14. 1979

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Asia si svegliò di soprassalto nel bel mezzo della notte. Cominciò a guardarsi intorno affannosamente, non riuscendo a riconoscere nel buio il posto in cui si trovava. Si mise a sedere e lanciò occhiate spaventate in giro, fino a posare gli occhi sulla figura ancora dormiente del ragazzo davanti a lei. Il suo petto si abbassava e alzava a ritmo regolare, si poteva intravedere a malapena il contorno del suo viso sereno. Le tornò in mente la notte precedente e prese un sospiro di sollievo, tastando tra i cuscini per ritrovare il suo cellulare. Una volta trovato, controllò l'orario, sobbalzando non appena si accorse di quanto tardi fosse e trovò un paio di chiamate perse da parte di sua madre.

Si stropicciò gli occhi, tentando di alzarsi senza urtare nulla o cadere. Si sbilanciò verso Alex e lo scosse gentilmente per farlo svegliare. Lui mormorò qualche protesta, girandosi dall'altro lato e dandole le spalle.

"Alex, svegliati... Sono le cinque e mezza!" Sussurrò, scuotendolo di nuovo.

"Altri cinque minuti..." Mormorò il ragazzo, cominciando ad aprire gli occhi e sbattendo velocemente le palpebre. Poi parve realizzare di colpo ciò che gli aveva detto e si mise a sedere, cercando di distinguere la figura della ragazza al buio. "Le cinque e mezza?!" Lei annuì, muovendosi a passo felpato verso la sua chitarra, adagiata contro il muro all'entrata del garage. "Cazzo, scusa...Avrei dovuto svegliarti." Disse dispiaciuto, prima di alzarsi e seguirla.

"Non ti preoccupare..." Rispose lei, mettendosi la custodia sulle spalle. "Ma ora devo decisamente andare."

"Da sola? Al buio? Te lo scordi." Lei ridacchiò, mentre lui continuava ad avvicinarsi a lei. Si fermò a soli pochi centimetri da Asia, potendo già avvertire il calore emanato dal suo corpo.

"E cosa dovrei fare? Rimanere qua?" Lui scrollò le spalle.

"Perché no?" Lei scosse la testa, sorridendo.

"Perché i tuoi saranno già tornati da ore e quando, tra qualche ora, verranno a cercarti qua, potrebbero trovare una situazione decisamente fraintendibile." Lui ridacchiò, grattandosi la nuca.

"E quindi dovrei lasciarti ai pericoli di questa città solo per salvarmi con i miei? Stai fuori, Asia." Lei alzò gli occhi al cielo, leggermente divertita. "Se proprio non vuoi rimanere, almeno posso accompagnarti a casa?"

"Se proprio insisti, Alexander." Lui fece una smorfia al suo nome pronunciato per intero. Solo sua madre lo chiamava così, anche i professori, corretti mille volte dal ragazzo, si erano rassegnati a chiamarlo col suo diminutivo. Il nome Alex, gli dava la sensazione di essere ancora fermo a sedici anni, senza fargli pesare quella nuova pretesa della società di farlo diventare parte integrante di questa.

"Mi fai sentire un vecchio..." Si lamentò, facendola ridere. Si scompigliò i capelli, passandosi una mano tra questi e tornò verso il divano. Si abbassò, raccattando le scarpe, un paio di Adidas tutte rovinate. Le aveva dal 2001 e non aveva intenzione di scambiarle con qualsiasi altro tipo di scarpe che non fossero quelle. Appena se le fu messe, ritornò da Asia, che lo aspettava appoggiata alla parete.

Uscirono dal garage e cominciarono a camminare verso la casa della ragazza. Lei non si preoccupò di richiamare sua madre, probabilmente non le sarebbe importato lo stesso. Il cemento delle strade era ancora bagnato dal temporale della notte precedente.

"Come vedi, non c'è nessuno in giro. Potevo andare da sola." Alex la osservava, mentre il sole cominciava a sorgere all'orizzonte, tingendo il cielo ancora scuro e reduce della notte, di toni rosati.
Passando per il The Grapes, si fermò e rimase a guardare quella piccola stradina laterale che li avrebbe portati in quella che lui considerava la sua vera casa.

Asia fece qualche altro passo, con le mani nelle tasche e il volto verso il basso per stare attenta a non calpestare le crepe delle mattonelle, prima di accorgersi che il ragazzo si era fermato. Si girò verso di lui con fare interrogativo, poi rifece il percorso all'indietro, fino a raggiungerlo e guardare quel punto imprecisato dove lui aveva fisso lo sguardo. Capì quasi subito i pensieri che si erano formati dentro la testa di Alex e gli sorrise.

"Abbiamo ancora tempo prima che la città si svegli." Suggerì. Lui puntò il suo sguardo su di lei con un sorriso furbo. Poi rivolse un'ultima occhiata alla stradina e riprese a camminare. Asia lanciò un ultimo sguardo al The Grapes, poi lo seguì.

"I tuoi genitori saranno preoccupati da morire, non abbiamo il tempo."

"Se la metti così, abbiamo tutto il tempo del mondo." Disse divertita. Guardò verso l'alto, osservando le nuvole che indisturbate navigavano in cielo. Alex le rivolse un breve sguardo, lasciando che un sorriso gli affiorasse sulle labbra. I capelli scuri le ricadevano dolcemente sulle spalle, contornandole il viso pallido. Le occhiaie che solitamente le contornavano gli occhi, conferendole quello sguardo stanco e aspetto quasi malaticcio, non erano particolarmente visibili. Le lentiggini donavano luce al suo viso, più acceso del solito. I grandi occhi castani erano rivolti verso l'alto e brillavano per la luce del sole che rifletteva in questi. La sua figura esile non era particolarmente visibile sotto il giubbotto di pelle e i vestiti precedentemente prestati da Alex.

"Sei davvero bella..." Sentì una breve scarica elettrica prima di pronunciare quelle tre parole. Non sapeva nemmeno perché l'avesse detto, non ci aveva nemmeno pensato. La bocca si era mossa insieme ai pensieri, senza dargli il tempo di fermarsi. Asia spostò lo sguardo dal cielo verso di lui, mentre un rossore si andava spargendo per le sue guance. Seguì un breve silenzio, poi lei ridacchiò, abbassando il capo.

"Grazie." Rispose a voce bassa, quasi imbarazzata. Non aveva idea di come rispondere ai complimenti, anzi le mettevano ansia perché non sapeva mai se fossero sinceri o no. Quindi preferiva direttamente non riceverne, così da evitare situazioni imbarazzanti. Alex arrossì leggermente, ma non spostò mai lo sguardo da lei. Poi si fece coraggio.

"Dico davvero." Continuò lui, fermandosi. "Sei bellissima." Non sorrideva, era serio, mentre cercava di agganciarsi al suo sguardo. Lei gli rivolse un sorriso timido, tentando in tutti i modi di evitare i suoi occhi.

"Mi farai arrossire se continui così." Protestò con lo sguardo fisso sulle scarpe e un sorriso impresso sulle labbra che cercava di nascondere.

"Sempre bella rimani." Disse mentre riprendevano a camminare. Gliel'avrebbe voluto ripetere dieci, cento, mille volte ancora, se possibile. Non poteva farne a meno. Non riusciva a spiegarsi come gli fosse entrata nel cuore così velocemente, come se le fosse dovuto, accomodandosi in tutti gli spazi vuoti della sua mente. Gli mancava quando non l'aveva vicino e, quando era con lui, voleva tenerla il più vicino possibile.

Aveva avuto molte ragazze, senza contare notti occasionali, ma con lei era diverso. Non riusciva nemmeno a spiegarselo. Aveva sempre creduto di aver provato l'amore nel corso della sua vita, una decina di volte, ma niente si avvicinava a quanto lei gli facesse battere il cuore. Eppure non riusciva a definirlo tale quello che provava con lei, non lo credeva nemmeno vicino. Gli piaceva, questo era ovvio persino a lui che non comprendeva i suoi stessi sentimenti, ma amarla? No. Era qualcosa di molto diverso. Qualcosa di intenso, qualcosa che gli faceva mancare l'aria, che gli faceva venire voglia di salire su un monte e urlare a pieni polmoni quanto fosse bella ai suoi occhi, ma non amore. Non l'amore di cui si scrive sui libri per lo meno, nè quello di cui si canta nelle canzoni. Visione troppo idealizzata, a parere suo.

"A che gioco stai giocando, Al?" Chiese lei, rivolgendogli finalmente lo sguardo, con ancora quel sorriso sulle labbra.

"Io? Dico solo ciò che penso." Asia alzò gli occhi al cielo divertita.

"Ma finiscila." Gli sorrise, poi guardò brevemente i vestiti che indossava. "Cazzo ho ancora i tuoi vestiti..."

"Tranquilla, me li riporti la prossima volta, così ti ridò i tuoi."

Quando arrivarono a casa di Asia, lei lo salutò qualche metro prima. Entrando in casa, squillò la sveglia nel suo telefono. Sei e quindici del mattino, e anche stavolta era sveglia prima che potesse svegliarla quel suono acuto e fastidioso. Ma stavolta ne era felice.

No Buses || Arctic MonkeysDove le storie prendono vita. Scoprilo ora