Non avevo mai amato particolarmente la Casa Grande, anche se, dopo tutti quegli anni passati al Campo senza mai uscire, persino il Signor D. conosceva il mio nome. Eppure, in quel momento avrei mille volte preferito sedermi sotto il portico a bere Diet-coke e giocare a pinnacolo pur di non dover sopportare quella figlia di Ares. Non che mi stesse antipatico Chirone, per carità, era proprio il posto in sé che non sopportavo.
-Cosa vuoi?- ringhiai, nascondendo velocemente il libretto dietro la schiena.
- Mi annoiavo.
- Non ti dovresti allenare?- e sperai che funzionasse anche con lei.
Ma quella emise un verso sarcastico e accennò al braccio ancora tutto fasciato.
- E tu?- ed io feci scorrere lo sguardo sulla mia gamba in risposta. Lei annuì soltanto.
E poi - Bello lo scontro. Sei brava- dov'era la trappola?
La studiai a lungo, alla ricerca di un qualsiasi cenno di scherno, setacciando quel volto abbronzatissimo per le lunghe ore passate al sole e scandagliando quegli occhi che il giorno prima mi erano sembrati scuri e illuminati soltanto da una bellicosa voglia di battersi. In quel momento non ne trovai e anzi, li scoprii più chiari di quel che credevo: colpiti dalla luce del sole assumevano una preoccupante sfumatura rossiccia che troppo si abbinava con quel braccialetto borchiato. E poi, c'era una serietà riconoscente, dietro a quelle lastre ora lontane da me, che mi lasciò non poco stupita. Ad un tratto, però, compresi che lei sapeva. Sapeva quel che avevo fatto il giorno prima e probabilmente aveva anche capito il motivo. E compresi anche che non ne volesse parlare, ma che in qualche modo voleva farmi sapere che aveva inteso. Così mi limitai a sorriderle impercettibilmente, rispettando la sua decisione: non voleva parlarne e non ne avremmo parlato.
- Perché mi hai sfidata, ieri?- indagai quindi, attirando di nuovo la sua attenzione su di me. Mentre la studiavo, infatti, lei si era voltata verso l'arena e aveva ripreso a seguire gli allenamenti degli altri semidei.
- Te l'ho detto, mi annoiavo- mentiva e lo sapevo, come sapevo che non avrebbe detto nient'altro, non per il momento per lo meno.
Così scossi il capo e non commentai.
- Sei sempre così allegra?
- Anche tu?- sbottai, mordendomi troppo tardi la lingua per frenare il suo scattare impulsivo.
- Non mi stupisce non essere la prima a dirtelo. Hai una faccia nera, sembra che...- ma la interruppi prima.
- Fammi un piacere e stai zitta, se proprio devi stare qui. Non ho intenzione di sentirti blaterare sul mio muso un secondo di più- ringhiai. No, decisamente non mi stava simpatica.
- Ma smettila, non fai paura a nessuno.
- Non scherzo, taci- minacciai. Certo, per una figlia di Ares una figlia di Nemesi doveva essere di ben poco conto, e di certo ben poco spaventosa, ma non avevo la benché minima intenzione di ascoltare l'ennesima ramanzina sul mio umore, specie se da lei.
- Sì, sì, come vuoi- brontolò, agitando in aria una mano come per scacciare una mosca fastidiosa.
Brontolai per l'esasperazione e recuperai di nuovo il libretto, preso in prestito dalla Cabina di Atena subito dopo colazione, e vi infilai il naso dentro sperando che se ne andasse. Uno dei vantaggi dell'essere al Campo da più tempo della maggior parte dei semidei era che ormai il greco antico era divenuto una specie di seconda lingua natale, istiniva quanto l'inglese e altrettanto naturale. Non era raro, infatti, che non mi accorgessi neppure della differenza, se non dopo qualche minuto.
E quel libro, come la maggior parte dei suo simili nella baia, era scritto in greco, per facilitare la lettura dei soggetti dislessici (quasi tutti noi, in sostanza).
- Esiodo?- domandò lei ed io annuii in uno sbuffo. Non mi ero accorta che, nello spostare il volume, anche il volantino delle Cacciatrici era diventato ben visibile. Almeno, fino a che lo sguardo di Brenda non ci cadde sopra e vi rimase puntato con troppa insistenza. Mi gettò un'occhiata fosca, ma non commentò e finse di non aver visto nulla. Ed io gliene fui grata - Non ti stanchi di questa robaccia? Ci viviamo in mezzo, perché leggerne persino?
- Perché questa domanda non mi sorprende?- sbuffai, senza vera cattiveria, ma potei percepire a pelle il fastidio che quella mia affermazione aveva provocato. Qualcosa non tornava e l'eco dell'ingiustizia delle mie parole mi risuonò dentro la mia cassa toracica come un martello, facendomi sussultare e rabbrividire. Odiavo quella sensazione e mi ero ripromessa di provarla il meno possibile: causare e poi avvertire le conseguenze sugli altri di un proprio errore, che aveva portato squilibrio nella bilancia che ognuno di noi si porta dentro. Mai più, mi ero ripromessa tempo addietro, e ancora una volta mi ritrovavo in errore. Sentii la vergogna e il nervoso montare dentro come un'onda, ma li nascosi alla svelta per evitare che li notasse.
Mentre ancora le ultime voci dell'eco si disperdevano, la figlia di Ares si alzò e si allontanò senza dire una parola, con le mani in tasca e lo sguardo torvo di chi è pronto a dar battaglia, sia verbalmente sia non. Probabilmente aveva ritenuto saggio non arrivare allo scontro e se ne era andata prima.
Ed io potei tranquillamente tornare ad arrovellarmi sulle parole di mio fratello e sull'arrivo improvviso delle Cacciatrici. E mai come in quel momento sentii forte l'impulso di correre alla Casa Grande e dare il tormento a Chirone fino a che non mi avesse dato delle risposte. Eppure, non mossi un muscolo e rimasi lì, ferma, senza osare alzarmi: dopotutto, avevo ancora la vaga speranza che l'arrivo delle giacche grige non fosse collegato all'avvertitmento di mio fratello. A pelle sentivo che, personalmente, non avrei ricavato nulla di buono da un viaggio nelle Terre Antiche, anzi, avevo la netta impressione che difficilmente sarei tornata a Long Island. E ne ero spaventata a morte, pur sapendo che ad attendermi c'era mio fratello, pur sapendo che, dopotutto, la vita di una semidea è breve e che quella vita di sofferenze, lotte e violenza cominciava davvero a starmi troppo stretta. Esattamente come ad Ethan tempo addietro.
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Occhio per Occhio - La legge fondamentale
FanfictionCi sono moltissime storie di semidei, moltissime storie ambientate al Campo Mezzosangue o al Campo Giove. Eppure, non ne ho ancora trovata una che parli di un figlio di Nemesi e mi sembra ingiusto lasciarli soli, privi di considerazione, quando port...