XVII

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«Tu mi farai licenziare», mormorai preoccupata.

Avevo le mani poggiate sulla parte bassa della schiena di Lysander e lo stavo seguendo lungo il corridoio che precedeva l'ufficio di Theodore, continuando a gettarmi occhiate alle spalle per paura di essere scoperta e licenziata nell'immediato.

Lo sentii trattenere una risata. «Sei paranoica, Casper».

«Sono responsabile!». Lo corressi e lo guardai male.

Theodore in effetti era partito la sera prima per partecipare ai funerali dell'agente Edgar Clifford e, conoscendo la famiglia, ci aveva avvisato precedentemente del fatto che si sarebbe fermato qualche giorno in più per rispetto. La prima cosa che avevo pensato, subito dopo aver sentito le sue parole, era che forse si sentiva in colpa della sua morte perché era cosciente che, con qualche misura in più, tutto ciò che gli era accaduto non sarebbe successo.

Se si fosse assicurato del giusto operato delle sue guardie Kurtis non sarebbe mai riuscito a sgattaiolare fuori dalla sua cella e se ci fosse stata un equipe medica ad affiancare l'infermiera Edgar, con tutta probabilità, si sarebbe salvato. E la sua famiglia non avrebbe dovuto piangere la morte di un figlio a cui non avevano potuto dire addio.

Mi destai dai miei stessi pensieri quando Lysander mi agguantò dal polso e mi tirò dentro l'ufficio di Theodore contro la mia volontà, e senza darmi modo di fuggire. Richiuse la porta con delicatezza e poi si voltò verso di me con un sorriso dai tratti quasi psicotici.

Se non avessi conosciuto quel ragazzo dai corti capelli afro avrei avuto paura della mia stessa incolumità, ma conoscendolo bene mi fidavo di lui tanto da affidargli la mia stessa vita con la sicurezza che mi avrebbe tratto in salvo da qualsiasi situazione.

«Divertiti pure, dai sfogo alla tua curiosità!».

Lo guardai di sottecchi mentre sfioravo il legno della scrivania di Theodore, avvicinandomi ai cassetti che probabilmente avevano bisogno di una chiave per essere aperti. «E tu?».

«Beh, io darò sfogo alla mia». Con lo stesso sorriso stampato sulla faccia si avvicinò ai cassetti grigi che fungevano da archivio e aprì il primo, quello contrassegnato dalla targhetta dorata "dipendenti". Ne uscì fuori un fascicolo in particolare e finsi di non notare la foto professionale di Daneen con la coda dell'occhio quando lo aprì.

Trattenni un sorriso a malapena. Beccato.

Mi avvicinai ai cassetti grigi posti a lato, quelli contrassegnati dalla targhetta "detenuti", e frugai al loro interno alla ricerca del fascicolo completo di Isaiah. Avevo capito immediatamente che i fascicoli che Theodore mi metteva a disposizione non fossero gli originali, ma unicamente delle fotocopie dei documenti che voleva farmi leggere. Per scrupolo tirai fuori anche il fascicolo di Kurtis, non avevo ben chiara la situazione fra quei due.

Mi sedetti su una delle due sedie poste di fronte alla scrivania e su di essa poggiai i fascicoli, tirando fuori la moltitudine dei documenti infilati al loro interno. Con la coda dell'occhio vidi Lysander sedersi sulla sedia di Theodore, che a differenza della mia aveva le rotelle, e spingersi con i piedi per girare per tutta la stanza come una trottola, continuando a tenere gli occhi fissati sul fascicolo di Daneen.

«Lysander!», lo rimproverai. «Potresti smetterla? Mi stai distraendo».

Non alzò gli occhi ma sorrise divertito. «Ti distrai facilmente».

«Tu mi distrai facilmente».

«Onorato, Casper. Pensa quanto potrei distrarti utilizzando altro».

Scoppiai a ridere e quando mi passò accanto lo colpii sulla spalla con uno dei due fascicoli. «Finiscila! Fai il serio, Lys».

«Sì signora!». Fece il saluto militare e continuò a trottolare per tutta la stanza, ma ad una velocità decisamente meno pericolosa.

The Not HeardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora