XXII - Gatta ci cova

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Avevamo visto l'infermiera, per prima cosa, poi ci avevano portati a vedere i vari capanni sparsi fra gli alberi, poi l'armeria (un capanno ben più grosso degli altri, con gran viavai di semidei che andavano a deporre le armi); in quel momento ci stavamo dirigendo verso l'area di addestramento, appena fuori dalla recizione degli alberi.
- Non credo sia una buona idea che tu venga con noi- commentò Tancredi, rivolto all'amico, quando questi tentò di divincolarsi dalla sua stretta, dichiarando di riuscire di nuovo a reggersi in piedi da solo.
- Rappresento la parte greca del Campo, devo venire con voi- ribattè lui, stringendo di nuovo i lacci che tenevano salda la gamba ferita, andando a gravare ancora di più sulle nuove cuciture. E mascherò abilmente una smorfia di dolore.
- Se proprio temi che non vi renda onore, manda un altro rappresentate. Tu ti fermi qui- qualcosa dardeggiò negli occhi chiari del figlio di Zeus: detestava prendere ordini, e per motivi che andavano ben al di là della semplice eredità paterna e che noi ancora non comprendevamo.
- Voi romani non badate mai a noi, non come dovreste- lo rimbeccò lui e, fra le righe, fu facile capire quel che stava pensando: era l'unico, al Campo, che potesse (per posizione, per volontà e per potere) tener testa al capo dei romani.
- Di sicuro non ai giochi- Tancredi colse la palla al balzo per stemperare la tensione e, in effetti, funzionò, perché l'altro lasciò da parte la questione precedente per un po' per concentrarsi su quella nuova.
- Stai dicendo che siamo scarsi?
- Sto dicendo che non rappresentate un vero pericolo, rappresentante- ma non fece neppure in tempo a godersi, divertito, l'espressione truce dell'amico, perché questi, con un veloce movimento del busto e della gamba sana, lo ribaltò verso terra, sorreggendolo per la maglia con un pugno e minacciando la gola con l'altra, lasciata aperta.
Tancredi sbuffò, mascheramdo un sorriso, e mi accorsi che stava ben attento a non gravare sulla gamba ferita dell'altro, nonostante non fosse nella posizione ideale per preoccuparsi della salute dell'amico: a breve avrebbe potuto cascare per terra, battendo testa e sedere.
- Ripeti, se ne hai il coraggio- lo sfidò il figlio di Zeus e una scintilla elettrica sfolgorò nei suoi occhi.
- Non ci penso proprio, razza di tiranno- e, sbuffando, gli diede due colpetti su una spalla, facendogli intendere di tirarlo su: lui, da com'era, sarebbe soltanto potuto andare per terra.
Ryan sorrise, scaltro, prima di sollevarlo di nuovo in piedi, con un semplice strattone del braccio.
Noi tre ci scambiammo un'occhiata, per capire se tutti e tre avevamo pensato alla stessa cosa, ed annuimmo: lì gatta ci covava, ma ci covava proprio.
- D'accordo- sbuffò il figlio di Marte, richiamandoci alla realtà, risistemandosi in testa gli occhiali da sole che gli erano caduti poco prima, per tenere indietro le folte ciocche di caramello.
- Ottima scelta- lo canzonò il rosso, prima di incamminarsi verso l'area di addestramento senza aspettare l'amico e facendoci cenno di seguirlo, senza lasciare a Tancredi altra scelta se non seguirci.
Avevo sempre creduto che l'arena del Campo Mezzosangue fosse imponente, e lo credo tutt'ora, ma nemmeno quella scherzava. Costruita in pietra lucida, scintillava come una gemma esposta al sole, con quei solidi archi e quelle tende color vino poste a riparare gli spettatori. Era un anfiteatro. Non era una semplice arena, era un anfiteatro in tutto e per tutto.
Poco distante sorgeva invece un teatro, appoggiato ad un rigonfiamento della terra, probabilmente artificiale.
Affianco all'anfiteatro, poi, c'era un vasto campo d'erba, tenuta corta per non intralciare i movimenti, adibito a poligono di tiro con l'arco.
Ma ciò che più attirava l'attenzione era un'alta, maestosa colonna di bronzo celeste, sulla cui cima svettava una bandiera, anch'essa color del vino. E quella colonna emanava un sentore di magia, terribilmente simile a quando ci si avvicinava troppo alla barriera del nostro Campo.
- Una figlia di Ecate ha eretto la barriera, proteggendoci dagli attacchi e tenendo lontani mostri e dei- spiegò Ryan sottovoce, accostando a me: doveva aver notato cosa stavo osservando - E i figli di Efesto e Vulcano hanno contribuito a renderla utile per gli allenamenti. Oggi non è in funzione, i ragazzi hanno bisogno di riposare, ma già da domani tornerà tutto alla normalità.
Quella frase sembrava proprio un invito a porre la domanda successiva, troppo perché non lo fosse davvero - È sempre così? Il vostro Campo, intendo. I vostri sono sempre così disciplinati?
Ryan scoppiò a ridere e Tancredi, poco dietro di lui, scosse il capo, affermando - Oh no, i suoi sono dei diavoli scatenati. Terribili in battaglia, ma tremendi per il resto dell'anno.
- Oggi li vedete così rodati, disciplinati, che si muovono come se fossero un unico corpo, solo perché questa mattina abbiamo combattuto. Dategli tempo fino a domani e torneranno ad essere i solito scapestrati- spiegò il figlio di Zeus, con un gran sorriso. Eppure, c'era sempre quel qualcosa nella sua mente che premeva per prendere il controllo.
Sentii il suo sguardo piantato addosso, quasi stesse collegando qualche puntino di troppo, e mi affrettai a distogliere l'attenzione dalla sua mente. Eppure, non smise di lanciarmi occhiate sospettose fino a che non lasciammo il Campo della Volpe, quando credeva che non lo vedessi.
La tappa successiva fu la villa vera e propria.
- Siamo divisi in due gruppi- iniziò a spiegare Tancredi - Io guido i romani e lui i greci. La casa è divisa così, i romani a sinistra e i greci a destra delle scale. All'interno di ogni gruppo ci sono dei sottogruppi, perché siano più facili da gestire.
- Siete divisi per genitori divini?- domandò Gyls, mentre oltrepassavamo il portico, e Ryan gli scoccò un'occhiata bieca.
- No, assolutamente no- rispose, come se trovasse l'idea assurda. E, in effetti, per lui sarebbe stato un colpo peggiore che per altri, se avessero seguito una divisione simile a quella del Campo Mezzosangue: essendo un figlio di Zeus, era, con tutta probabilità, l'unico del suo Campo e si sarebbe ritrovato incredibilmente solo.
- Noi siamo divisi in reparti, in base alle nostre abilità. Ci sono reparti di fanteria, reparti di cavalleria, reparti armati alla leggera e reparti di arcieri. Blu la fanteria pesante, rossa la cavalleria, bianchi i volteggiatori, verdi gli arcieri- continuò Ryan, e tre paia di sguardi andarono a calamitarsi sullo scudo blu e sui rifinimenti del medesimo colore. La fanteria pesante era la tipica falange oplitica, di cui tutti i libri di storia del Campo parlano, mentre i volteggiatori, che facevano parte della fanteria leggera, combattevano in ordine aperto; un po' come succedeva di solito da noi.
- Noi, invece, siamo divisi in astati, princeps e triarii per ordine di esperienza, dai novellini ai veterani, più la fanteria leggera, i leves, che non portano lo scudo. Poi ci sono la cavalleria e i reparti degli arcieri. E no, non cambiano i colori sugli scudi.
In quel momento la figlia di Atena che avevamo conosciuto poco prima uscì dalla villa e scambiò due parole sottovoce con Ryan, che si fece scuro in volto e si congedò velocemente, sparendo dietro di lei verso l'interno della casa.
Tancredi lo trattenne solo un attimo, chiedendogli silenziosamente quanto grave fosse la situazione, e la risposta non gli piacque per nulla: il volto dell'amico era rimasto terribilmente immobile. Solo a quel punto il figlio di Zeus aveva seguito la sua vice in comando all'interno.
- Bene, ehm, al piano terra ci sono la mensa, la sala riunioni dove si riunisce l'assemblea, composta sia da greci sia da romani, e le cucine. Al primo e al secondo piano ci sono gli alloggi, al terzo la soffitta, con le scorte di armi e di cibo- spiegò velocemente, poi intercettò un ragazzino che passava di lì e gli ordinò qualcosa che noi non capimmo.
- Scusatemi- disse, rivolto di nuovo a noi - Ma devo congedarmi. Se volete, Tom finirà di farvi fare il giro, se no... beh, fate quel che volete. Grazie della visita, è stato un piacere- e senza aggiungere altro sparì a sua volta all'interno della casa, probabilmente a cercare il collega per chiarimenti sulla situazione.
Tom ci osservò un attimo, poi scrollò le spalle e borbottò qualcosa che non capimmo.
- Bene, avete già visto dove si tengono i giochi?

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