(Continua) capitolo 18

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Alzo lo sguardo e improvvisamente mi rendo conto di chi mi trovo di fronte.

"Ei, ma sei tu"

Ele mi accenna un sorriso e io ricambio.

"Si direbbe di si."

Non ci siamo più viste dall'ultima volta, quando l'ho accompagnata fuori dal bagno dopo averla trovata con quella lametta in mano, in una pozza di sangue.

Rabbrividisco al solo pensiero, io detesto la vista del sangue, il solo vederne una goccia mi provoca un forte giramento di testa.

"insomma...come stai?" butto lì, tanto per spezzare il silenzio.

"Hai anche tu l'armadietto in questa zona, non me n'ero mai accorta" dice lei, fingendo di non aver sentito la mia domanda. Mi sposto, così Ele può aprire il suo armadietto e mettere a posto i libri. Faccio lo stesso, come ho fatto a non accorgermi che eravamo cosi vicine ogni volta?

Data la mia scarsa capacità di osservazione non è un fatto strano, in effetti.

Decido di restare in silenzio finchè non se ne va lei, non mi pare che sia molto disposta ad avere una conversazione con me oggi e neppure io sono molto in vena in realtà.

"Cosa c'è che non va?"

Inizialmente penso di non aver capito bene, non so se ho immaginato quella voce nella mia testa o se sono stata io stessa a parlare, fino a che non vedo Ele che sventola davanti ai miei occhi una mano, facendomi dei strani segni.

"Tutto bene?"

Mi riscuoto da questo torpore che sembra avvolgermi, e tento di impostare la voce nella maniera più normale possibile. Mi sembra di essere avvolta in una nebbia densa, un po come quando ti senti lontano dal resto del mondo, intrappolato in una bolla che non riesci a scoppiare. Mi sento leggermente soffocare, ma cerco di non darlo a vedere.

"Si, si sto bene.
Non vedi come sono in forma?
"

"Oh certo, sprizzi gioia da tutti i pori."- dice Ele prendendomi evidentemente in giro-"anzi, non so come sia stato possibile che la tua luce non mi abbia abbagliato trasportandomi nel mondo degli arcobaleni" - fa una pausa- "forza, dimmi che hai. So cosa si prova a stare male, e riconosco bene la faccia di qualcuno che finge il contrario. "

Faccio una smorfia.
Non so se sono pronta a parlarne. E se lei pensasse che fosse stupido? Insomma, tutti conoscono Harry a scuola, e magari Ele ha già sentito storie come queste.
Non so se posso fidarmi di lei.
Come se mi avesse letto nel pensiero, mi guarda dritta negli occhi e annuisce.

"Puoi fidarti di me"

*
Siamo sedute al tavolino di un bar del centro, Holmes Chapel non è molto grande, ma è carina come cittadina, e ci sono alcuni bei negozi. Per il resto, per divertirsi non è che ci sia molto. Un cinema, probabilmente risalente alla prima guerra mondiale, un bowling con tre piste, un McDonald's e qualche negozio a gestione famigliare.
Per il resto, il nulla più assoluto.

"In questo caffè fanno i migliori milkshakes del mondo, devi prenderne uno. " Ele interrompe il corso dei miei pensieri porgendomi la carta coi prezzi e indicandomi cosa lei prende di solito.

"Come lo sai che è il più buono del mondo? Hai viaggiato tanto?'

"Naa ma ti devi fidare. Jo è rinomato in tutta l'Inghilterra per il suo milkshake."

"L'Inghilterra non è il mondo, fino a prova contraria."- provocarla è davvero divertente, e mi viene da ridere alla sua espressione contrita.

"Lo è per me, discorso chiuso. Prendi quel milkshake e non rompere le palle." - e anche a Ele scappa un mezzo sorriso, mentre fa un cenno al cameriere che si precipita verso il nostro tavolo.
È un bel ragazzo, e quando sorride i suoi denti perfettamente bianchi mi abbagliano per un attimo.
Ha dei capelli leggermente lunghi, ma lisci.
Mi vengono in mente all'istante i ricci di Harry e la sensazione che ho provato nell'infilarci le dita la prima volta che ci siamo baciati.
Mi tocco istintivamente le labbra e arrossisco quando torno alla realtà.
Il cameriere, che scopro essere il proprietario, Jo, mi sta fissando con la penna sul suo taccuino, mentre Ele mi guarda, divertita dal mio comportamento.

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