Capitolo 7

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Hope p.o.v.

Scesi dalla moto appena arrivai al bar in cui avevo appuntamento con Blake. Esitai un momento prima di togliermi il casco, cominciando ad avere dei ripensamenti sulla mia decisione, ma scacciai l'idea appena lo vidi uscire dal locale , venendomi in contro.

Aveva addosso una semplice camicia blu a maniche lunghe da cui si intravedeva la muscolatura dei pettorali e delle braccia, insieme ad un paio di jeans neri che gli cadevano sui fianchi. I capelli erano tirati leggermente all'insù e il sorriso dipinto sul suo viso era impeccabile.
Solo lui poteva essere così maledettamente perfetto.

"Ciao bellissima," salutó dedicandomi il sorriso attraente (che sapevo usava per rimorchiare) appena fu vicino a me.
"Heilà," risposi nervosamente.
"Tutto bene?" Domandó mentre legavo il casco alla moto.
"Sì, abbastanza direi. Che mi dici di te?"
"Benissimo," rispose appena spostai l'attenzione su di lui.
"Devo ancora credere che tu sia quì, grazie," affermó mentre ci dirigevamo verso il Caffè Nero.
"Già, anche io," ammisi.
Ci sedemmo ad un tavolo affiancato alla finestra , uno di fronte all'altro, e aspettamo con pazienza che uno dei due parlasse.
"Okay....sono quì Blake, che mi devi dire?" Iniziai sapendo in quanta difficoltà si trovava in quel momento.
"Giusto...beh...allora...non so neanche da cosa cominciare Hope, ho così tanto da dire e spiegare e ho l'impressione che se non lo faccio nel modo giusto ti perderó per sempre..." Inizió.
"Va avanti."
"Okay...tutto è iniziato quando-" fu interrotto dall'arrivo di una cameriera attorno alla nostra età, mora, alta e con una scollatura che lasciava ben poco alla fantasia.
"Cosa desideri?" Flirtó apertamente con Blake.
"Un caffè macchiato, grazie," rispose cortesemente. Senza nemmeno rivolgermi un'occhiata, la ragazza giró i tacchi e se ne andó. Rimasi a bocca aperta per la sua sfacciataggine e la sua maleducazione .
Allora, "hei serva!" Gridai per attirare la sua attenzione. Blake mi pestó il piede sotto al tavolo nell'esatto momento in cui la stronza si voltó.
"Sì?" Rispose imbarazzata dal modo in cui l'avevo chiamata.
"Non dimentichi qualcosa?"
"Oh...ehm...certo...che prendi?" Domandó abbassando lo sguardo sul taccuino che teneva in mano.
"Un cappuccino, ora sparisci." La cameriera scrisse il mio ordine alla velocità della luce, poi obbedì. Sogghignai guardandola andarsene, ma smisi appena spostai l'attenzione su Blake.
"Non c'era bisogno di umiliarla," disse.
"La difendi? Già che ci sei perché non te la vai a fare nel bagno? Sono sicura che con le tette che c'ha potresti divertirti molto."
"Sei gelosa?" Domandó facendo riapparire il sorrisetto da stronzetto.
"Suvvia Blake, sai meglio di me che la gelosia è l'ultima dei miei problemi. Guardami, sono perfetta..."
"Su questo non posso darti torto," rispose allungando la mano sulla mia, prima di prenderla e portarla alle labbra, posandoci un dolce bacio.

Un paio di minuti più tardi, dopo chiacchierate e scherzi vari, Blake riprese il suo discorso.
"Avevo appena finito il servizio in Iraq e tornare a scuola non faceva parte dei miei piani...stavo cercando su internet un lavoro che si adattava alle mie esigenze, guardia del corpo, personal trainer, insomma roba del genere...poi mi sono imbattuto in un'offerta che sembrava piuttosto interessante..." Presi un respiro, cercando di non pensare al fatto che quel lavoro ero io, e quell'offerta era la seconda rovina della mia vita...
"Credimi Hope, non avevo idea di cosa si trattasse, quello che c'era sul sito indicava solo le competenze che dovevo avere per essere assunto, e , non so se era destino o puro caso, ma sembravo perfetto per quel lavoro. Così ho preso tutte le informazioni necessarie e mi sono presentato al colloquio...ed è stato il giorno in cui ti ho incontrata per la prima volta..."
Un flashback colpì la mia mente.
Ricordavo come fosse il giorno precedente la prima volta che lo incontrai. Era a fianco a mio padre e stavano parlando di quello che sembrava un affare-che in realtà ero io.

Era bellissimo, come sempre, e il suo sguardo esprimeva intelligenza e umiltà. In effetti, i suoi pregi erano sempre stati questi; era uno dei ragazzi più brillanti che avessi mai conosciuto in vita mia, e nonostante ció, era umile. Era cosciente delle sue doti, ma non li aveva mai sfruttati se non per fare del bene, e questa era una delle mille ragioni per cui lo amavo.

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