Manzoni, 12a.
Le parole di Brenda mi risuonavano in testa come un campanello d'allarme.
- Ha detto qualcosa di particolare?- avevo chiesto, quand'era tornata con un pugnale sguainato dichiarando di aver appena ucciso una dracena al bagno.
- Non proprio. Un indirizzo, sembrerebbe. Manzoni, 12a.
- Riesci a ricordare le parole esatte?
- Solo queste. Le ripeteva come una matta, starnazzando come un'oca.
Manzoni, 12a.
Un bel rettangolo, di ottone, attaccato al muro di pietra, riportava, scritto in bella grafia, quel 12a. Ed eravamo in via Manzoni.
Perfetto. La stranezze proseguivano.
-Prego, entrate- ci invitò Lucrezia, aprendo il portone e facendosi da parte per lasciarci passare.
- Togliete pure le scarpe- aggiunse, chiudendo a chiave la porta. Due giri ed un catenaccio.
- Su, dai, entrate- e ci condusse lungo il corridoio, parcheggiandoci in un salottino. Poi sparì di nuovo, dichiarando che stava andando a mettere su dell'acqua per il tè.
Era una bella stanza, luminosa, con un mobilio un po' vecchio, ma molto ben tenuto, ed una stufetta spenta in un angolo. Le pareti, però, erano spoglie, a differenza della casa di Chiara. Nessuna foto, nessun calendario personalizzato, niente. Solo intonaco bianco, ed un quadro lungo la parete più ampia.
- Fra poco è pronto- annunciò, rientrando con un pacchetto di biscotti in mano - I biscotti di Enzo fanno veramente schifo- si giustificò, appoggiandoli sul tavolo e iniziando a sbocconcellarne uno. Non indagando su chi fosse quell'Enzo, anche se probabilmente c'entrava con il bar da cui eravamo appena venuti via.
- Bene. Ora ci spieghi qualcosa o tiriamo noi ad indovinare finché non azzecchiamo la risposta giusta?- Lucrezia si incupì un istante, ma fu soltanto un attimo, e poi tornò alla carica.
- Volete?- e accennò al pacchetto di biscotti.
- Delle risposte, sì, molto gentile- commentò Gyls.
- E d'accordo- sbuffò lei. Poi, però, drizzò le orecchie e si precipitò nella stanza affianco, la cucina suppongo, e iniziò ad armeggiare con tazze e pentolino.
- Non ne usciremo mai- boffonchiò Gyles, passandosi una mano in fronte, snervato.
- Con calma, ci facciamo spiegare tutto, ok?- e loro non ebbero la possibilità di dirsi pienamente d'accordo col loro inguaribile entusiasmo, perché la ragazzina si ripresentò alla porta, con tre tazze in mano ed un pentolino pieno di acqua bollente. Dalla tasca le spuntavano anche alcune bustine di tè.
Solo dopo che ci ebbe servito la meredena, nonostante fosse quasi mezzogiorno, riuscimmo a cavarle fuori qualche informazione. Forse solo perché non sapeva più come altro rimandare l'imminente interrogatorio. E sì che era stata lei ad invitarci a casa sua, sostenendo che avremmo parlato meglio e con più tranquillità. Sembrava quasi tirare in lungo, come se aspettasse l'arrivo di qualcuno.
Tutto quel che riuscimmo a capire fu che c'erano altri del nostro mondo (e il dubbio che non si riferisse a mostri fu molto alto) e che lo scontro di quella mattina era stato soltanto uno dei tanti degli ultimi tempi, scontri sempre sparpagliati un po' ovunque per la zona per non attirare troppo l'attenzione della polizia in un singolo punto.Le campane avevamo suonato l'una e dalla cucina veniva un profumo meraviglioso di pane tostato. Non bruciato, come alla mensa del Campo quando tentavi di riscaldare un panino per spalmarci sopra il burro. Caldo, croccante, appena abbrustolito.
Brenda stava gradendo un panino con la mortadella e fra un boccone e l'altro chiese - I tuoi?
- Vivo con mio fratello. Mio padre lavora a Bergamo, viene nei weekend- ammise, torcendosi le mani. Mentiva, ma non chiesi nulla. E gli altri non se ne accorsero.
A salvarla da altre domande fu il campanello, che suonò proprio in quel momento. Tre colpetti veloci, allegri, e lei era già sparita in corridoio, quasi stesse aspettando quella visita.
Si levò un parlare concitato di cui non capimmo nemmeno mezza parola, poi seguì una grassa risata ed infine Lucrezia si precipitò di nuovo in salotto trascinandosi dietro il nuovo arrivato.
Le somigliava molto, fu la prima cosa che notai. Avevano lo stesso taglio degli occhi. Forse era lui il fratello di cui parlava prima. In effetti, si somigliavano davvero molto, anche per la semplice piega del sorriso. Eppure, il nuovo venuto sembrava a posto, senza tutto lo scombussolamento della nostra ospite.
Aveva ancora gli occhiali da sole in mano, quasi fosse pronto a inforcarli di nuovo a breve, uscendo dalla casa.
- Salve- salutò, senza neppure curarsi di riprendersi il braccio, catturato poco prima dalla ragazza, che continuava a sorridere come non aveva fatto nemmeno per un minuto nelle ultime due ore.
- Tancredi, piacere- si presentò, allungando una mano (rigorosamente quella libera, la sinistra) per stringere le nostre.
- È tuo fratello?- domandai a Lucrezia, una volta finite tutte le presentazioni del caso.
- Sì. E vuole mostrarvi una cosa- esclamò, con ancora quel gran sorriso in volto.
- 'Crezia- la riprese lui, un poco infastidito dall'imporvvisa esuberanza della minore.
- Scusa- borbottò in risposta, staccandosi dal suo braccio e incurvando un poco un labbro, tornando con quell'espressione a metà fra il truce e l'indifferente.
- Credo sia arrivato il momento che qualcuno di voi si accorga della nostra esistenza- dichiarò, giocherellando con l'asta degli occhiali.
- Non è molto distante da qui, bastano una decina di minuti in macchina per arrivarci- riprese, con una speranza dipinta negli occhi... quasi mi dispiacque infrangerla.
- Mi dispiace, è già molto tardi e dobbiamo rientrare. Sarà per un'altra volta- declinai.
E, nello stesso istante, Gyls commentò - Con molto piacere.
Ecco, credo fosse la prima volta che mi ritrovavo davvero a dover reprimere l'impulso omicida che mi avrebbe altrimenti portata a lanciarlo dalla finestra.
- Gyls- sibilai e, nonostante lui tentasse di rimanere impassibile, le sue gote si colorarono di rosso porpora.
- Ok, parlatene e poi ci fate sapere- si defilò Tancredi, trascinando fuori dal salotto anche Lucrezia e chiudendosi la porta alle spalle.
- Sei ammattito?
- Sei cieca?- domandammo contemporaneamente.
- Calma- suggerì Brenda, ma ero troppo nervosa per accorgermene e dare il giusto peso all'evento: Brandy stava suggerendo a qualcuno di calmarsi. Sarebbe stato da segnare sul calendario.
- No, dico, ma ti rendi conto della situazione o Euterpe ti ha drogato del tutto?
- E tu che ne sai di Euterpe?- scattò lui, diffidente. Da quando era diffidente? Fino a qualche ora prima non sarei stata in grado di associare Gyls alla parola diffidente.
- Abbastanza- tagliai corto - Ma non è questo il punto. È una trappola, lo capisci sì o no? La ragazzina ci fissa, inizia a parlarci del nostro mondo, ci porta a casa sua, ci offre tè e biscotti, poi fa la vaga e non ci spiega un bel niente, aspetta che arrivi il "fratello"- e mimai le virgolette con le dita, anche se ero sicura quasi al 100% che fossero effettivamente fratelli - Che fa ancora più im vago, ci incuriosisce, ci porta a fare un viaggetto in macchina e ci elimina lontani dagli occhi dei compaesani. Boom. Missione conclusa, loro sono al sicuro, hanno servito il loro padrone (chiunque sia) e non devono sprecarla ad eliminare i corpi, basta buttarci in un canale e via, nessuno si accorgerà della nostra scomparsa. Si faranno un giretto in macchina, poi torneranno qui come se niente fosse, lei tornerà al bar e lui a fare qualsiasi cosa stesse facendo prima del nostro arrivo. Chiaro ora?
Gyles strinse l'attaccatura del naso con le dita e iniziò a massaggiarla con moti concentrici, per calmarsi e trattenersi dallo scoppiarmi in faccia e iniziare ad urlare.
- Punto primo, sei troppo diffidente. Non riesci a fidarti di qualcuno, una buona volta nella tua vita?- e prima che potessi replicare a tono lui aveva già ripreso a parlare - Punto secondo, come sai che sono mostri e che ci vogliono eliminare? Onestamente, quanti ne abbiamo incontrati fino ad ora?
- Pochi. E appunto per questo ti dovresti insospettire, insomma. E quella bandiera?- e accennai a Brenda - Cancellata? Memoria in pappa?
- Punto terzo- continuò, come se nemmeno mi avesse sentita - Non vuoi sapere di che cosa parla? Se sono due fratelli... forse sono entrambi come noi. Forse ce ne sono altri. È per questo che siamo qui, la nostra missione è trovare il semidio nato nelle Terre Antiche e portarlo al Campo, al sicuro- gli fui lievemente grata che non avesse spifferato ai quattro venti il vero fondo della nostra missione, specie perché Brenda non ne sapeva ancora nulla, nè di Nemesi nè di nessun altro. E preferivo che continuasse a non saperne nulla, anche se avevo la netta impressione di star commettendo un grosso errore; impressione che andava mano mano a consolidarsi giorno per giorno.
- La bilancia che dice?- domandò poi, dopo aver preso un bel respiro profondo per trattenersi, molto probabilmente, dal mandarmi a quel paese.
- Gyles- soffiai, accennando con gli occhi a Brenda. Lei non sapeva di preciso quali fossero i poteri di un figlio di Nemesi, nessuno al Campo se ne curava troppo, c'era soltanto questa diceria di una bilancia interiore etc. In fin dei conti era vero, ma darle la conferma che ero una specie di sonda vivente per le menzogne o le tare mentali... beh, non era esattamente la mia massima aspirazione di vita.
- Scusa- brobottò lui, con le guance lievemente arrossate.
- Comunque, Lucrezia ha qualcosa che non va. Tancredi è a posto.
- Vedi? Magari lei gli sta nascondendo qualcosa, o ha qualche problema privato di cui non vuole parlare. Magari hanno litigato, che ne sai? Non credi che se cospirassero lo farebbero insieme?
- Ti devo ricordare che anche Luke era a posto?- non mi ero mai accorta di nulla. Lui e mio fratello erano stati amici, già al Campo, e spesso e volentieri avevo passato i pomeriggi liberi con loro, non sapendo con chi altro stare. Era una compagnia piacevole, quella del capocabina di Ermes, e mai una volta che mi fossi accorta che qualcosa in lui non tornava. Anzi no, forse una volta, da piccola. Quand'era tornato dall'impresa. Era completamente scombussolato, ma non ci avevo dato troppo peso: era normale, la maggior parte di noi, di quelli che tornavano, era scossa dall'esperienza. Poi non ci avevo più pensato, per anni, perché lui era tornato ad essere quello di sempre. Poi era scoppiato il finimondo, l'estate dell'arrivo al Campo di Percy Jackson.
- Frena frena frena, Allen- se cominciava anche lei con il cognome... - Quindi è vero quel che si dice al Campo su di voi? Potete davvero...- ma non la lasciai finire.
- Sì, sono un sensore per psicopatici. Ora, molto cortesemente, ci sarebbe una questione più urgente della psicoanalisi dei poteri inutili, tarlati e instabili dei figli di Nemesi, ok? Grazie, gentilissima- inspirai a fondo - Lui potrebbe essere come Luke, potrebbe essere lui il capo dal pennacchio giallo di cui parlava Lucrezia. Avrebbe senso. E lei potrebbe avere dei ripensamenti su quel che stanno facendo- Ethan ne aveva avuti. Prima, prima di sparire nel nulla, e poi di nuovo a Manhattan. Era stato lì, in bilico, combattuto. Era giusto il fine, sbagliato il mezzo. E lui l'aveva capito, prima delgi altri, prima di Luke. Ed io ero stata completamente cieca.
- A questo punto dovremmo trovare i pennacchi rossi. A meno che Tancredi non sia dei rossi e Lucrezia faccia il doppio gioco per i gialli, il che comunque spiegherebbe il suo tormento.
- Ma quanti anni avrà?- domandò Brenda - Dodici? Tredici? Quattordici al massimo.
- È abbastanza grande per pensare con la sua testa, o per saper mentire abbastanza abilmente.
- È suo fratello- rincarò Brenda.
- E allora sono in combutta. Vedila un po' come vuoi.
Gyls era tornato ad essere silenzioso e rimuginava. Stava rimuginando da troppo tempo, iniziavo quasi a temere quel che avrebbe potuto partorire quel rimescolamento di pensieri. Le poche volte che era successo, non ne era mai seguito niente di buono.
- Per me dobbiamo andare con loro- feci per aprire bocca per ribattere, e forse chiedergli se mi avesse ascoltata almeno un istante, ma qualcosa mi convinse a tacere. Aveva un piano, glielo leggevo negli occhi. Aveva un'idea, che molto probabilmente avrebbe concluso col farci ammazzare tutti quanti. Tipico no?
- Se anche fossero nostri nemici, avremmo la possibilità di scoprire qualcosa di più su quel che sta succedendo qui. E poi, credi che se ci attaccassero non saremmo in grado di difenderci? Due contro tre, di cui una figlia di Ares ed una degli spadaccini migliori del Campo?
- Ed un esperto arciere, bravo anche con la lancia? Ok, possiamo farcela- lo corressi e sorrisi. Sì, poteva fate il misterioso e il musone finché voleva, ma non gli riusciva molto bene. In quel momento, aveva di nuovo le gote rosse come peperoni.
- Sai che quanto provi ad essere ottimista finiamo sempre nei pasticci più neri?
- Non è vero.
- L'ultima volta siamo stati arrestati, la volta prima... beh, lo sai- certo. Avevo cercato di essere ottimista, dopo la scomparsa di Ethan, cercando di ignorare il pensiero che mi avesse abbandonata, che avesse tradito il nostro patto. Ed è noto quel che era successo poi dopo. La battaglia del labirinto, Crono e Manhattan.
No, decisamente, essere ottimista non mi si addiceva molto.
- E va bene. Ma se nessuno qui pensa un po' positivo ci ritroveremo tutti e tre a buttarci da soli in un canale, senza nemmeno il loro aiuto- e lui parve improvvisamente duro d'orecchi. E, a pelle, anche senza la pesante eredità di Nemesi, sentivo che qualcosa nel mio migliore amico non era ancora al suo posto.
- D'accordo- mi arresi poi - D'accordo, andiamo con loro. Ma- lo blocchi prima che potesse iniziare a gongolare - Alla prima mossa sbagliata...
- Sì, sì. Non serve esplicare.
- Bene.
- Ok.
- Fantastico. Ora che mamma e papà hanno fatto pace, andiamo?- borbottò Brenda, prendendoci malamente per i gomiti e trascinandoci nella stanza vicina, dove i due fratelli avevano fatto finta di non ascoltare la nostra conversazione.
O almeno, Lucrezia fece finta.
Tancredi, spudoratamente, ci chiese se davvero avevamo conosciuto Luke Castellan.
- Aveva ragione- commentò, quando gli chiesi come ne conoscesse il nome - Gli dei sono ipocriti ed egoisti.
Poi parve riprendersi, perché sorrise di nuovo, con quel sorriso identico a quello della sorella, e ci fece segno di seguirlo tutti in macchina.
E Lucrezia, poco prima che il maggiore mettesse in moto, ci avvertì, sporgendosi dal sedile del passeggero - Ha preso la patente il mese scorso, attenzione alle frenate.
- Ti sento, mostriciattolo- sbottò lui dal suo posto privilegiato, sistemando lo specchietto retrovisore e facendole la linguaccia, a cui lei rispose a tono.
- Ma puoi portare gente con te in macchina?- domandò cautamente Gyles, facendo scoppiare a ridere Brenda.
- Meglio non chiederselo, splendore- e, con quel commento ancora ad aleggiare nell'abitacolo, Tancredi inserì la marcia e pigiò sull'acceleratore. Onestamente, non avrei mai pensato che una macchina potesse schizzare tanto velocemente per stradine così strette. Quel giorno capii una cosa molto, molto importante: mai, ribadisco, mai, dare in mano una macchina a uno di noi. Per esempio, io non avevo la minima intenzione di prendere la patente ed ero fortemente tentata di costringere Brenda a fare altrettanto, anche a costo di legarla al divanetto della Casa Grande.
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Occhio per Occhio - La legge fondamentale
FanfictionCi sono moltissime storie di semidei, moltissime storie ambientate al Campo Mezzosangue o al Campo Giove. Eppure, non ne ho ancora trovata una che parli di un figlio di Nemesi e mi sembra ingiusto lasciarli soli, privi di considerazione, quando port...