
M: «lasciarlo morire è un'opzione?»
Fa spallucce.
M: «anche se sono davvero molto tentato, credo che dovremmo chiamare un'ambulanza»
Rotea gli occhi al cielo, evidentemente scocciata.
T/n: «chiamo io, non parlare e non fiatare»
Faccio il saluto militare mentre lei raccoglie il telefono da terra e compone il numero d'emergenza.
L'operatore risponde e lei inizia a piangere a dirotto, spiegando.
T/n: «mi- mi hanno aggredita»
Dice singhiozzando con la voce rotta dal pianto.
T/n: «mi trovo- mi trovo ad Hogwarts… un ragazzo babbano si è introdotto nel castello e- e-»
Scoppia a piangere in modo più forte.
T/n: «s-si, ce la faccio. Mi- mi ha aggredita, prendendomi a parole, minacciandomi e poi mi ha tirato uno schiaffo»
T/n: «n-no, non sono sola… c'è il mio ragazzo qui. Lui mi ha protetta ma, quando quel ragazzo ha provato ad avvicinarsi di nuovo e il mio ragazzo si è messo in mezzo, quello lì ha iniziato a prendersela con lui e lui- lui ha dovuto proteggersi e proteggermi…»
Tra un singhiozzo e l'altro spiega una versione contorta di quello che è successo. È tutto vero, solo che l'ha detto in un modo agghiacciante.
T/n: «credo che- che mi avrebbe violentata se fossi stata da sola… o addirittura uccisa»
Piange ancora più forte e dopo che, suppongo, l'operatore le ha detto che avrebbe inviato un'ambulanza, lei chiude la telefonata e si ricompone.
Rimango esterrefatto.
T/n: «perché quella faccia?»
M: «sei stata fantastica!»
Arrossisce e, per non farmelo notare, si gira dall'altra parte.
T/n: «tu vai, rimango io qui. Farò la deposizione alla polizia e-»
M: «no»
T/n: «no?»
Chiede, palesemente confusa.
M: «no, non ti lascerò sola con questo qui»
T/n: «è privo di sensi e non si risveglierà a meno che non lo rianimino»
Faccio spallucce.
M: «colpiscimi con un pugno»
Adesso è ancora più spaesata.
M: «così sembrerà che lui mi abbia colpito»
Le spiego.
T/n: «non voglio farti del male»
M: «oh avanti, non ti starai rammollendo»
La provoco, ma lei non reagisce. Proverò diversamente.
Mi avvicino a lei e le metto le mani sui fianchi, lei si irrigidisce di colpo.
T/n: «che cosa stai facendo?»
Si mette sulla difensiva. Mi avvicino con il viso e le palpo il sedere con una mano mentre con l'altra la tengo ferma. D'istinto mi allontana con uno spintone. Mi avvicino di nuovo a lei e le rivolgo uno sguardo malizioso, quando sono di nuovo abbastanza vicino da poterle mettere le mani sui fianchi, lei si stacca e mi colpisce in faccia, facendomi indietreggiare. Barcollo un po' prima di ritrovare l'equilibrio.
M: «dovevo toccarti per farmi colpire?»
T/n: «non ti permetterò di rifarlo»
M: «scommettiamo?»
Assottiglia lo sguardo e, per un istante, nei suoi occhi vedo il timore farsi strada nella sua mente, poi si ricompone e realizza che la sto sfidando.
T/n: «è una sfida, questa?»
M: «forse»
Scuote la testa, rassegnata.
T/n: «non vincerai»
Mi mette in guardia.
M: «lo so»
Non risponde.
M: «ma nel caso in cui vincessi, voglio qualcosa in cambio»
Sgrana gli occhi.
T/n: «no, è abbastanza questo»
M: «oh andiamo, non avrai mica paura di perdere»
Alza le sopracciglia, come a chiedermi "ma chi, io?".
T/n: «ma come ti salta in mente?»
Sembra offesa.
M: «allora accetta la mia sfida»
T/n: «no»
"No"? Cosa significa "no"? Non si è mai fatta problemi ad accettare sfide anche più grandi della sua portata, né nelle sue partite di pallavolo né qui a scuola.
M: «no?»
T/n: «non sono pronta»
Spinge fuori quelle parole con riluttanza, quasi le costasse la vita pronunciarle.
Realizzo di starla forzando e me ne pento amaramente, mi ha detto cosa le hanno fatto non più di un'ora e mezza fa e io che faccio? Le propongo una sfida-
T/n: «ma non abituatici, la prossima la accetto»
Interrompe i miei pensieri con la sua voce.
M: «oh, questo lo so»
T/n: «e non farti complessi, non mi lascio forzare»
Rimango in silenzio, così lei si avvicina.
T/n: «se non voglio fare qualcosa semplicemente non la faccio, nessuna sfida cambierà questo»
Continuo a rimanere zitto. È estremamente matura, ha una mente più allenata ed è sempre in guardia, qualunque cosa succeda, qualunque cosa le propongano, se non vuole accettare dice di no. Un no secco, che non ammette repliche. Rimango sempre più colpito dalla sua mentalità. Per di più, quando ti dice di no, non distoglie lo sguardo dal tuo e ti inchioda dove sei per evitare qualsiasi mossa azzardata.
Si avvicina a me, si mette in punta di piedi e mi mette le mani dietro al collo, mi accarezza i capelli e poi li tira un po'.
T/n: «non toccarmi più senza preavviso e in quel modo senza che io ti dia il permesso. Chiaro?»
Effettivamente era strano che non me la facesse pagare. Annuisco, ma non sembra che questa risposta le piaccia perché non molla la presa.
T/n: «quindi?»
M: «chiaro»
Le metto le mani sui fianchi e le spingo il bacino verso il basso per farla tornare alla sua altezza normale, poi la avvicino a me e la abbraccio; inspiro il suo profumo e rimango qualche secondo attaccato a lei, poi la libero dalla mia presa.
Quando mi stacco noto che è arrossita violentemente, è letteralmente un peperone.
Apre la bocca per dire qualcosa ma non fiata. Mi accorgo solo ora di com'è vestita.
M: «quella felpa di chi è?»
È della casa grifondoro ed è anche estremamente grande, le arriva poco più su del ginocchio e sotto indossa dei pantaloncini ciclisti, sembra che li trovi davvero comodi perché praticamente non indossa nient'altro quando vuole stare comoda.
T/n: «perché, ti interessa?»
M: «sì»
T/n: «non è mia»
Mi concede, ma di quest'informazione non me ne faccio granché. Era già scontato che non fosse la sua, ora che me l'ha confermato non cambia nulla.
M: «ma dai, non ci ero proprio arrivato»
Commento con sarcasmo.
T/n: «vedi, ora hai un'informazione in più»
Alzo gli occhi al cielo.
M: «sono serio, a chi appartiene quella felpa?»
Sento la sirena dell'ambulanza avvicinarsi sempre di più, insieme alle voci dei professori. T/n corre dal professore Silente scoppiando di nuovo a piangere, non riesco a sentire cosa si dicano, ma ci vuole poco per fare allertare tutti i docenti. Si avvicinano velocemente a me e il "quasi morto", quando arrivano Silente si avvicina a me, posandomi una mano sulla spalla. Pronuncio un incantesimo col quale copro il mio marchio e i tatuaggi di T/n, mentre lei spiega loro ogni cosa in quel modo contorto ma pur sempre veritiero.
S: «mi dispiace davvero signorina, non so come sia potuto accadere»
T/n: «è già la terza volta che dei babbani entrano in questa scuola per farmi del male, quanto ancora dovrò sopportare il dolore che mi tormenta?!»
Dice con un tono un po' più alto rispetto al normale, mentre piange si avvicina a me e mi abbraccia, così io la stringo a me. Silente mi rifila uno sguardo preoccupato, poi mi ammicca.
S: «qui ci pensiamo noi, si occupi della signorina Blossom, contiamo su di lei»
Ammicca nuovamente e mi invita a rientrare nel castello. Scorto T/n, che ha smesso di piangere, nel castello e una volta superato l'ingresso lei mi lascia andare. Scoppia a ridere, contenendosi a stento per non attirare l'attenzione. Si appoggia contro il muro mentre riprende fiato.
M: «Silente mi ammiccato due volte mentre eri abbracciata a me, credo che pensi che stiamo insieme»
T/n: «allora sono stata credibile»
M: «ci sono quasi cascato anch'io»
Le brillano gli occhi.
T/n: «sono fortissima!»
So che in realtà sta fingendo anche ora, finge che prima sia stato tutto finto ma io sono certo che prima si sia voluta sfogare facendomi perdere che stesse recitando.
M: «T/n-»
T/n: «per Salazar, ma tu sei matto!»
Mi prende la mano tra le sue, ispezionando e le nocche insanguinate. Poi posa il suo sguardo attento sul mio volto, so che probabilmente sta ispezionando il punto in cui mi ha colpito. Passa il pollice su un punto del viso, che prende a mandarmi fitte improvvise. Mugolo per il dolore e lei assume un'espressione preoccupata.
T/n: «ti fa tanto male?»
M: «no, sta tranquilla»
Non è assolutamente credibile. Sfiora per sbaglio quel punto per spostare la mano e io stringo i denti, trattenendomi dall'urlare di dolore.
T/n: «seguimi»
M: «non andrò in infermeria»
T/n: «smetti di trarre conclusioni affrettate e sta zitto»
Come scusa? La spingo contro un muro, bloccandola con il mio corpo senza, però, toccarla nemmeno per sbaglio.
M: «odio chi mi dice cosa devo fare»
T/n: «no, tu non mi odi affatto»
Avvicino il viso al suo.
M: «ah no?»
T/n: «no»
M: «odio chi mi dice di stare zitto»
Dico, a un soffio dalle sue labbra.
T/n: «no, tu non mi odi affatto»
M: «e perché mai non dovrei?»
Aggira la mia domanda.
T/n: «preferirei che tu mi odiassi»
M: «perché?»
Lei sa che ormai il gioco è andato oltre, lo sappiamo entrambi, ma non smettiamo di giocare.
T/n: «perché eviterei di starti così vicina e sentire il mio cuore impazzire in cerca d'aria, la stessa aria che ora respiriamo entrambi»
Fa una pausa.
T/n: «ma che ora è intrisa del profumo di cui ormai non posso fare a meno. Quest'aria è inquinata da un'attrazione sbagliata»
M: «sbagliata?»
Sussurro, avvicinando ancora un po' il viso al suo.
T/n: «i miei traumi non mi permettono di darti quello che cerchi»
M: «e che cosa cerco?»
T/n: «un contatto fisico che ci consumi, una relazione di cui non stancarsi mai, una libertà che vada oltre la relazione pur rimanendo fedeli l'uno all'altra»
M: «e tu puoi darmi tutto questo?»
T/n: «no… io sono gelosa, possessiva, traumatizzata così profondamente da irrigidirmi quando qualcuno mi tocca un polso, figurarsi qualcos'altro, mi annoio facilmente e il contatto fisico mi disgusta così come il romanticismo»
M: «questa non sei tu, è solo la parte che mostri di te»
T/n: «e io come sarei?»
M: «sei gelosa, possessiva e traumatizzata, non posso fare altro che darti ragione in questo. Ma sei anche dolce e sicura. Metti paura e intimidisci chi non ti porta rispetto, costringendolo a farlo. Pensi e osservi molto, anche troppo, sei molto spesso sulla difensiva e non ammetti di sbagliare. Sei precisa e ambiziosa, curi ogni particolare nel minimo dettaglio affinché tutto sia perfetta in qualunque situazione. Non trovo aggettivi negativi per descriverti perché i tuoi difetti io li vedo come dei pregi»
Le sussurro.
T/n: «non sono perfetta… non sono neanche lontanamente vicina alla definizione di perfezione. Il mio corpo potrebbe essere decisamente migliore e la mia mente è un labirinto in cui mi perdo anch'io. Cambio umore da un momento all'altro senza un motivo apparente, mi distraggo spesso, dimentico tutto, mi fido poco, mi chiudo completamente, non piango quasi mai e potrei continuare all'infinito ma credo di essermi messa abbastanza in ridicolo così»
Rimango in silenzio, non credevo che fosse così insicura.
T/n: «io non sono insicura, prendo atto dei miei difetti e me ne faccio una ragione; convivo con il lato peggiore di me mantenendolo coperto e mostrando solo il lato perfetto»
Gira la testa di lato e tenta di andare via, ma glielo impedisco.
M: «quelle che mi hai elencato sono cose di cui mi ero già accorto e nonostante tutto io sono ancora qui»
Mi avvicino al suo orecchio.
M: «ma il tuo corpo è tanto bello da togliere il fiato e su questo non ammetto repliche»
Lo sussurro con voce roca. La vedo avvampare mentre mi allontano un poco dal suo orecchio, poi mi abbasso ancora e le poso un bacio umido sul collo. Quando mi rialzo, vedo che non solo è ancora più rossa di prima in volto, ma ha anche sgranato gli occhi. Abbassa la testa, per la prima volta nella sua vita credo, e tutti i capelli le ricadono sul volto. Li raccoglie e se li porta indietro lasciando che scendano in due archi attorno al collo e che le incornicino il viso. Rimango attaccato a quel gesto… è così attraente che quasi mi viene un collasso quando rialza lo sguardo nel mio.
T/n: «non- non ti ho detto che potevi farlo»
M: «però ti è piaciuto»
Nega con la testa, ma è ovvio che stia mentendo.
M: «non puoi negare qualcosa di palese»
Mi appoggia un palmo sul petto e mi allontana un poco, poi cammina via tranquillamente, persa in chissà quale strada del suo contorto labirinto. Se è vero quel che dice e il suo cervello è come un labirinto, credo che abbia perso il filo di Arianna: senza quello sarà praticamente impossibile arrivare al Minotauro, il fulcro di ogni pensiero, sconfiggerlo e tornare indietro sani e salvi. Trovare la strada per arrivare è molto complicato, ma ripercorrerla fino a tornare indietro è impossibile. A meno che quel labirinto non sia in realtà lo Stige, in quel caso dovrebbe prima trovare il coraggio di tuffarsi, poi un punto di riferimento a cui rimanere aggrappata con tutte le sue forze e infine riuscire ad uscire, diventando invincibili come Achille; tuttavia se il punto di riferimento non dovesse funzionare fino in fondo, uscire da quel fiume sarebbe impossibile e si rimarrebbe bloccati in un'agonia atroce che non solo ti fa a pezzi il corpo, ma soprattutto ti squarcia l'anima.
M: «perché lo neghi?»
Esita un istante.
T/n: «non posso innamorarmi di te né di nessun'altro…»
M: «sii più specifica per favore»
Ormai i miei demoni si stanno dimenando fin troppo.
T/n: «non…»
Sospira.
T/n: «io ti farei solo del male»
Questa frase non ha senso.
M: «come puoi saperlo se non ci proviamo?»
Non mi risponde, ma sembra prendere seriamente la domanda perché i suoi occhi diventano lucidi.
T/n: «da domani io frequenterò solo le lezioni qui a scuola, poi andrò a casa mia e studierò lì»
Mi annuncia di getto, è agitata e teme per la mia reazione… di certo non posso esserne felice.
M: «cosa, perché? Di cos'hai paura?»
Le urlo contro. Non avrei dovuto, lo so che non avrei dovuto.
Non risponde alle mie domande ma mi rivolge uno sguardo di rimprovero e corre via portandosi una mano agli occhi. La seguo in silenzio e senza farmi beccare.
Si ferma dietro un muro in un posto isolato del castello, sospetto che ci sia già venuta altre volte perché non ha esitato neanche un istante a trovare la strada. Appoggia la schiena contro la superficie del muro e sussurra qualcosa che non riesco a cogliere, alle sue spalle compare un'ampio portone di legno. Entro nella stanza e, prima che possano richiudersi le porte, io faccio altrettanto.
È una camera insonorizzata.
Mi accuccio al suolo per evitare che mi veda, spiandola con la coda dell'occhio. Emette un urlo straziante che mi fa tremare l'anima e frantuma il mio cuore, poi si accascia per terra e inizia a singhiozzare. Continua a ripetere frasi incomprensibili e di tanto in tanto grida di terrore e dolore si fanno strada dalla sua gola. Non mi sarei mai aspettato che il suo lato oscuro più profondo fosse questo…
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Infelicemente ancorata al passato.
RomanceUna, all'appetenza normale, ragazza sedicenne è in attesa del suo diciassettesimo compleanno, di modo che la traccia non la intralci più e poter sistemare dei conti in sospeso con il suo passato. Qualcosa, però, la fa allontanare dal suo obbiettivo...